Crac Cirio, Geronzi condannato in Cassazione per i crediti con l’elastico.

WALTER GALBIATI
MILANO.
Quattro anni (tre coperti da indulto) per aver contribuito al fallimento della Cirio di Sergio Cragnotti. È la condanna definitiva che la Cassazione ha inflitto a Cesare Geronzi, l’ex presidente di Capitalia, Mediobanca e Generali. Il vizietto contestato è di aver fornito credito con una mano e di esserselo ripreso con l’altra.
Il caso della cessione delle attività del latte della Cirio è esemplare. Nel 1999 Geronzi impone a Cragnotti in grave crisi di liquidità di vendere la Eurolat alla Parmalat di Calisto Tanzi. I soldi incassati però non vanno a beneficio dell’azienda, ma sono destinati a rimborsare il debito che la Cirio ha nei confronti dell’allora Banca di Roma. Sentendo odor di fallimento, il banchiere aveva pensato bene di farsi restituire i soldi prima che la mala parata si presentasse, spostando il debito sulla Parmalat.
Il giochetto delle compravendite per ripianare le esposizioni bancarie non è saltuario, ma è uno schema consolidato e Geronzi lo applica sistematicamente. Sempre nello stesso anno la Cirio rileva la Bombril e anche in questo caso i soldi che versa finiscono direttamente nei forzieri della banca di Geronzi. Qualche anno dopo, nel 2002, ritorna per le Acque Ciappazzi, la società siciliana del gruppo Ciarrapico in crisi e indebitato verso la Banca di Roma. Geronzi costringe ancora una volta Tanzi a rilevare la società, facendo capire che se non lo avesse fatto, avrebbe tolto il credito a Parmalat. E quanto avesse bisogno di soldi la Parmalat, lo sapevano tutti i banchieri. Per la vicenda Ciarrapico, Geronzi è stato condannato in appello a Parma a quattro anni e sei mesi. Il giudizio è passato alla Cassazione e ora è in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale.
Gli accordi fra gruppi compiacenti, tuttavia, non sempre bastano: quando i debiti diventano una valanga, serve un salto di qualità. Geronzi lo sa ed è per questo che con lui si mette in moto l’intero sistema bancario. Tra il 1999 e il settembre 2002 (la Cirio fallisce a novembre), vengono venduti a 35mila risparmiatori ben 1,15 miliardi di bond Cirio. Oltre 500 milioni di euro vanno a coprire le esposizioni delle banche coinvolte: 308 milioni a Banca di Roma, 82 al SanPaolo Imi, 49 a Banca Intesa e 34 alla Popolare di Lodi, solo per citare i principali. Qualche mese dopo quei bond diventeranno carta straccia. Le banche li avevano venduti ai loro sportelli, sventolando in faccia ai compratori un rendimento di oltre sei punti percentuali in un periodo storico in cui i Bot rendevano poco più del due per cento. Il copione si ripete nel 2003 con la Parmalat, i cui bond, però, alla vigilia del fallimento, erano di oltre sette miliardi.
La sentenza di Roma è la prima e definitiva che inchioda Geronzi alle sue responsabilità, anche se – visti gli 82 anni di età – il condannato verrà con ogni probabilità affidato ai servizi sociali. La posizione di Cragnotti, invece, condannato in secondo grado a 8 anni e 8 mesi, dovrà essere riesaminata dalla Corte di Appello, in relazione alla compravendita Bombril. Per l’accusa la società valeva zero, probabilmente, invece, aveva un valore superiore. Da qui la necessita di riformulare le pene. Definitive le condanne per il figlio di Cragnotti, Andrea (2 anni e 4 mesi) e prescritte le accuse per gli altri due figli, Elisabetta e Massimo.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/