La svolta di Speranza dopo il caso Umbria: riscritte le linee guida vecchie di 10 anni E presto la Ru486 potrà essere assunta fino alla nona settimana di gestazione
di Caterina Pasolini
ROMA — «L’aborto farmacologico è sicuro. Va fatto in day hospital, nelle strutture pubbliche e private convenzionate, e le donne possono tornare a casa mezz’ora dopo aver assunto il medicinale». La novità è nelle nuove linee d’indirizzo per l’interruzione volontaria di gravidanza che verranno emanate dal ministero della Salute. Pagine elaborate dopo che il ministro Roberto Speranza ha ricevuto il parere del Consiglio superiore di sanità, cui si era rivolto all’indomani dal blitz leghista in Umbria che vietava l’uso della Ru486 senza ricovero.
«Le evidenze scientifiche sono molto chiare. Il Consiglio di Sanità e le società di ginecologia e ostetricia hanno espresso un parere favorevole univoco. Queste nuove linee guida sono un passo avanti importante e rispettano pienamente il senso della legge 194, che è e resta una norma di civiltà del nostro Paese», dice ora il ministro. Parole importanti in un’Italia dove il 70% dei ginecologi è obiettore, con picchi del 96% in Molise. E dove, a giugno, la governatrice umbra vietava l’aborto farmacologico in ambulatorio, richiamandosi a vecchie indicazioni in attesa di essere aggiornate dalla politica. Ora non sarà più possibile. La situazione nazionale sarà più omogenea e si avvicinerà probabilmente a quella del Nord, dove la Ru486 è più diffusa.
Le nuove linee guida arrivano dopo settimane di proteste, con migliaia di donne in piazza, la condanna di politici da M5S a Pd e Iv e di intellettuali come Roberto Saviano. Tra le accuse di oscurantismo e il timore di vedere ancora sotto attacco la legge 194. E con la sensazione che il corpo delle donne sia ancora una volta terreno di scontro politico.
Le direttive approvate dieci anni fa, subito dopo l’introduzione della pillola abortiva in Italia, consigliavano per sicurezza tre giorni di ricovero per l’aborto farmacologico, lasciando libertà di scelta alle Regioni. Poi l’uso, le esperienze nel mondo e in molte Regioni che parlavano di metodo sicuro, hanno reso la pratica più spesso ambulatoriale. Anche perché, pure dopo l’aborto chirurgico con tanto di anestesia, la maggior parte delle donne firma per tornare a casa. Eppure col farmaco nel nostro Paese si fa solo il 20% degli aborti, il cui numero totale è comunque in calo, mentre in altri Stati europei si arriva al 90 per cento.
Il parere alla base delle nuove linee guida del ministero contiene un’altra novità: vi si sottolinea come l’aborto farmacologico possa essere praticato fino a 63 giorni di gestazione, perché «non esistono evidenze scientifiche che sconsiglino la somministrazione alla nona settimana». Viene quindi superata la limitazione a 7 settimane che vigeva finora.
Il mifepristone, recita il parere, può essere somministrato sia in consultorio che in ambulatorio. Dopo mezz’ora la donna può essere mandata a casa, verificando che non sia sola nell’abitazione o in ansia. Tra i vari punti, esaminati la salute, la funzionalità, il benessere fisico e psicologico della paziente, si sottolinea anche il risparmio economico rispetto all’aborto chirurgico che richiede ricoveri, anestesie, sale operatorie.
Le direttive illustrano nel dettaglio il percorso: dal consultorio agli ambulatori dove avviene il primo incontro con la donna, cui dev’essere spiegato come funziona il farmaco e cosa aspettarsi, in modo che sia consapevole di tutta la procedura. L’ambulatorio, vi si legge, potrà somministrare il farmaco in spazi idonei e con personale dedicato; in alternativa dovrà raccordarsi con l’ospedale, perché «le strutture pubbliche del sistema sanitario nazionale e quelle private convenzionate autorizzare dalle Regioni sono il luogo istituzionale » dove l’aborto deve avvenire.
Si passa poi ai criteri di ammissione. Specificando che forse vanno escluse da questa pratica le pazienti molto ansiose, con bassa soglia del dolore e che vivono in condizioni igieniche precarie vista la differenza con l’aborto chirurgico, che viene fatto con la sedazione e in ospedale. Dopo 2 settimane è prevista la visita di controllo, durante la quale verrà «offerta una consulenza per contraccezione ». Perché il trauma dell’aborto, che è sempre una scelta dolorosa, non si ripeta.