di Andrea Greco
MILANO — Da giorni i maggiori partiti italiani polemizzano sul «regalo del Tesoro a Unicredit» – copyright Matteo Salvini – , come dote finanziaria per comprarsi Mps. Ma i politici italiani sembrano avere idee vaghe sul suo importo: che non è secondario, per valutare se “regalo” sia, e in cosa si sostanzi.
L’algebra finale potrebbe superare i 6 miliardi di euro: di quanto, dipenderà dalla determinazione del Tesoro a chiudere comunque il negoziato, dalla severità dell’Europa (cui compete il controllo sui 5,5 miliardi di aiuti di Stato 2017 a Mps), dalla riluttanza dei compratori, e paradossalmente anche dai veti sulle tutele del personale, del blasone (il più antico del mondo), della grande sede senese che i politici mettono al governo. Magari gli stessi politici che poi con l’altra bocca gridano al “regalo di Stato”.
Forse è per questo che il Tesoro e l’Unicredit finora si guardano dal fornire anche solo l’indizio di una cifra, riservandosi questo cinema all’esito positivo del confronto che si prenderà tutto agosto.
Tra addetti ai lavori e consulenti attivi sul dossier, però, le grandezze sono più o meno note e scritte: ci sono almeno sei addendi, la cui somma finale dipenderà dal negoziato. Il primo sono le “Dta”, gli attivi fiscali di Mps che diventeranno crediti fiscali (cioè, denaro contabile): e ammontano a 2,2 miliardi di euro netti se le nozze tra le due banche si annunciano entro dicembre.
È un beneficio rinnovato dal decreto Sostegni bis per favorire le fusioni (specie con oggetto Mps), ma il Tesoro ritiene che l’aggravio reale sia una frazione della cifra, trattandosi di mero anticipo di tasse future che Mps avrebbe compensato quando avesse ricominciato a fare utili. Il secondo, e primo per importo, è ciò che serve ad allineare agli standard di riserva patrimoniale di Unicredit gli attivi senesi rilevati, per ottenere la «neutralità sul patrimonio» del compratore.
Oggi Mps ha un tasso di riserva (Cet 1) sotto il 10%, l’Unicredit è una capoclasse con il 15,5%. Se degli 80 miliardi oggetto di perizia Unicredit ne comprasse 70, il differenziale da ripianare sarebbe 3,8 miliardi. Difatti, una somma che il mercato stima tra 3 e 4 miliardi sarà oggetto di una prossima ricapitalizzazione curata dai soci Mps (Tesoro in testa, e ha il 64%).
Poi ci sono i crediti deteriorati e «alcuni crediti in bonis non ritenuti interessanti per rendimento o livello di concentrazione», che il capo di Unicredit Andrea Orcel ha chiarito venerdì che tralascerà. Ce n’è per circa 5 miliardi, che verosimilmente passeranno al gestore pubblico Amco, da ricapitalizzare alla bisogna (stima tecnica, tra 1 e 2 miliardi).
Poi ci sono i rischi da contenziosi legali per le cause intentate dai soci Mps, che hanno perso 20 miliardi di capitale in 13 anni: nel bilancio residuano 6,2 miliardi di richieste, e circa un miliardo potrebbe servire al Tesoro per tacitare i riottosi chiudendo transazioni “tombali”. Un metodo, racconta chi lavora sulle cause, per evitare che i legali degli ex soci senesi possano rivalersi su Unicredit. Tale prassi è del resto prevista dal codice civile, quando una “scissione non proporzionale” (è questo lo schema di lavoro) avviene senza una procedura di liquidazione.
Ma il governo, a partire da Mario Draghi, è fermamente incline a evitare liquidazioni, poiché implicherebbero il coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti Mps nelle perdite (il famigerato bail in ). Quinto elemento, gli esuberi: i sindacati ne attendono circa 6 mila, e attrezzare il fondo volontario costerà fino a 1,2 miliardi. Sesto punto, la penale da 1 miliardo per «cambio di controllo» da pagare ad Axa, colosso francese delle polizze che ha accordi di vendita sulla rete Mps. Unicredit non la paga: ma potrebbe aiutare a mitigarla offrendo future collaborazioni.
E’ su queste forchette che si formerà il saldo finale a nove zeri della dote finale. E molti di quei soldi servirebbero comunque, se Mps proseguisse sola nel cammino. Il Tesoro, almeno, potrebbe beneficiare di future riprese di valore, poiché dovrebbe restargli una quota fino al 5% nel capitale del polo Unicredit- Mps. Oggi in Borsa le azioni senesi del Tesoro valgono 700 milioni, un decimo dei soldi profusi negli anni.