Dopo aver contestato il governo definendo la zona rossa «uno schiaffo ai lombardi», il presidente della regione Attilio Fontana ha abbassato i toni della polemica consapevole del rischio, o forse della certezza, di poter essere smentito dai dati regionali sulla diffusione del virus e dai suoi stessi tecnici riuniti nel Cts lombardo.
La percentuale di positivi sui tamponi è tornata a salire dopo la flessione di lunedì: da 17,7% a 21,2%, le terapie intensive hanno raggiunto quota 522, negli altri reparti sono ricoverate 5.318 persone. I morti, diventati il grande rimosso di questa seconda ondata tanto da non figurare neanche tra i parametri utilizzati per verificare la tenuta del sistema sanitario, sono stati ben 139 in sole 24 ore. Fontana aveva accusato Conte e Speranza di aver utilizzato dati vecchi di 10 giorni per mettere la Lombardia in zona rossa, ma gli ultimi elaborati, come spiegato dal direttore sanitario dell’Ats Milano Vittorio Demicheli, davano alla Lombardia l’indice di contagiosità Rt a 2.01, sopra la soglia di guardia di 1.5. «Il lockdown deciso da Conte e Speranza è necessario. Il problema semmai è che è in ritardo di due settimane» ha detto Demicheli.
A chiedere la pubblicazione dei dati e dei verbali del Cts lombardo è l’opposizione. «Le posizioni del Cts non sono mai state comunicate ufficialmente» incalzano i consiglieri dem Fabio Pizzul e Carmela Rozza. «Noi già dal 7 agosto scorso abbiamo chiesto i verbali delle riunioni ma non abbiamo mai avuto risposta». In compenso però ci sono le interviste rilasciate da componenti del Cts come Fabrizio Pregliasco, Antonio Pesenti, Massimo Galli, nelle quali venivano chieste misure più pesanti, arrivando a prefigurare il lockdown per Milano.
Una delle novità di giornata è che l’Ats di Milano non farà più i tamponi ai contatti stretti per eccesso di domanda: un altro tassello del sistema di tracciamento e contenimento dell’infezione che salta. Ieri Fontana ha rivolto ai medici un appello a «lavorare insieme per piegare la curva epidemiologica», come se non lo stessero facendo a sufficienza. Nelle stesse ore arrivava l’ennesima denuncia proprio dal fronte dei medici di base. Secondo la consigliera dell’Ordine dei Medici di Milano Maria Teresa Zocchi «il sistema è scoppiato» e i dispositivi di protezione individuali sono finiti. «Non abbiamo ancora oggi la disponibilità dei dpi e quindi non riusciamo a visitare i pazienti a casa. Abbiamo avuto dispositivi donati dal Comune, da Croce Rossa, dall’ordine dei medici, li abbiamo comprati noi, ne stanno arrivando da Arcuri, ma mai nulla da Ats». E ancora: «Abbiamo a casa persone in attesa di ricovero che peggiorano». Accuse definite dall’assessore al welfare Giulio Gallera «inaccettabili».
I guai per Fontana arrivano anche dal suo partito. Alle 14 il presidente lombardo ha dovuto convocare una conferenza stampa per smentire una fake news originata dalle battagliere dichiarazioni mattutine del capo della Lega Matteo Salvini. «Non ci rassegniamo, non staremo a guardare il cielo» aveva detto Salvini a una tv locale. «Ci stiamo organizzando da ieri su come evitare questo problema con i sindaci, con gli imprenditori, con i presidi, con gli insegnanti, con il governatore Fontana». Organizzarsi a fare cosa non è chiaro, ma Fontana ha dovuto smentire: «Si stanno diffondendo notizie false che creano confusione, l’ordinanza firmata ieri dal ministro Speranza ha decretato la zona rossa su tutto il territorio regionale senza alcuna possibilità di deroga». E ancora: «Solo successivamente, dopo almeno 2 settimane, sulla scorta dell’evoluzione della situazione, è possibile per i presidenti di regione chiedere misure di allentamento per determinati territori». Salvini smentito, allentamenti in questo momento non saranno possibili. Polemico col Dpcm e con il governo anche il sindaco di Milano Sala: «Lo rispetto ma avrei scelto un sistema più semplice». Sala ha mal digerito le restrizioni, nei giorni aveva condiviso la linea di Fontana contraria al lockdown.
Intanto aumentano i positivi in uno dei luoghi simbolo del contagio nella prima ondata, il Pio Albergo Trivulzio. 64 dipendenti positivi su un totale di 551, 20 in attesa di referto e 7 pazienti positivi.