Domenico Agasso
In mezzo ai rifugiati di Lesbo, tra container, tendoni e bimbi senza giochi che guardano nel vuoto, il Papa lancia un monito duro, disperato ma non rassegnato, ai potenti della Terra: «Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà». È un problema «che riguarda tutto il mondo». Bisogna abbattere «l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini». E poi, «troviamo il coraggio di vergognarci davanti ai volti dei bambini. Interpellano le nostre coscienze e ci chiedono: “Quale mondo volete darci?”».
Prima del discorso pubblico, appena entrato nel Reception and Identification Centre alle porte di Mytilene – «ripulito da sporcizie e rifiuti per farlo “luccicare” un po’ davanti al Pontefice», accusa un passante – Francesco vuole scendere dalla Fiat 500L che usa in questo viaggio in Cipro e Grecia: preferisce proseguire a piedi, per intrattenersi subito, lungo il tragitto, con le centinaia di profughi in sua attesa. Accarezza i tanti piccoli ospiti del campo, stringe mani, dispensa sorrisi a ogni sguardo che incrocia, saluta tutti, pronuncia parole di conforto e incoraggiamento. Abbraccia e si fa abbracciare. Si ferma anche ad ascoltare le storie e le invocazioni di alcuni migranti, arrivati da Asia, Medio Oriente, Africa. Soprattutto Afghanistan.
E poi, al microfono, grida ai politici di ogni Paese che «chiusure e nazionalismi portano ad esiti disastrosi».
Bergoglio è a Lesbo per la seconda volta, dopo la precedente del 2016. Va nell’area attrezzata per l’accoglienza che ha sostituito il famigerato campo di Moria, distrutto da un incendio nel 2020. Qui nel centro di Mavrovouni sono circa 2.200 gli ospiti. Le attese dei permessi d’asilo sono eterne.
Non è più il tempo di illudersi che sono problematiche lontane: la migrazione è «una crisi umanitaria che riguarda tutti», avverte il Vescovo di Roma. E mentre si stanno «faticosamente portando avanti le vaccinazioni a livello planetario e qualcosa sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici – è un’altra stoccata di Francesco – tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni». Eppure ci sono in gioco «persone, vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti, che sarà sereno solo se sarà integrato. Perché quando i poveri vengono respinti si respinge la pace».
Il Papa invita a non scappare «frettolosamente dalle crude immagini dei piccoli corpi di bambini stesi inerti sulle spiagge». Sui litorali del Mediterraneo, «che sta diventando un freddo cimitero senza lapidi». Non si dà pace Bergoglio. E scandisce: «Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un mare mortuum. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!». Con scoramento Francesco lancia un altro atto d’accusa rivolto in particolare ai credenti, facendo pensare a quei circoli cattolici allineati con le posizioni nazional-populiste: «Disprezzando l’uomo, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell’indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani, si offende Dio». La fede invece «esorta all’ospitalità». Gesù afferma «di essere lì, nel forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e affamato. E il programma cristiano è trovarsi dove sta Gesù».
E poi, la bacchettata all’Europa: «È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, fili spinati. Non è alzando barriere che si migliora la convivenza».
Alla fine della visita il Papa si ferma nuovamente a parlare con i rifugiati. Ed entra in alcuni container dove alloggiano: «Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi». Occhi gonfi di paura, segnati e stremati da sofferenze, disillusioni, «occhi che hanno visto violenza e povertà, solcati da troppe lacrime».