La trimestrale del Mps e il risultato positivo.

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Allora parliamo della trimestrale appena presentata, si registra per la prima volta, dopo tre anni, una inversione di tendenza. Inversione nei due aggregati dell’attività tipica di una banca, quelli della raccolta e degli impieghi. Rispetto al dicembre 2014 il credito alla clientela aumenta di 3,463 miliardi con una variazione positiva del 2,9% e la raccolta con un incremento di 5,287 miliardi pari al 4,2% in più. Il Mps torna al mercato. Dal dettaglio si capisce che il margine di interesse positivo prodotto da questi dati è costituito da quello degli impieghi e non dalla raccolta. Fatto che fa fare una considerazione: perché il costo del denaro è così alto par la clientela del Monte? Ciò è dovuto ad esigenze di mercato? O dal fatto che dopo tutti questi anni di evidente difficoltà il portafoglio rimasto in mano alla banca è di scarsa qualità?

L’utile che si registra di circa 70 milioni di euro lascia però sostanzialmente indifferenti. Indifferenza dovuta a un fattore costante che si ritrova sempre in questi anni: i crediti deteriorati. Leggendo il comunicato del Monte si apprende che i crediti sopra ricordati ammontano a 24 miliardi e che hanno, quest’ultimi, una copertura del 49%. Se avessero fatto gli accantonamenti come sono stati fatti nel recente passato il risultato di gestione sarebbe stato ben diverso e di segno negativo. Valore, quello dei crediti deteriorati, che deve essere messo, inoltre, in relazione al patrimonio netto (bilancio) che ammonta, come valore di gruppo, a 6,471 miliardi. Tralascio a questo proposito, gli utili, di considerare il minore gettito fiscale pagato dal Monte.

Dai commenti, salvo l’intervista di Viola al Sole 24 ore, si capisce che l’interesse nei confronti della banca che fu di Siena è sempre minore è che gli unici, per ovvi motivi, interessati sono i soci che vorrebbero vedere remunerato il capitale investito. La città sembra essere non interessata ai risultati bancari se non per due aspetti: quelli relativi alla Fondazione e alle decisioni che saprà prendere relativamente all’aumento di capitale e alla prossima fusione che coinvolgerà il Monte. Se tale fusione dovesse avvenire con una banca italiana (ubi) per Siena sarebbe una vera e propria iattura. Non interessa neppure un dato che evidenzia il collegamento gestionale con il piano industriale: quello dei costi. I costi vengono abbattuti sul fronte del personale per ben 10 milioni di euro, ma aumentano nelle spese amministrative di 2,9 milioni di euro, non è per caso che tale incremento è dovuto alle spese per le consulenze?
Pierluigi Piccini