Anteprima Esce domani per Solferino il saggio di Massimo Franco sulle vicende della Chiesa sotto papa Francesco
di Aldo Cazzullo
«Bergoglio si è rivelato magistrale nel destrutturare una Chiesa già in crisi, probabilmente meno abile nel costruirne un’altra. E sul piano del potere, da avversari, ma anche da amici, viene raccontato con un volto privato che stride con quello pubblico. In questi anni la lunga teoria di “laici” ed ecclesiastici promossi e poi di colpo retrocessi e scomparsi testimonia un governo del Vaticano fatto di blitz e una selezione della classe dirigente affidata a criteri a tratti misteriosi… Si allunga sul papato l’ombra di un’incompiutezza certo non attribuibile solo a lui. “Questo pontificato” mi ha confidato un amico di Bergoglio “sembra avere detto già tutto”. Si tratta di un giudizio liquidatorio e forse esagerato, che la crisi epocale del coronavirus contraddice, almeno temporaneamente. Ma se così fosse, alla fine il contraccolpo potrebbe risultare negativo quanto e più delle dimissioni di Benedetto XVI: come accade spesso quando le speranze debbono fare i conti con l’impressione sgradevole di essersi lasciati sfuggire un’occasione storica».
Di amici del Papa, Massimo Franco ne ha intervistati decine: cardinali, vescovi, banchieri, diplomatici, uomini dei servizi di sicurezza. Ha parlato ovviamente anche con i suoi critici. Ha incontrato il Papa stesso. E il suo predecessore Ratzinger. Ne ha tratto un libro indispensabile per chi intende capire questo Pontefice, e antevedere ciò che potrà accadere alla Chiesa nei prossimi anni (L’enigma Bergoglio. La parabola di un papato, che Solferino manda domani in libreria).
Massimo Franco non ha scritto un libro contro il Papa. Ha ricostruito, con la precisione e la misura di analisi che i lettori del «Corriere» conoscono bene, un quadro molto difficilmente contestabile di questo settennato, e del tempo a venire. Riconoscendo i grandi meriti di Bergoglio. Ma mostrando anche i suoi limiti; e i pericoli che ne possono derivare.
Riconosciamolo: da Francesco ci aspettavamo di più. Tutti ci siamo commossi alle sue prime parole: «Quanto vorrei una Chiesa povera, per i poveri». Tutti siamo rimasti colpiti dal cambio di stile, dalla scelta del nome, dai primi gesti; a cominciare dalla scelta di non vivere nel sontuoso Appartamento apostolico, ma in una camera del residence allestito per i cardinali del conclave. Eppure proprio quella scelta, apprezzata soprattutto dai laici, ha segnato sia un rapporto difficile con la Curia, sia l’inizio di uno stile di governo e di vita che espone il Papa a più di un rischio. «Francesco ha abolito la Corte pontificia per sostituirla con il cortile di Casa Santa Marta» è la battuta feroce che l’autore ha raccolto. In sostanza, cardinali — che hanno studiato per decenni per essere lì dove sono — vengono affiancati, scavalcati, sostituiti da personaggi a volte improbabili. La corsa ad andare in mensa con il Papa, a sedersi con il Papa, a mangiare con il Papa era diventata quasi una disciplina sportiva, con scene imbarazzanti e alla lunga fastidiose. Poi, quando è sopravvenuta l’emergenza Covid, in un primo tempo a Casa Santa Marta non si è compresa subito la dimensione del fenomeno, non si sono prese nell’immediato tutte le precauzioni necessarie a garantire la sicurezza del Santo Padre.
Massimo Franco però fa notare che la pandemia ha segnato anche un rilancio della sua figura. L’immagine di Francesco solo in una piazza San Pietro battuta dalla pioggia resterà nella storia della cristianità. In un momento di incertezza e fragilità, il mondo non solo cattolico ha ripreso a guardare alla finestra del Vaticano; e Francesco era lì. Per qualche settimana, Bergoglio è tornato il pastore del formidabile esordio di pontificato: il grande comunicatore, e anche il primo leader planetario a intuire che «se le periferie non vengono integrate e governate tendono a divorare dall’interno le società, i diritti e la democrazia».
Questo però non ha cancellato i suoi errori. Non ha chiarito alcuni tratti inafferrabili del suo carattere. Non ha dissipato i dubbi sulla sua capacità di governo. Come scrive Massimo Franco, «dal 2013 al 2020 Jorge Mario Bergoglio ha fatto e disfatto le conferenze episcopali, gli organismi finanziari della Santa Sede, i vertici curiali. Ha nominato nuovi cardinali in ben sei concistori. Ha scelto e fatto dimettere vescovi e banchieri, capi della Gendarmeria e semplici funzionari. Si è circondato dei collaboratori e delle collaboratrici che preferiva. La pioggia di riforme e di commissioni nate e svanite nel suo settennato suggerisce dunque di osservare con maggiore distacco l’epopea del pontificato argentino».
Il libro esamina una per una le grandi questioni che si sono aperte in questi sette anni. La tendenza a declassare ogni critica a maldicenza, ogni riserva ad attacco personale. La presenza costante a Santa Marta di prelati discussi e a volte indagati per gravi accuse nei loro Paesi. Il declino della Chiesa italiana (per la prima volta nella storia non sono cardinali il patriarca di Venezia, e gli arcivescovi di Torino, Genova, Palermo, persino di Milano); come se essere italiani sia quasi un peccato. Il rapporto non sempre facile con il Papa emerito. I problemi di comunicazione: Francesco parla molto, a volte forse troppo, con «la prospettiva che il verbo papale appaia inflazionato, e dunque sia depotenziato e alla fine venga addirittura ignorato». Le disavventure del cardinale George Pell, chiamato a mettere ordine con i suoi modi spicci nelle finanze vaticane. Infortuni oggettivi, come la nomina della lobbista Francesca Immacolata Chaouqui. Il pasticcio degli investimenti immobiliari a Londra. Il modo repentino con cui Bergoglio ha contraddetto i vescovi italiani, che protestavano contro il governo Conte e il rifiuto di riaprire le chiese nei giorni in cui la pandemia aveva preso ad attenuarsi. Il mistero del mancato viaggio in Argentina. La relazione scritta nel 1991 dal superiore dei gesuiti, con considerazioni molto dure sul confratello Bergoglio, rispuntata proprio ora. E poi, soprattutto, «la grande ombra cinese», con un accordo di cui non si conoscono i termini, e «il fantasma di uno scisma», evocato dallo scontro sia con i progressisti tedeschi, sia con i conservatori Usa («gli americani mi attaccano? È un onore»).
Sintetizzato così, sembrerebbe un processo a Bergoglio. Non lo è. Francesco resta, per molti versi, un Pontefice eccezionale. Il libro ne rappresenta una conferma. Finirà per leggerlo il Papa stesso. E sarà interessante vedere cosa ne penserà.