di Paolo Lepri
P utin? «Un erede dello stato stalinista, che ritiene la democrazia una degenerazione occidentale». Per Manuel Vilas (che nel suo libro più famoso, In tutto c’è stata bellezza, si è mosso alla ricerca di se stesso partendo dalla convinzione che «non diciamo mai tutta la verità perché se la dicessimo manderemmo in pezzi l’universo») ragionare sulla guerra in Ucraina significa, forse, tentare un esercizio di chiarezza. Simile alla scrittura, visto anche che il leader del Cremlino «è proprio un personaggio da romanzo, però di un romanzo del terrore». Ne parla, dell’ex agente del Kgb, senza nascondersi dietro le parole. «Non gli importa delle persone. Vede il mondo senza persone. Pensa che la Russia debba essere un impero, fosse anche un impero di cadaveri. È un idealista perverso che non ha empatia. Con lui siamo di nuovo nel Medio Evo».
«Il dolore, la tristezza e l’angoscia» che gli provocano quanto sta accadendo nel mondo non contaminano la lucidità, non attenuano lo spirito acuto, non limitano il gusto di andare controcorrente. L’ex ragazzo di Barbastro, in Aragona, che tornando nella valle montana di Ordesa, dopo la morte dei genitori, «fu cosciente per la prima volta che cominciava il tempo», mi risponde dal promontorio di Cabo de Gata, in Andalusia, dove sta scrivendo il suo nuovo libro. Gli chiedo se anche noi, che siamo lontani da Mariupol, dobbiamo avere paura. «Sì. Siamo tutti minacciati. Specialmente quelli che hanno bisogno della libertà di espressione per vivere e per fare il loro lavoro». Un’ altra nota personale, che richiama il senso anche di romanzi come La gioia, all’improvviso e I baci, è la certezza che la guerra «stia sporcando la bellezza del mondo».
Come spiega che un autocrate fascistoide come Putin abbia anche simpatizzanti di sinistra?
«La sinistra ha una questione in sospeso. Non sa dire che “il comunismo messo in pratica fu ed è un errore politico ed economico che porta la miseria e la morte dei lavoratori”. Quando saprà dire questa frase tornerà a essere moderna e a occupare uno spazio importantissimo nella politica occidentale».
Che idea si è fatta del dibattito sulle «colpe» della Nato e degli Stati Uniti che renderebbero in parte comprensibile la reazione di Mosca?
«Entro 100 anni la Russia sarà nella Nato, se tutto va bene tra cinquanta. La reazione russa non ha niente a che vedere con la Nato. Putin non sopporta la cultura occidentale. Utilizza la Nato come motivo, ma Putin ha dichiarato guerra alla libertà di espressione, ai matrimoni omosessuali, alla letteratura, al cinema, alla prosperità economica delle classi medie, ai baci degli omosessuali nelle strade, perfino alla connessione a internet. A Putin dà fastidio che un cittadino abbia diritti politici. Non concepisce l’indipendenza del potere giudiziario e l’uguaglianza davanti alla giustizia».
E i «pacifisti» che dicono no all’invio di armi agli ucraini negando agli aggrediti il diritto di difendersi?
«Penso che a Natale Putin manderà loro una cassa di vodka e un’altra di caviale per i servizi prestati alla Madre Russia. E ai Paesi che continueranno a comprare gas manderà mille casse di vodka e duemila di caviale russo per aver finanziato la guerra».
Si può sperare che l’invasione dell’Ucraina indebolisca i populisti europei?
Se io fossi ucraino mi piacerebbe che il mio modello fosse la Francia, l’Italia, la Spagna e non la Russia
«I populisti europei sono stati alimentati dalla crisi economica originata nel 2008 e dalla mancanza di iniziative del centrosinistra e del centrodestra per promuovere la ripresa economica. In Spagna il principale alleato dell’estrema destra sono la disoccupazione e l’inflazione. Se si vuole un Paese senza estrema destra ed estrema sinistra, bisogna creare ricchezza economica, bisogna creare posti di lavoro di qualità, servizi pubblici, bisogna modernizzare l’economia e che ci siano ricerca, tecnologia, imprese competitive. Così si lotta contro i populismi. Contro l’estrema sinistra e l’estrema destra si lotta difendendo la prosperità delle classi medie. Paghiamo un professore di scuola secondaria, un tassista, un medico, un idraulico, un cameriera la stessa cifra che guadagna un eurodeputato e i populismi spariranno in cinque minuti».
A proposito degli amici della Russia, Marine Le Pen sarebbe favorevole ad un’alleanza con Mosca una volta finita la guerra. Crede che sia un pericolo per l’Europa?
«Putin vuole essere uno zar stalinista e Marine le Pen vuole essere un Napoleone fascista. Tutto questo è molto triste. Fanno molta paura. Pensavamo che il nazismo non sarebbe tornato, ma invece sta ritornando camuffato, travestito».
È giusto parlare di nuovo della necessità di un «impegno» degli intellettuali? Che cosa possono fare per combattere il male?
«Smascherare gli impostori e stare sempre dalla parte della libertà. Senza libertà la vita è un fallimento».
Cosa pensa di Zelensky?
«Parla perfettamente inglese e sa recitare come un attore. Ha conquistato la scena perché si rivolge al mondo».
È l’eroe del momento?
«Sta lottando per il suo popolo, ha tutto il mio appoggio. Zelensky vuole che l’Ucraina sia Europa. È normale: se io fossi ucraino mi piacerebbe che il mio modello di vita fosse la Francia, l’Italia, la Germania, la Spagna e non la Russia. Non voglio vivere come si vive in Russia. Voglio vivere come si vive in Europa. Questo è il vero motivo della guerra. Putin vuole che gli ucraini non si liberino dalla miseria e dagli artigli della Russia. La Nato è un pretesto. Se fossi ucraino, vorrei vivere come un parigino o un romano o un madrileno e non come un moscovita. Se Putin non è riuscito ad assassinare Zelensky è perché non ha potuto. Zelensky e stato minacciato di morte. Presto tutti saremo minacciati di morte. Io vi avviso: siamo in guerra».