Mps, dai «maggiorenti locali» fino ai leader nazionali: ecco come funzionava la politica in banca

Gli incontri con Rutelli e con Gianni Letta, gli accordi tra Ds e Margherita nel Pd, il ruolo del sindacato. In un vecchio verbale dell’ex presidente della Fondazione il racconto dettagliato dei rapporti con i partiti per nomine. Che oggi, con la pressioni per una banca ancora pubblica, meritano di essere ricordati

C’è un documento che descrive con precisione, meglio di qualunque altra ricostruzione postuma, il rapporto incestuoso tra Mps e la politica. E che oggi, nel giorno in cui da destra a sinistra si plaude al fallimento della trattativa con Unicredit e si torna ad accarezzare l’ipotesi di una banca ancora pubblica, merita di essere ricordato. E’ un verbale d’interrogatorio del 24 luglio 2012. Quel giorno, i pm di Siena sentono Gabriello Mancini, allora presidente della Fondazione Mps, ovvero quello che era l’azionista di controllo della banca. L’interrogatorio dura circa otto ore, dalle 10 del mattino alle 18,45 con una pausa per il pranzo e viene immediatamente secretato. In quell’estate del 2012 la banca è già in grave difficoltà ma il “caso Mps” sarebbe esploso solo sei mesi dopo, nel gennaio 2013.

Mancini, formatosi nei ranghi locali della Dc e passato alla Margherita diventa il numero uno della Fondazione Mps nel 2006. Sono gli anni d’ora per Siena e per la banca: nel 2007 Mps distribuisce 520 milioni di euro di dividendi, oltre la metà vanno alla Fondazione, che a sua volta li riversa copiosamente sul territorio, finanziando restauri, strade, eventi culturali, associazioni sportive, tutto.

Mancini, da meticoloso contabile di provincia – lavorava in una asl alle porte di Siena – racconta ai magistrati senesi gli incontri e i contatti necessari a ogni giro di nomine tra “maggiorenti della politica locale” fino ai palazzi del potere romano, dalle Segreterie dei partiti alle correnti, al sindacato, fino a Palazzo Chigi. Una sorta di “Grand tour” della politica in banca con nomi, cognomi e indirizzi di padrini e padroni. Seppure con un ruolo egemone per gli allora Ds e Margherita, forze egemoni nel territorio, dimostra con chiarezza che al Monte c’era spazio per tutti. Alcuni dei personaggi citati da Mancini sono ormai scomparsi, altri hanno lasciato la politica definitivamente o solo temporaneamente. Solo alcuni sono ancora attivi. Il racconto, chiarissimo, lo lasciamo alle parole di Mancini:

«Sono presidente della Fondazione Mps dal maggio 2006. Devo dire che vi era un accordo tra le istituzioni locali, Sindaco nella persona di Maurizio Cenni e Presidente della Provincia nella persona di Fabio Ceccherini (entrambi Ds, ndr.). La mia nomina, come anche quella dell’avvocato Mussari alla presidenza della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale. Per quanto riguarda la mia persona posso dire che il mio principale sponsor era l’onorevole Alberto Monaci (Margherita, ndr.). Io non partecipai alle riunioni nelle quali si decise di indicarmi alla presidenza della Fondazione e di indicare Mussari alla presidenza della banca. L’onorevole Monaci, però, mi riferiva che era stato trovato un accordo in tal senso con i Democratici di Sinistra. Per quanto mi fu riferito da Monaci alle riunioni partecipavano l’on. Ceccuzzi (Ds), il segretario provinciale della Margherita Graziano Battisti, il sindaco di Siena, il presidente della Provincia. Nel corso delle trattative ricordo che vi fu una riunione a Roma, in via delle Fratte, attuale sede del Pd, con l’onorevole Rutelli (allora segretario della Margherita) alla quale io partecipai e alla quale erano presenti Alberto Monaci, l’onorevole Antonello Giacomelli, segretario regionale della Margherita, e Graziano Battisti, segretario provinciale del partito. A Rutelli venne prospettato l’accordo raggiunto e lui diede il suo assenso.

Pur avendo contezza, perché mi fu riferito dall’onorevole Ceccuzzi, che anche per i Ds vi fu un assenso a livello nazionale, non sono in grado di dire a chi si rivolsero i maggiorenti locali di quel partito. Ricordo che Mussari mi confermò di avere il sostegno del partito a livello nazionale. (…) Preciso che il passaggio di Mussari alla banca fu fortemente voluto dai Ds e dalle istituzioni locali per dare un segnale sulla governance della banca e sul ruolo della Fondazione all’interno dell’istituto.

Dopo la nomina di Mussari alla presidenza ricordo che egli indicò Antonio Vigni quale direttore generale della banca. La Fondazione su tale nomina non esercita alcun diritto e/o potere; devo dire, però, che non vi era alcuna controindicazione da parte della Fondazione. Posso dire, invece, che la nomina di Vigni era fortemente voluta dal sindaco Cenni e dalla Fisac-Cgil bancari.

Per quanto concerne la conferma di Mussari alla presidenza della banca nel 2009 devo dire che non vi fu alcun problema. La conferma avvenne quasi de plano. Ricordo, però, una riunione alla quale partecipai in qualità di Presidente della Fondazione, ente che indica la metà dei componenti del Consiglio di amministrazione, e alla quale erano presenti l’on. Monaci, l’on. Ceccuzzi, il segretario provinciale del PD Elisa Meloni, Cenni, Ceccherini e Bezzini, candidato del Pd alla presidenza della Provincia nel corso della quale si discusse delle nomine per il Cda e si decise di aumentare da l0 a 12 i componenti del consiglio. Tale aumento fu necessario per accontentare Mussari e Ceccuzzi che volevano un altro componente in consiglio di amministrazione. (…) Il Cda era composto pertanto da tre persone, Mussari, Costantini e Borghi, quest’ultimo espressione anche della Cgil, inquadrabili nell’area ex Ds, due persone, Rabizzi e Alfredo Monaci, inquadrabili nell’area ex Margherita, una persona l’avvocato Andrea Pisaneschi, espressione del Pdl.

Per quanto concerne la nomina di Pisaneschi devo dire che egli era già componente del Cda ed era persona vicina all’onorevole Gianni Letta, come rappresentatomi in più occasioni dallo stesso Pisaneschi. Ricordo che per il rinnovo del Cda telefonai all’on. Letta e chiesi appuntamento con lui a Palazzo Chigi, poiché a livello locale e per quanto mi fu riferito a livello regionale vi erano fibrillazioni circa l’indicazione del componente del Cda in quota Pdl. Nel corso dell’incontro chiesi indicazioni a Letta circa la nomina del componente del Cda in quota Pdl ed egli mi disse che andava certamente bene la conferma di Andrea Pisaneschi, ma che avrebbe dovuto parlarne con il Presidente Berlusconi per la definitiva conferma. Ricordo che Letta mi prospettò anche la riconferma del dottor Querci (Carlo, padre di Niccolò, ex manager Publitalia e poi a capo della segreteria di Berlusconi, ndr.), quale espressione dei soci privati della banca, ed anche su questo nome egli mi disse avrebbe dovuto con il Presidente. Dopo alcuni giorni l’on. Letta mi telefonò, mi disse che aveva parlato con Berlusconi e che il Presidente aveva dato il suo assenso alle due nomine. (…)

Relativamente alle fibrillazioni all’interno del Pdl di cui ho già parlato posso dire di avere avuto un incontro con Claudio Marignani, segretario provinciale di quel partito e persona vicina all’onorevole Verdini. Marignani nel corso del colloquio mi disse che stava facendo alcune valutazioni sul nome da proporre per il Cda. Nel corso dell’incontro non si parlò di Pisaneschi. Ricordo di avere detto a Marignani che avrei contattato Gianni Letta, prospettandogli la vicenda e che mi sarei rimesso alle sue valutazioni. Marignani prese atto delle mia volontà e non si oppose. I componenti del Collegio Sindacale indicati dalla Fondazione furono Marco Turchi e Leonardo Pizzichi, mentre i privati indicarono il professor Di Tanno. Turchi fu indicato dal Pd area ex DS, mentre Pizzichi dai Socialisti Riformisti. (…) Non ricordo l’espressione di un gradimento politico sul nome di Di Tanno. Relativamente alla mia conferma alla presidenza della Fondazione avvenuta nell’agosto 2009 ricordo che vi furono alcuni problemi causati in particolare dalle diverse anime della componente ex Ds. Posso dire che la componente ex Margherita, anche a livello nazionale, mi sosteneva convintamente. Ricordo, in particolare, il sostegno degli onorevoli Franceschini, Marini, Fioroni e Giacomelli».

 

 

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N.B. Riporto l’articolo perché è doveroso, ma vorrei ricordare a chi denigra la possibilità di una funzione pubblica del Monte che la Banca ha avuto anche una stagione d’oro della presenza pubblica che l’ha fatta grande e di cui lo Stato si è servito per risolvere molti problemi nel settore finanziario e per il debito pubblico. Non tutte le stagioni sono uguali. Bisogna ricordare che quando partiti locali e nazionali 25 anni fa partecipavano alle nomine Mps era il primo player italiano.