il caffè
di Massimo Gramellini
Ieri il signor Luciano V. era l’uomo più ricercato del Paese. Uno scrupolo residuo di riservatezza mi impedisce di scriverne il cognome per esteso, benché sia ormai popolarissimo presso autonomi e partite Iva in coda dall’alba sul sito dell’Inps per chiedere i 600 euro del corona-bonus. Riassumo i fatti a beneficio di pensionati e lavoratori dipendenti. Il sito dell’Istituto di previdenza sociale, in un guizzo di imprevidenza asociale, aveva informato la spettabile clientela di reclusi senza stipendio che il bonus sarebbe stato erogato sulla base dell’ordine cronologico delle domande. Il traduttore automatico che gli italiani ricevono in dotazione dalla nascita per decodificare il linguaggio dei burocrati ha subito colto il succo dell’annuncio: vuoi vedere che non hanno soldi per tutti? La ressa dei clic ha mandato il sito in palla, ma fin qui non si tratterebbe di una sorpresa. Il fatto nuovo era che, digitando le proprie credenziali di accesso, apparivano quelle di un certo Luciano V., corredate dai suoi dati personali. Non solo i suoi, a dire il vero: chi si imbatteva in Maria G. e chi in Luigi R. o in Filippo B., al punto che l’Inps sembrava essersi trasformato in un sito di incontri amorosi.
Non riuscendo a trovare un responsabile, quando sarebbe bastato avere uno specchio, l’Inps ha accusato i soliti «hacker», forse al soldo di qualche potere oscuro. Ma a questo punto è nostro diritto saperlo: quale potenza straniera è interessata alla vita di Luciano V., e perché?