«La linea politica di Matteo non si capisce quale sia Serve un partito riformista»

 

 

 Claudio Bozza

Le condizioni di Calenda: smetta di fare il businessman

 

Firenze «Mi sembra impossibile andare divisi alle prossime elezioni», ha detto Renzi alla Leopolda rivolgendosi al suo compagno di partito Enrico Costa… Accetta?

Carlo Calenda, leader di Azione e già ministro nei governi Renzi e Gentiloni, ci pensa un attimo.

E poi: «Come Matteo sa bene, è più complicato di così, perché non si capisce qual è la sua linea politica. Renzi è andato alleato con i Cinque stelle in molti Comuni, senza contare gli accordi con il forzista Miccichè in Sicilia».

Insomma, lei in un nuovo contenitore con l’ex premier ci starebbe: sì o no?

«Renzi sa che ci sono delle condizioni imprescindibili: in primo luogo che smetta di fare il businessman ed essere pagato da paesi stranieri, poi di farla finita con i tatticismi. Dopodiché, a parte queste battute sul palco, da lui non è mai arrivata una proposta seria di collaborazione».

Alle Comunali Azione ha incassato buoni risultati. Ma qual è la vostra prospettiva nazionale?

«Azione oggi (ieri, ndr) ha compiuto due anni. Il lavoro che stiamo facendo è lo stesso che ci ha portato al 20% a Roma, grazie a una squadra di amministratori seri, programmi approfonditi, coerenza e trasparenza nei comportamenti. Vedrete che arriveremo almeno al 10% alle prossime Politiche».

Crede alla nascita di questo nuovo grande centro?

«No. Credo alla necessità di un grande partito liberaldemocratico e riformista che porti avanti il modo di governare di Draghi. Una formazione che non nasce dalla fusione di qualche sigla parlamentare, ma da un profondo lavoro sul territorio. Oggi Azione è aperta a collaborare con i movimenti politici che condividono questa prospettiva: da +Europa a Base dell’ex leader Fim Bentivogli, comprese singole personalità civiche».

Però, specie se non fosse cambiata la legge elettorale, per sopravvivere sarete obbligati a fare massa critica…

«Ma la massa critica non la sia fa mettendo insieme tutto il contrario di tutto: così si perdono ogni identità e specificità. Dopodiché porte aperte a un dialogo con Italia viva: però, mi domando, come si fa a far politica con un movimento che parla solo del proprio leader?».

Da lui non è mai arrivata una proposta seria

di collabo-razione

Io vedo la necessità di un grande partito liberalde-

mocratico

e riformista

In questo ipotetico rassemblement ci troppi aspiranti leader. Ne servirebbe uno in grado di far fare un passo indietro agli altri: si fa il nome di Carfagna, che ne pensa?

«Penso che Mara stia facendo il suo percorso all’interno di Forza Italia e non abbia intenzione di fare altro. Sono chiacchiere oziose, credo. C’è un lavoro politico e su questa linea andremo avanti. Altre cose sono materiale per retroscena».

È vero che i principali partiti vogliono votare nel 2022?

«Non è vero. Perché credo si rendano perfettamente conto che se torniamo alla situazione pre Draghi senza nessun mutamento di legge elettorale o di come si fa politica, chiunque vincesse non sarebbe in grado di governare l’Italia. Sono convinto che l’epoca di sovranisti e grillini sia tramontata, solo che il sistema politico non ne ha ancora preso atto».

Lei punta anche all’area degli elettori di Forza Italia, pensa che il partito di Berlusconi subirà scissioni?

«Credo che lo spazio liberaldemocratico e popolare che comprende gli elettori di FI necessiti di rappresentanza. Forza italia è alla fine di un ciclo politico: ci sono tante persone con cui vale la pena aprire una interlocuzione».

Di Berlusconi, dopo il video della terza dose, lei ha scritto: «Mai votato ma è un leone». Ce lo vedrebbe al Colle?

«No, perché penso che Berlusconi sia stato un uomo di parte, mentre il Quirinale ha bisogno di una persona che rappresenti il pezzo più ampio possibile del Paese».

Da ministro lei si era occupato molto della difesa delle aziende italiane. Ora Telecom potrebbe essere ceduta agli statunitensi di Kkr: che dovrebbe fare il governo?

«Dovrebbe intervenire e completare il processo per la rete unica, ma non c’è solo la questione di Telecom. Penso anche a quello che sta accadendo in Generali, dove Mediobanca, da anni, fa il cavallo di Troia dei francesi in Italia. Delvecchio e Caltagirone stanno portando avanti una coraggiosa battaglia contro un pessimo management in Generali e Mediobanca. Il sistema bancario italiano e Cdp dovrebbero aiutarli».

 

 

https://www.corriere.it/