- Da un po’ di tempo Giorgia Meloni si occupa spesso di macroeconomia, finanza internazionale e altri temi di cui non osa certo parlare nei talk-show.
- Inizia a costruire una specie di programma economico che sembra indicare una versione annacquata degli eccessi salviniani, diciamo una transizione dal sovranismo al provincialismo.
- Basta guardare il Corriere della Sera di ieri, giornale di quel che resta della borghesia, dove Giorgia Meloni interviene con frequenza da editorialista.
Giorgia Meloni è una persone prudente, si prepara un passo alla volta a diventare il nuovo riferimento del centrodestra: a differenza di Matteo Salvini, non vuole essere una leader anti-sistema ma guidare una destra pienamente accettata dal sistema.
Saranno forse i complessi di chi viene da una tradizione postfascista o un calcolo tattico, comunque da un po’ di tempo Giorgia Meloni si occupa spesso di macroeconomia, finanza internazionale e altri temi di cui non osa certo parlare nei talk-show. E inizia a costruire una specie di programma economico che sembra indicare una versione annacquata degli eccessi salviniani: una transizione dal sovranismo al provincialismo.
Basta guardare il Corriere della sera di ieri, giornale di quel che resta della borghesia, dove la leader di Fratelli d’Italia interviene con frequenza da editorialista. Ieri ha scritto al direttore per «condividere una bella soddisfazione». Cioè l’emissione di Diritti speciali di prelievo per 650 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario internazionale, non il genere di cosa che Meloni è usa commentare sui social o dalle trasmissioni Mediaset. Ma la leader di Fratelli d’Italia è entusiasta perché «all’Italia arriveranno 20 miliardi», cioè «una boccata di ossigeno per molti stati, con evidenti effetti positivi sull’economia mondiale, compresa quella italiana». Meloni si prende un po’ di merito, l’aveva suggerito lei sul Corriere un anno fa (!) ma, come lei stessa ammette, si era limitata a rilanciare un pezzo di Domenico Lombardi e Jim O’Neill, che Meloni indica come ex segretario al Tesoro inglese, ma che è stato pure presidente di Goldman Sachs Asset Management.
Comunque, nel suo piccolo, Meloni ha fatto la sua parte per partecipare al dibattito sugli Sdr e il Fondo monetario mentre, «né il governo, né il circuito mainstream di economisti, intellettuali e giornalisti italiani hanno colto l’occasione di rendere l’Italia centrale nella scena internazionale».
Nell’intero articolo sul Corriere, però, non c’è alcun indizio che Giorgia Meloni o il suo ghost writer abbiano la più vaga idea di cosa siano gli Sdr, che non vengono certo approvati perché lo suggerisce l’Italia. In pratica il Fondo monetario attribuisce agli stati membri una specie di moneta non utilizzabile però per fare acquisti che, in caso di crisi di bilancia dei pagamenti o altri problemi di liquidità, può essere scambiata con valute tradizionali, così da evitare crisi finanziarie evitabili.
Non si tratta di soldi spendibili come quelli del Recovery plan, ma di un asset finanziario che le banche centrali (e non i governi, di solito) possono usare per affrontare situazioni difficili, tipiche soprattutto di paesi in via di sviluppo con economie basate su valute volatili e debiti in euro o dollari, che possono diventare insostenibili in caso di rapide svalutazioni.
Il Fondo monetario ha allocato questi 650 miliardi di dollari per gestire un’uscita dalla pandemia particolarmente problematica per le economie deboli, così come aveva allocato 161,2 miliardi dopo la crisi finanziaria del 2008.
Meloni, nel suo intervento sul Corriere, parla di risorse utilizzabili «senza costi o condizioni, già dal prossimo 23 agosto». Sarebbe stato interessante che delineasse anche uno scenario in cui l’Italia abbia bisogno di farlo e con quali conseguenze di credibilità sui mercati.
Forse Giorgia Meloni capisce poco di finanza, però padroneggia la comunicazione: sa che quasi tutti i lettori si fermano al titolo, a lei basta che chi sfoglia distrattamente le rassegne stampa si faccia l’idea che la leader di Fratelli d’Italia è passata da occuparsi solo di campi rom e blocco navale a incidere sulla governance del Fondo monetario. Appena una settimana fa, sempre sul solito Corriere della Sera, pontificava sul Monte dei Paschi di Siena, citava «la norma Dta» (senza spiegare, chissà se per esigenze di sintesi, che si tratta di crediti fiscali).