di Paolo Ermini
Che cosa contesta il Pd senese al sindaco Bruno Valentini? Nulla, ufficialmente. E qual è il progetto di città con cui il partito pensa di sostituire l’attuale gestione? Non c’è, né ufficialmente né ufficiosamente. Eppure è da mesi che si alimentano i malumori verso Il Comune e le voci di un cambio al vertice senza che il Pd faccia alcunché per frenare quelli e queste.
In un gioco al massacro che potrebbe avvicinare una sconfitta bruciante. Come a Livorno.
Siena è ancora dentro la crisi del Monte, però ora vede un’uscita. Niente potrà tornare comunque al punto di partenza. Per fortuna. Perché il calvario della banca ha travolto per sempre gli antichi equilibri, e quella commistione di interessi e poteri che è passata alla storia come «groviglio armonioso». Una cappa asfissiante, in verità. Un sistema che era imperniato sull’ex Pci fin dal dopoguerra e che mezzo secolo dopo è crollato su se stessi alla prima crepa, come l’Unione sovietica.
Da un Pd che si era posto l’obiettivo di cambiare radicalmente strada, di ridare centralità alle istituzioni rompendo l’asse partitico-finanziario, di riportare trasparenza nella politica senese, tutto ora ci si dovrebbe aspettare meno che il ritorno di metodi e pratiche da prima repubblica. Tutto ci si dovrebbe aspettare meno che la riemersione di potentati in cerca di nuova visibilità e nuove protezioni.
Il disegno di governo dietro le fibrillazioni senesi non si vede, ma si sente lontano un miglio l’odore acre della manovra di palazzo.
Siena ha un sindaco che è in carica da cinque anni. Non avrà fatto fuochi d’artificio, ma ha risanato il bilancio comunale, ha cominciato a sbrogliare la matassa del Santa Maria della Scala, ha conservato la dignità della città in una stagione che poteva significarne l’avvilimento. Anche civile oltre che economico. Valentini ha manifestato da tempo l’intenzione di puntare al secondo mandato, senza opporsi a primarie se fossero spuntati altri candidati del suo stesso schieramento. I suoi avversari cercano invece di imporre un candidato diverso costringendo il sindaco al ritiro senza uno straccio di consultazione popolare. Sorprende che su uno scenario così, tra le candidature già espresse dalle opposizioni, abbia lanciato il suo nome un senese super come Fulvio Bruni, il primario del pronto soccorso alle Scotte ed ex governatore dell’Oca che certamente piace a un pezzo dell’establishment democratico. Bruni ha scritto una lettera aperta in cui si richiama alle migliori tradizioni senesi ma anche a una unità delle forze progressiste che in queste condizioni non ci può evidentemente essere. E allora? Non pochi si augurano un intervento del segretario nazionale del Pd. In fin dei conti, all’inizio della sua ascesa, Matteo Renzi individuò proprio nel caso senese lo specchio di tutto ciò che il Pd avrebbe dovuto evitare di essere. C’è chi vuole il replay, ma a Siena servirebbe ben altro.