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La nostra città si presenta così: il numero dei residenti e quello delle persone occupate è in diminuzione, l’andamento della nati-mortalità delle imprese è negativo e il trend declinante riguarda tutti i settori economici tranne quello dei servizi alla persona perché la popolazione sta invecchiando.
La verità è che quando il numero di coloro che lavorano si aggira, ragazzini e ragazzine a parte, intorno al 30% può anche sopravvivere quella che Luca Ricolfi chiama la “società signorile di massa” che mangia la ricchezza accumulata dalle generazioni precedenti e che approfitta dei lavori sottopagati, ma è difficile immaginare un futuro di crescita felice. Si può sopravvivere per un po’ con i sussidi, le pensioni e i risparmi familiari e le rendite ma non sono questi i supporti che portano una comunità ad innovare e a svilupparsi.
● I segue dalla prima di cronaca Sarebbe necessario un piano di investimenti massicci a favore delle eccellenze produttive rimaste, una serie di interventi ad alto valore aggiunto che innovino i servizi, un progetto di rigenerazione degli edifici urbani che porti lavoro qualificato e risparmi energetici senza aggiungere cemento, sarebbe necessaria una scuola che torni a selezionare e ad orientare verso lavori utili anziché regalare titoli che illudono e che ingrossano le file degli scoraggiati senza speranza di impiego. Ma sarebbe anche indispensabile realizzare una rete di fabbriche didattiche che attiri dal Paese e dalla comunità europea giovani che vogliono accrescere le loro competenze e formarsi per le professioni del futuro. Bisognerebbe costruire una città scuola in cui enti, istituzioni scientifiche e culturali, associazioni di categoria e centri di ricerca attraggano talenti e formino professionalità che, nel frattempo, il mondo del lavoro dovrebbe cercare di assorbire.
Partendo dalle Università fino ai master di scuola e lavoro si tratterebbe di investire in borse di studio e in contributi alla mobilità internazionale, di predisporre pass per i trasporti e bonus per i servizi agli ospiti costruendo un sistema di accoglienza organizzato e confortevole.
Ovviamente non dovrebbero sottrarsi a questo processo attrattivo le istituzioni culturali convocando docenti e tutor che avrebbero il compito, come ha ricordato la direttrice del Castello di Rivoli ricordando l’antico museo di Alessandria d’Egitto, di esaltare la loro missione educativa. Come sta facendo con successo la Fondazione Sandretto con la didattica del master Campo, si devono attirare i giovani con la qualità del prodotto che si offre e con la prospettiva che il loro talento venga concretamente riconosciuto; ed è questo un modulo che può essere applicato ai rapporti tra centri di ricerca e mondo industriale (chissà che il futuro probabile presidente dell’Unione Industriale Giorgio Marsiaj non lo inserisca nel programma dei primi cento giorni) tra scuole d’arte e attività dello spettacolo, e così via…
Una miriade di laboratori di apprendimento che porterebbero in città energie nuove e giovani di qualità e ciò grazie ad investimenti che, in quanto finalizzati al sostegno dei consumi dei nuovi arrivati, ricadrebbero subito sul territorio. Anche se non tutti i nuovi arrivati si fermeranno, il modello della città scuola potrebbe essere una formula che la salva dal declino.
La verità è che quando il numero di coloro che lavorano si aggira, ragazzini e ragazzine a parte, intorno al 30% può anche sopravvivere quella che Luca Ricolfi chiama la “società signorile di massa” che mangia la ricchezza accumulata dalle generazioni precedenti e che approfitta dei lavori sottopagati, ma è difficile immaginare un futuro di crescita felice. Si può sopravvivere per un po’ con i sussidi, le pensioni e i risparmi familiari e le rendite ma non sono questi i supporti che portano una comunità ad innovare e a svilupparsi.
● I segue dalla prima di cronaca Sarebbe necessario un piano di investimenti massicci a favore delle eccellenze produttive rimaste, una serie di interventi ad alto valore aggiunto che innovino i servizi, un progetto di rigenerazione degli edifici urbani che porti lavoro qualificato e risparmi energetici senza aggiungere cemento, sarebbe necessaria una scuola che torni a selezionare e ad orientare verso lavori utili anziché regalare titoli che illudono e che ingrossano le file degli scoraggiati senza speranza di impiego. Ma sarebbe anche indispensabile realizzare una rete di fabbriche didattiche che attiri dal Paese e dalla comunità europea giovani che vogliono accrescere le loro competenze e formarsi per le professioni del futuro. Bisognerebbe costruire una città scuola in cui enti, istituzioni scientifiche e culturali, associazioni di categoria e centri di ricerca attraggano talenti e formino professionalità che, nel frattempo, il mondo del lavoro dovrebbe cercare di assorbire.
Partendo dalle Università fino ai master di scuola e lavoro si tratterebbe di investire in borse di studio e in contributi alla mobilità internazionale, di predisporre pass per i trasporti e bonus per i servizi agli ospiti costruendo un sistema di accoglienza organizzato e confortevole.
Ovviamente non dovrebbero sottrarsi a questo processo attrattivo le istituzioni culturali convocando docenti e tutor che avrebbero il compito, come ha ricordato la direttrice del Castello di Rivoli ricordando l’antico museo di Alessandria d’Egitto, di esaltare la loro missione educativa. Come sta facendo con successo la Fondazione Sandretto con la didattica del master Campo, si devono attirare i giovani con la qualità del prodotto che si offre e con la prospettiva che il loro talento venga concretamente riconosciuto; ed è questo un modulo che può essere applicato ai rapporti tra centri di ricerca e mondo industriale (chissà che il futuro probabile presidente dell’Unione Industriale Giorgio Marsiaj non lo inserisca nel programma dei primi cento giorni) tra scuole d’arte e attività dello spettacolo, e così via…
Una miriade di laboratori di apprendimento che porterebbero in città energie nuove e giovani di qualità e ciò grazie ad investimenti che, in quanto finalizzati al sostegno dei consumi dei nuovi arrivati, ricadrebbero subito sul territorio. Anche se non tutti i nuovi arrivati si fermeranno, il modello della città scuola potrebbe essere una formula che la salva dal declino.