ROMA – Tutti gli occhi, e le orecchie, sono puntati sul leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Tra poco renderà nota la sua decisione di tirarsi fuori dalla corsa al Quirinale, scelta che quasi tutti danno per scontata visto che mancano tanti voti per raggiungere quota 505. Che farà il Cavaliere? Da combattente qual è vorrà l’onore delle armi e sottoporsi comunque alla prima votazione? Una mossa che metterebbe nei guai il segretario della Lega, Matteo Salvini, e tutti i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. In questo modo, infatti, sarebbe Berlusconi a menar le danze fino all’ultimo lasciando tutti gli altri leader politici a fare da comparse, costringendoli alla fine ad applaudire quella che sarà la sua scelta: Mario Draghi.
Vero, c’è la girandola di altri nomi di candidati ‘autorevoli’, come li appellano quelli che li propongono. Ma c’è qualcuno che davvero pensa che un peso massimo alla Silvio Berlusconi possa desistere in favore di Casini, Moratti, Cartabia, Gianni Letta e via cantando? “Sono tutte mosse per spingere il Cavaliere a decidere in fretta”, spiega un esponente politico che ne ha viste tante in questi decenni, “ma sono mezzucci che non servono a niente, perché Berlusconi ha già deciso: solo Draghi è alla sua altezza“. E se alla fine lì si arriverà, allora bisognerà capire come Berlusconi si comporterà con i due leader del centrodestra che da subito non lo hanno per davvero e convintamente appoggiato, pensando al contrario che questa fosse l’occasione buona per finalmente archiviare l’era Berlusconi Sempre Presidente pappandosi quello che resta del suo elettorato.
Ecco, proprio qui potrebbe spuntare la rivincita di Berlusconi: assodato che, anche in questa fase, Lega e FdI mirano alla mera annessione, il Cavaliere potrebbe azzardare la mossa del Cavallo piazzando Forza Italia nel percorso di rifondazione di un Centro politico consistente, che con il maggioritario o proporzionale che verrà, sempre determinante sarà. Con tanti saluti a tutti quelli che pensano che questo bipolarismo azzoppato potrà determinare un chiaro vincitore alle prossime politiche.
Per quanto riguarda le tante voci che si rincorrono dietro le quinte, alcune autorevoli indicano nella quarta o quinta votazione il momento decisivo per eleggere Mario Draghi nuovo Capo dello Stato. In molti, infatti, temono che, nonostante la stragrande maggioranza che sostiene il Governo, alla fine possa esserci un nutrito gruppo di affossatori. Meglio non rischiare e puntare alla quarta votazione quando basteranno 505 voti, a quel punto anche una elezione con 600 sarebbe un significativo risultato.
Intanto oggi è la giornata degli incontri a tutto tondo. Enrico Letta si è visto con Matteo Renzi, mentre Salvini si dà da fare per portare su di sé l’attenzione: “Per il Quirinale il centrodestra ha onere e l’onore, io a questo sto lavorando, di fare una proposta o anche più proposte, che possano essere condivise”, ha detto parlando a Radio Libertà, cioè Radio Padania con il nuovo nome. Si tratta di “una o più proposte assolutamente di alto livello e alto profilo senza che nessuno si possa permettere di mettere veti” ha aggiunto.
Per quanto riguarda le votazioni, i grandi elettori per l’elezione del presidente della Repubblica, che risultano positivi al Covid o che sono in quarantena, potranno votare. E’ quanto stabilisce il decreto del Governo approvato oggi. Da Palazzo Chigi fanno sapere: “Attesa la richiesta formulata dal Parlamento, al fine di garantire l’esercizio del diritto di voto per l’elezione del presidente della Repubblica, i componenti membri delle Camere in seduta comune e i delegati regionali convocati a partire dal 24 gennaio 2022, i quali siano sottoposti alla misura dell’isolamento, in quanto risultati positivi all’esame da contagio del Covid-19 o della quarantena precauzionale, in quanto identificati come contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva prevista dalle vigenti disposizioni, sono autorizzati, previa comunicazione all’azienda sanitaria territorialmente competente, agli spostamenti con mezzo proprio o sanitario sul territorio nazionale, per il tempo strettamente necessario alle operazioni di voto e comunque con modalità tali da prevenire il pericolo di contagio, esclusivamente per raggiungere la sede del Parlamento, ove si svolge la votazione e fare rientro nella propria residenza o dimora”. Una decisione criticata dalla presidente dei deputati del Pd, Debora Serracchiani: “A me l’idea che i deputati e i senatori, per quanto prendano decisioni importanti, abbiano regole diverse da altri non mi convince molto”, ha sottolineato la capogruppo alla Camera.