Contrasto pubblica Where Gods Whisper, il libro di Monika Bulaj in cui immagini e parole raccontano luoghi e i momenti in cui il sacro esprime al massimo la sua carica atmosferica e dove si rompono i confini tra ebrei, cristiani e musulmani.
Masse in un tempio che ripetono la stessa preghiera come un tuono; danze e oscillazioni; contatti tra corpi e fra corpi e reliquie; e ancora cantilene, sospiri, genuflessioni, sgranar di rosari. Si tratta di luoghi, gesti, abbigliamenti, luci, percorsi che – svelando sorprendenti analogie fra religioni e offrendo straordinari terreni d’incontro agli stessi – mostrano tutta la bellezza dell’essere umano.
Sfogliando il libro, pagina dopo pagina, si segue il mistero della devozione passionale, la manifestazione di fede espressa da mistici e poeti, santi e analfabeti. Le fotografie mostrano i momenti più misteriosi che scavalcano gli steccati eretti dai teologi, la cui successione svela un assieme solido e coerente, una continuità che abbiamo disimparato a osservare, condizionati come siamo dalla superficiale impressione di cataclisma – oggi si direbbe conflitto di civiltà – che ci divide. Lo stesso avviene per i luoghi visitati dall’autrice. Se sono sacri, sono sacri per tutti. Allo stesso modo, il buon santo è buono per tutti. Per non parlare dei gesti della preghiera, dell’uso del corpo come tramite per comunicare con l’Altrove. Il corpo che contiene il segreto della memoria collettiva. Il corpo che non mente.
Il reportage presentato in questo volume è frutto di lunghi viaggi durante i quali l’autrice ha attraversato un mondo parallelo e ancora poco raccontato che va dall’Asia centrale all’America Latina, dalle Russie al Medio Oriente, “attraversando le soglie tra il sacro e il profano, tra luce e ombra.”
Le immagini in bianco e nero e a colori di Monika Bulaj, insieme ai suoi testi che le accompagnano, vanno alla scoperta delle ultime oasi d’incontro tra le fedi, delle zone franche in cui musulmani e cristiani pregano insieme, raccontano di terre di promiscuità e sincretismo millenari, scomodi ai predicatori dello scontro di civiltà, di luoghi in cui la catena delle vendette si rompe, dove si mangiano le stesse pietanze, si intonano gli stessi canti e si fanno gli stessi gesti. Le evocative fotografie di Where Gods Whisper restituiscono la bellezza e la sapienza antica che risiede nella contaminazione, i riti dionisiaci dei musulmani del Magreb, il pianto dei morti nei Balcani, i pellegrinaggi nel fango degli Urali, l’evocazione degli dei in esilio oltremare, sulla rotta degli “scafisti” di un tempo, a Haiti e Cuba, dove la forza spirituale della madre terra diventa rito vudù, santeria, rap mistico, samba, epitalamio e mistero.
Where Gods whisper mostra tutto l’ingegno multiforme dell’autrice, la sua sensibilità per l’alterità tipica dell’antropologa, l’istinto della testimonianza da cronista, il gusto del racconto e la passione che per anni l’ha condotta sulle tracce delle “genti di Dio”, dagli ortodossi greci e russi agli sciiti, dalla chiesa etiope al sufismo, dagli ebrei di montagna ai cattolici italiani o polacchi, lungo i confini dei monoteismi e oltre ad essi.
Sono cambiata molto nel corso del mio lavoro, all’inizio partivo cercando immagini per documentare qualcosa. Ora quello che faccio è una cosa semplice, quasi infantile: raccolgo schegge di un grande specchio rotto, miliardi di schegge, frammenti incoerenti, forse mattoni della Torre di Babele.
Monika Bulaj