Luca Palamara ritiene di non poter essere processato, a livello disciplinare, dall’attuale Csm, convinto che i consiglieri, compresi quelli del collegio, abbiano espresso pre-giudizi. Per questo, ieri ha provato a ottenere la rimessione del processo in Cassazione affinché, a sua volta, potesse rivolgersi alla Corte costituzionale dato che, secondo la normativa attuale, non è possibile chiedere di essere giudicati dai prossimi consiglieri. Gli è andata male. La sezione disciplinare presieduta da Fulvio Gigliotti ha rigettato l’istanza perché “non rilevante e manifestamente infondata”. Ma “su questa vicenda sono stati espressi interventi in ogni sede”, aveva sottolineato il difensore Stefano Giaime Guizzi, consigliere di Cassazione, secondo il quale il modo in cui lo scandalo nomine è emerso “ha turbato la libertà di determinazione dell’intero organo”. A Guizzi si era opposta l’accusa, rappresentata dall’avvocato generale della Cassazione Piero Gaeta: “E’ una richiesta inammissibile e palesemente manipolativa”. Lo stesso Palamara ha parlato con una memoria scritta per evidenziare, a suo avviso, il pregiudizio del Csm: “Non ci si può esimere dal notare come, per un verso, le reiterate prese di posizione di numerosi membri del Csm, taluni persino componenti del collegio chiamati a giudicare il sottoscritto sulle vicende relative all’incontro tenuto nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019, presso l’Hotel Champagne in Roma, nonché, per altro verso, le stesse modalità con cui i ‘media’ risultano esserne venuti a conoscenza, siano tali da integrare quelle situazioni di pregiudizio per ‘la libera determinazione delle persone che partecipano al processo’ e di ‘legittimo sospetto’”. Per quell’incontro sono finiti sotto processo disciplinare anche Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa e deputato di Iv, gli allora togati del Csm Luigi Spina, Antonio Lepre, Corrado Cartoni, Paolo Criscscuoli e Gianluigi Morlini, costretti alle dimissioni .
www.ilfattoquotidiano.it