Le frasi anti euro agitano la Borsa. A oggi lo Stato perde 3,8 miliardi dei 5,4 investiti nel Monte
Silvia Ognibene
Lo scontro fra il governo Lega-M5S e l’Europa, a colpi di dichiarazioni al fulmicotone e successive smussature, ha strapazzato ieri il titolo del Monte dei Paschi in Borsa, portando al risultato di una perdita teorica di 3,8 miliardi di euro sui 5,4 spesi dal Tesoro per il piano di ricapitalizzazione della banca senese. Un conto salato, che pesa sulle tasche degli italiani, visto che l’azionista di maggioranza di Rocca Salimbeni è lo Stato, e che penalizza Rocca Salimbeni più del comunque penalizzato settore bancario.
Ieri Piazza Affari è partita in grande affanno, ha vissuto momenti di forte tensione a seguito delle dichiarazioni anti-euro rilasciate di buon mattino dal presidente della commissione Bilancio della Camera, il leghista Claudio Borghi: lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi è schizzato oltre 300 punti base, trascinando al ribasso tutto il settore bancario, punito dai mercati per via della gran quantità di titoli di Stato che le banche hanno in portafoglio. In avvio Mps ha ceduto il 4,6%, in difficoltà insieme a tutto il comparto, con Ubi banca (che ha rilevato le insegne della ex Banca Etruria) fermata per eccesso di volatilità a meno 5%, Unicredit e Intesa Sanpaolo che sono arrivate a perdere, rispettivamente, il 3% e il 2,8%. Le dichiarazioni successive dello stesso Borghi («il programma di governo non prevede l’uscita dall’euro») e soprattutto del presidente del Consiglio Giuseppe Conte («l’euro è irrinunciabile») hanno placato le acque e a fine mattinata Piazza Affari ha avviato il recupero, per chiudere la giornata con un calo contenuto e l’indice del paniere bancario italiano in flessione dell’1,17%, comunque ai minimi da febbraio.
Il Monte ha pagato uno tra i prezzi più alti, lasciando sul terreno il 4,28% a 2,06 euro, dopo aver pericolosamente toccato un nuovo minimo storico a 2,04 euro (un’azione Mps valeva 2,7 euro il primo giugno scorso, quando si è insediato il nuovo governo) che ha fatto scendere la capitalizzazione dell’istituto a 2,3 miliardi di euro: il Tesoro, che per ricapitalizzare la banca di Siena ha speso 5,4 miliardi di euro, ha visto così il valore della sua quota (oltre il 68%) ridursi a 1,59 miliardi. La perdita, implicita, è insomma oggi di 3,8 miliardi di euro. Che pesano sulle casse dello Stato: un esempio molto concreto di quanto gli scontri politici e istituzionali possano costare agli italiani e anche al management del Monte, impegnato nell’operazione, già di per sé non semplice, di risanare l’istituto con l’obiettivo di farlo tornare appetibile e di restituire al Tesoro i soldi avuti in prestito. Mps ha chiuso i primi sei mesi del 2018 con un utile di 188 milioni di euro contro la perdita di 169 milioni registrata nei primi tre mesi del 2017 e ad inizio anno ha chiuso la maxi cessione di 25 miliardi di crediti deteriorati e ieri, nel pieno della bufera, la banca ha provato a tirare dritto presentando a Milano la seconda edizione di «Officina Mps», il progetto creato con Accenture per scovare start-up innovative che poi lavoreranno per la banca per rafforzare i processi aziendali, migliorare i rapporti con i clienti e sviluppare l’offerta commerciale.
«Nel pieno di un articolato e complesso piano di ristrutturazione, Mps ha comunque intrapreso un cammino originale di innovazione e cambiamento fondamentale in uno scenario bancario che necessita di idee sempre nuove per sostenere la ripresa economica», ha commentato l’amministratore delegato Marco Morelli. «Con Officina Mps abbiamo creato un sistema unico e distintivo per agganciare competenze, persone e idee con un flusso spontaneo in entrata che altrimenti sarebbe difficile da intercettare — ha sottolineato — Un’iniziativa che esce dall’attività ordinaria della banca, permettendo di valorizzare Mps e al contempo di sostenere lo sviluppo dei giovani e delle realtà imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico e innovativo, elementi fondamentali per il futuro del Paese».