“Se si vuole fare una comparazione tra i parlamentari nelle democrazie europee non si possono mischiare le pere con le mele”. Parola di Stefano Ceccanti che prima di essere deputato del Pd e sostenitore del “sì” al referendum sul taglio dei parlamentari è professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Pisa. E da costituzionalista Ceccanti sostiene che il dossier di Camera e Senato secondo cui, se passasse il taglio dei parlamentari, l’Italia diventerebbe il fanalino di coda in Europa nel rapporto tra eletti ed elettori sia fuorviante.
Ricapitoliamo. Giovedì il Quotidiano Nazionale e ieri Repubblica hanno dedicato spazio a un dossier “riservato” del 19 agosto dell’ufficio studi di Camera e Senato riportando una tabella che compara i deputati eletti nelle Camere basse di tutti i 28 Stati membri dell’Unione Europea, calcolando un coefficiente preciso: il numero di deputati di ogni paese per 100.000 abitanti. Secondo questa tabella, oggi l’Italia sarebbe quintultima con 1 deputato ogni 100.000 abitanti mentre, se dovesse passare il taglio dei parlamentari, scenderebbe all’ultimo posto con 0,7 eletti ogni 100.000 elettori. Quanto basta per far affermare al Qn, primo giornale a riportare la notizia, che “il taglio dei parlamentari è inutile: l’Italia ne ha già meno degli altri paesi Ue”. Completa ieri Repubblica che mostra la tabella integrale: “Referendum, con il sì Italia ultima nella Ue per rappresentanza” è il titolo di pagina 6. Peccato che, come hanno sottolineato ieri diversi costituzionalisti tra cui Ceccanti, il professor Francesco Clementi dell’Università di Perugia e Carlo Fusaro dell’Università di Firenze, dietro al dossier ci siano due errori di metodo: “In primo luogo – spiega Ceccanti – vanno comparati gli Stati di uguale dimensione di scala. Per esempio non si può comparare l’Italia con Malta perché è ovvio che quel paese abbia un rapporto basso elettori/eletti ma questo perché un’assemblea deve avere comunque un numero minimo di eletti”. Il secondo motivo è ancora più importante: “La comparazione può avvenire solo tra rappresentanti che sono eletti allo stesso modo e che svolgono la stessa funzione”. Ergo: deputati e senatori italiani con quelli del Bundestag tedesco, dell’Assemblea Nazionale francese, della Camera dei Comuni inglese e della Camera spagnola.
Per queste due ragionila comparazione può avvenire solo tra paesi simili in termini di popolazione (e non per esempio con il Portogallo che ha gli stessi abitanti della Lombardia): quindi Italia, Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Non solo: l’errore metodologico in cui sono incappati i due quotidiani è che per l’Italia vanno presi in considerazione i 945 parlamentari odierni (e non solo i 630 della Camera) e i 600 dopo la riforma (e non solo i 400 deputati) perché nel nostro paese deputati e senatori sono eletti direttamente e danno entrambi la fiducia al governo. Con questi nuovi dati si può notare che oggi l’Italia ha il più alto rapporto tra parlamentari e cittadini tra gli altri quattro paesi europei più grandi (1,6 ogni 100.000 abitanti) e che dopo la riforma non diventerà l’ultima ma sarà ancora al primo posto insieme al Regno Unito: 1 parlamentare ogni 100.000 abitanti. Più bassa la rappresentanza in Germania, Francia (0,9) e Spagna (0,8). Insomma, il “sì” al taglio dei parlamentari non porterà alcun vulnus di rappresentanza ma, come sostengono molti costituzionalisti, ci farà allineare alle più grandi democrazie europee.