«Orribile, inopportuno». Sull’affaire Siena Jazz, a voce Enrico Rava è ancora più duro di quanto lo sia stato nella lettera che ha scritto al sindaco Luigi De Mossi, in quota al centrodestra. L’antefatto: nei giorni scorsi, il consiglio comunale ha approvato modifiche allo statuto del festival e dell’accademia d’alta formazione, che il direttore artistico e fondatore Franco Caroni ha giudicato irricevibili perché non in sintonia con quanto stabilito dal ministero dell’Istruzione. Da qui, la decisione di rassegnare le dimissioni, con conseguente scia polemica nel mondo della musica e una petizione su Change. org che chiede il ricomponimento del dissidio tra Caroni e il Comune. Tra i firmatari Stefano Bollani, Paolo Fresu, Danilo Rea, Ada Montellanico. Ed Enrico Rava, da 40 anni docente di musica d’insieme a Siena Jazz, e che ieri nella sua lettera ha scritto: « Siena Jazz è Caroni. L’ha ideata, fondata e portata al suo attuale e indiscusso livello internazionale. Motivo per cui, ritengo inconcepibile il modo con cui è stato indotto a dare le dimissioni, nel silenzio più assordante del consiglio d’amministrazione e, soprattutto, dell’attuale presidente».
«Ho iniziato a insegnare a Siena molti anni fa — dice Rava — e il fatto che abbia continuato significa qualcosa. Non ho mai creduto all’insegnamento del jazz, legato ad un talento che si ha oppure no, ma mi sono innamorato di Siena Jazz (oltre che della città, che considero la più bella d’Italia, una sinfonia) proprio per il modo con cui è stata concepita da Caroni: far convergere giovani, bravissimi musicisti che, in un’atmosfera di grande disciplina ma anche libertà, hanno l’opportunità di conoscersi. E magari di formare ensemble, come di fatto è avvenuto » . Con il tempo, i corsi sono diventati un’accademia equiparata agli studi universitari «e nessuno mai avrebbe potuto pensare che in Italia potesse accadere una cosa del genere. Le modifiche allo statuto, che di fatto esautorano il direttore artistico al contrario di quanto chiede il Miur, faranno solo del male a questa realtà».
Rava ha insegnato tromba i primi anni, «poi lo reputavo noioso, e ho preferito dedicarmi alla musica d’insieme » . Dai suoi corsi senesi sono passati Paolo Fresu, Fabio Morgera, il chitarrista Roberto Cecchetto, «alcuni dei miei allievi fanno parte del mio attuale gruppo, come il chitarrista Francesco Diodati, il bassista Gabriele Evangelista, il batterista Enrico Morello, il trombonista Gianluca Petrella che ha vinto il referendum di Downbeat, la Bibbia del jazz mondiale » . Anche se Rava non ama chiamarlo insegnamento, «perché io porto la musica, do qualche indicazione ma poi suono con i ragazzi come se fossimo in un concerto, cercando di trasmettere il bisogno di fare musica, la capacità di capirsi reciprocamente, di dare e di ricevere nell’ambito di una democrazia perfetta e ben oltre la teoria. Agli allievi dico sempre: qualunque domanda teorica fatela agli insegnanti con cui lavorate sul vostro strumento, io con voi voglio entrare in un altra dimensione. Se sostengo di non essere un fan della didattica nel jazz — prosegue Rava — non vuol dire che io sia contro le grandi scuole come Berkley (di cui sono doctor in music honoris causa) e come Siena Jazz, che forgia professionisti in grado di affrontare qualunque situazione».
La scelta del sindaco De Mossi e dell’intero consiglio comunale « dimostra come politica e cultura spesso vadano in cortocircuito — conclude il trombettista — Quando la politica scippa situazioni culturali che funzionano, riesce a distruggerle. Siena Jazz si può solo peggiorare. Spero di sbagliarmi, e se avessi preso un abbaglio ne sarei felicissimo ». — f.p.