Parma conta i Mesi che scendono fra noi

Dal 12 settembre saranno spostate a terra le statue di Benedetto Antelami normalmente collocate nella prima galleria del Battistero della città. Sarà un’occasione irripetibileper vedere da vicino i capolavori (14: ci sono anche due doppie Stagioni) di un geniodella scultura tra Romanico e Gotico e tentare di sciogliere un mistero che li riguarda.

 

 

Il 12 settembre saranno portati a terra, dalla prima galleria interna del Battistero di Parma, i Mesi e le Stagioni di Benedetto Antelami: una mostra eccezionale fra tutte le manifestazioni di Parma 2020-2021. Dice a «la Lettura» il vescovo Enrico Solmi: «Mi auguro che nell’ammirare i Mesi dell’Antelami si giunga a riflettere, a pensare in forma introiettiva, avvertendo che l’opera di Antelami riflette la Luce del Cristo, nella felice continuità del tempo di Dio e del laborioso tempo dell’uomo. Ben venga quest’esposizione, densa di significati che potranno svelarsi ai tanti fortunati visitatori». E che sia un evento di grande significato è convinta la curatrice della mostra, l’architetto Barbara Zilocchi, cui si deve anche l’importante, recentissimo restauro di facciata e abside del Duomo di Borgo San Donnino (Fidenza), l’altro cantiere dove operò Benedetto con la sua officina, quasi in parallelo con quella del Battistero.

È un’esperienza irripetibile vedere da vicino i Mesi e le Stagioni (che sono abbinate: Primavera-Estate e Autunno- Inverno), 14 statue con i relativi segni zodiacali, alcuni dei quali restano murati in alto, alla base della prima galleria del Battistero. Ma, per cominciare, il viaggio antelamico a Parma deve fare tappe diverse e, prima di «scoprire» le sculture dei Mesi si deve partire dalla Deposizione, ora nel transetto sud della Cattedrale, firmata da Benedictus e datata 1178. La lastra era sul fianco del pulpito su leoni nella navata centrale del Duomo, pulpito che aveva sulla fronte la Maiestas Domini la quale, con tre capitelli, si conserva alla Galleria Nazionale mentre i quattro leoni sono nel Museo Diocesano.

Benedictus dialoga con l’Île-de-France e i tre capitelli mostrano la conoscenza degli stipiti con i Mesi del portale sud di Saint-Denis (circa 1140) mentre la lastra della Deposizione evoca le sculture di facciata di Chartres (1145-1155). Benedictus dunque, nel 1178, è uno scultore dalle profonde esperienze europee e lo conferma la progettazione del Battistero, un edificio rivoluzionario, ripensato tenendo conto del Battistero di Firenze e di quello di Pisa e andando oltre il Battistero di Cremona (1167). A Parma domina il dialogo con il mondo classico e con lo spazio misurato degli archi di trionfo mentre, nei tre portali, si scolpisce un sistema di immagini senza confronti in tutto il Settentrione italiano.

Il Battistero, fondato nel 1196, mattoni e breccia bianca e rossa di Verona all’esterno, viene edificato nell’arco di almeno due generazioni: il primo battesimo è nel 1216 ma certo allora l’edificio era ben lungi dall’essere concluso; la consacrazione avverrà nel 1270 con le prime quattro gallerie esterne.

Quanto ai temi scolpiti che Antelami realizza certo su suggerimento dei magistri dello scriptorium della Cattedrale, ecco il portale nord con la Madonna e i Magi; ecco il portale ovest, quello rivolto alla città, con il Pantocratore e la grande croce, la resurrezione dei morti e le opere di misericordia; ecco il portale sud, l’ultimo a essere montato, con la leggenda di Barlaam e Josaphat.

A chi è rivolto questo complesso racconto, integrato dai timpani interni scolpiti con raffinata abilità sulle stesse lastre dei timpani esterni, e con, ad esempio, la Presentazione al tempio che cita il timpano sud della cattedrale di Chartres? Il programma delle sculture del Battistero è una predica contro l’eresia catara, allora diffusa in tutto il Settentrione italiano e in Francia e Dalmazia e ancora altrove: l’eresia che nega la croce in quanto strumento del supplizio di Cristo, nega le opere di misericordia e ancora i sacramenti (i catari ne avevano uno soltanto, l’imposizione delle mani che chiamavano consolamentum).

Mentre disegna queste grandiose orazioni scolpite al Battistero, Antelami porta avanti, tra fine del XII e inizi del XIII secolo, anche il cantiere di Borgo San Donnino creando immagini che si confrontano ancora con l’eresia a cominciare dalla storia di San Donnino e dal racconto dei Magi e dalla splendida Maestà della Vergine, modellata sull’antico, in origine sull’altare maggiore. Il dialogo con il mondo romano torna ancora in alcune sculture del Battistero, ora al Museo Diocesano: due Arcangeli con le ali spiegate, uno scultura romana riadattata, un altro — simmetrico — copia dell’officina antelamica, con le pieghe del manto lievemente modificate e semplificate.

Proprio dal Museo Diocesano bisogna partire per capire la Primavera-Estate e il ciclo dei Mesi. Sono al Museo Salomone e la Regina di Saba, due statue imponenti, già in una nicchia in Battistero. Confrontiamo la Regina — manto all’antica retto con la mano destra, la sinistra al collo che tiene il cordone del manto — con la Primavera-Estate, tanto simile da far pensare a un disegno comune: da una parte evocazione di sculture romane forse del tempo augusteo, dall’altra un’attenta scoperta del reale. Lo prova il ciclo dei Mesi, dove l’anno, come nel calendario romano, inizia a marzo; qui le figure che Benedictus scolpisce sono a tutto tondo, scavate per dialogare con il fondo di pietra, dunque pensate per essere fissate a una parete. Ogni Mese è intento a un lavoro. Marzo suona il corno; Aprile coronato regge un ramo fiorito; Maggio a cavallo tiene alto un falcetto; Giugno taglia con la roncola le spighe; Luglio guida i cavalli che battono le spighe sull’aia; Agosto cerchia le doghe della botte; Settembre coglie i grappoli dai tralci con sotto il segno della Bilancia; Ottobre semina; Novembre cava le rape con sopra il segno del Sagittario; Dicembre taglia con la roncola i rami; Gennaio ha due volti, uno verso l’anno passato, l’altro verso quello nuovo, e poggia su un sedile all’antica; Febbraio vanga il terreno con sopra i Pesci. Infine l’Autunno-Inverno, in mostra accostato alla Primavera-Estate, ha a sinistra il corpo nudo, a destra coperto dal manto: dietro, a sinistra, un ramo fiorito, a destra un ramo senza foglie sono il segno delle due stagioni.

Questa è la rivoluzione di Benedictus, che rinnova la scultura evocando statue romane del I secolo ma sempre dialogando col reale, col tempo, con la durata dei coltivi. Le Stagioni, con i Mesi, propongono i tempi del lavoro dei campi e la riscoperta del mondo coltivato dall’uomo, mondo che non è perdizione, segno demonico come pensavano i catari.

Ma dov’erano collocate queste sculture che certo, insieme, dovevano costruire un sistema imponente? Al Duomo di Cremona, sulla fronte del protiro di facciata, uno scultore dell’officina antelamica crea una striscia con i Mesi simili a quelli di Parma; a Ferrara un grande scultore, nella imbotte del portale sud, scolpisce i Mesi riprendendo il modello di Benedictus; in San Marco a Venezia, nell’archivolto del portale mediano, ecco ancora i Mesi; nella dalmata Trogir (Traù, oggi Croazia) i Mesi scolpiti da Radovan sono negli stipiti del portale; ancora Mesi sono nell’imbotte del portale di facciata della Sagra di Arezzo. Dunque i Mesi antelamici erano parte di un portale, modello per altri cicli scolpiti nei primi decenni del XIII secolo? Ecco un grande tema aperto al dibattito. Ovunque però i portali dei Mesi sono racconto del lavoro e dei frutti della terra intesi come Grazia, segni tangibili del divino in terra.

 

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