“È un viaggio nel tempo e nello spazio” racconta Veltroni alla conferenza stampa del progetto, “ci troviamo di fronte a una strana cosa. Da uno scrigno della memoria è emerso questo documento, è arrivato fino a noi con i rischi di essere distrutto. Meritava di esser rispettato questo scrigno, soprattutto non interrompendo il concerto di Genova del 3 gennaio 1979. Oltre alle riprese dal vivo restaurate anche nella parte audio, c’è l’immagine di un piccolo treno che viaggia tra le colline di Genova con i protagonisti a ricordare la genesi di questo incontro. Volevamo restituire il clima civile, sociale e culturale del tempo. Questa operazione nasce da due diversità musicali che sarebbero rimaste parallele fino a quando si è voluto demolire il recinto tra canzone d’autore e rock: l’incontro ha generato una meraviglia. È un bootleg visivo e permetterà anche a chi non era presente al concerto di rivivere questa esperienza unica”.
Il “motore” di questo piccolo gioiello ritrovato è stato Franz Di Cioccio e paradossalmente non viene mai inquadrato nelle immagini, a dimostrazione di quanto sia lontano dall’ego di molti altri artisti. È venuto a sapere che qualcuno aveva le immagini del concerto al padiglione C della fiera di Genova, Piero Frattari. L’ha cercato e ha ritrovato la cassetta originale in tre quarti di pollice, contenente le riprese con una sola telecamera, quasi fissa sul palco. “Fabrizio mi autorizzò a riprendere il live” racconta Frattari, “ma non sopportando la tecnologia mi arrivò il suo monito a essere una presenza invisibile. Le riprese non furono utilizzate e finirono insieme ad altre quarantamila cassette. Riuscì a recuperarla e digitalizzarla”.
Restaurato nelle immagini e, soprattutto, nell’audio con un duro lavoro per ricreare lo stesso impatto sonoro della serata originale, viene oggi riproposto quasi per intero a esclusione di tre brani “solo perché le immagini erano troppo scure” commenta Veltroni. È interessante la conversazione tra David Riondino – all’epoca presentatore del concerto – e Di Cioccio nel voler stigmatizzare le tensioni durante il tour, le contestazioni di due parti di pubblico lontane per formazione e gusti musicali. Ma anche le tensioni politiche, le cariche della polizia e la continuazione del “processo politico agli artisti” la cui immagine più emblematica fu l’attacco a Francesco De Gregori al Palalido di Milano il 2 aprile 1976.
Il film inizia con la voce di Dori Ghezzi e le immagini della loro casa in Sardegna, con un episodio inedito: Dori convinse Fabrizio a comprare un telefono cellulare per parlare con lui durante uno degli ultimi tour. Fabrizio accettò e per due anni lo utilizzò salvo poi decidere di sotterrarlo nel giardino della sua casa. Prima di visionare il concerto – arricchito dai testi sovrapposti con la calligrafia di Fabrizio –, ci sono i commenti dei membri della P.f.m. e di alcuni ospiti: “Nel tour riproposto l’anno scorso ho visto nelle prime file ragazzini di quindici anni cantare tutte le canzoni a memoria” racconta Premoli. “L’arte di Fabrizio rimane e rimarrà anche dopo di noi, ormai è lettaratura”.
Guido Harari fotografò l’intera tournée: “La foto più rappresentativa l’ho scattata a Fabrizio sdraiato di fianco a un termosifone, nel corridoio del padiglione. La frase sua che ricordo più spesso è questa: ‘Ci crediamo tutti coraggiosi, ma temiamo il momento di verificarlo’”. E Dori Ghezzi chiosa: “Ben venga questo video: non c’è nessuna nostalgia nel film ma una grande sensibilità del raccontare questa esperienza”.