Il vero prezzo del potere garantito dai resti di Mps

 

  • Un bancario può perdere il lavoro ma la banca non può fallire: è il mercato bellezza? Dite voi se si può chiamare “mercato” un sistema in cui l’azienda non può fallire. Il caso Mps è tutto qui.
  • Perciò le banche non sono imprese ma centri di potere discrezionale che decidono se concedere o no il credito valutando la solidità non dell’impresa ma della mafietta politico-affaristica che la protegge.
  • C’è solo da stabilire chi pagherà l’ennesimo conto: i contribuenti dando una congrua dote miliardaria a Unicredit, oppure gli azionisti di Unicredit che vedranno la loro banca danneggiata dall’operazione di sistema.

Dieci anni fa il Monte dei Paschi di Siena aveva 30mila dipendenti. Adesso ne ha poco più di 20mila e ancora c’è chi proclama la difesa dei posti di lavoro. Un bancario può perdere il lavoro ma la banca non può fallire; la banca non può fallire ma i suoi azionisti possono perdere tutto: è il mercato bellezza? Dite voi se si può chiamare “mercato” un sistema in cui l’azienda non può fallire. Non è che la banca, per una legge fisica o economica, sia in grado di galleggiare come un sughero sulle perdite.

È che, per sua natura, deve essere salvata. Sui conti correnti di Mps ci sono 90 miliardi eppure non ci sono: sono stati prestati, com’è appunto nella natura della banca. In caso di crac, alle imprese verrebbe chiesto di rientrare all’istante di 90 miliardi e i correntisti non avrebbero più i loro soldi “a vista”. Perciò le banche non sono imprese ma centri di potere discrezionale che decidono se concedere o no il credito valutando la solidità non dell’impresa ma della mafietta politico-affaristica che la protegge.

Quanto valga Mps come centro di potere presidiato dalla massoneria toscana e non solo ce lo raccontano le decennali guerre d’indipendenza dei senesi. Meglio la banca a pezzi in mano a noi che sana in mani altrui. E pazienza per i bilanci in rosso, per quelli c’è la banca al servizio del territorio. Il conto dell’inefficienza lo pagheranno i contribuenti e sempre più i clienti delle banche, sistematicamente spolpati attraverso le commissioni e la quotidiana rapina chiamata risparmio gestito.

Quattro anni fa il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan ha salvato Popolare di Vicenza e Veneto Banca regalandole a Intesa Sanpaolo con una dote di 5 miliardi. Nel frattempo salvava (?) Mps con un’iniezione miliardaria di denaro pubblico. L’allora numero uno di Unicredit, Jean Pierre Mustier, protestò per il regalo fatto alla concorrente, e fu chiaro che al prossimo giro sarebbe toccato a lui. Infatti ora si parla di Mps regalato con dote di 5 miliardi.

Nel frattempo Padoan si è fatto eleggere deputato a Siena, acclamato come salvatore della banca, ma subito dopo Unicredit lo ha nominato presidente. La prima banca italiana, alla vigilia dell’acquisizione di Mps, chiama come presidente il ministro che ha gestito il dossier di Siena. Ecco di quale mercato parliamo: non la grande finanza, ma il suk delle anticamere ministeriali dove i potentati mondiali trovano sempre soggetti volenterosi e dialoganti per i loro affari.

Per il seggio lasciato libero da Padoan corre il segretario del Pd Enrico Letta, che non faticherà a convincere i senesi di essere stati ancora una volta tutelati. C’è solo da stabilire chi pagherà l’ennesimo conto: i contribuenti dando una congrua dote miliardaria a Unicredit, oppure gli azionisti di Unicredit che vedranno la loro banca danneggiata dall’operazione di sistema, come paventava Mustier. In tal caso anche Unicredit andrà salvata e ritoccherà ai contribuenti. Che cosa c’entri tutto questo con il mercato è un mistero insondabile.

 

 

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