C’è un coro ad accompagnare il secondo incontro di Antonio Latella con la poetica di Fassbinder dopo la messa in scena di Le lacrime amare di Petra von Kant (2006). Una presenza forte che fornisce già un indizio sulla natura di Ti regalo la mia morte, Veronika , nuova produzione di ERT al debutto in prima nazionale assoluta al Teatro Storchi di Modena il 7 maggio: non un mélo ma una tragedia greca, dove tutti conoscono il destino del protagonista e lo accompagnano verso la fine.
«Abbiamo fatto un lavoro di riscrittura — spiega Latella — che intreccia Veronika Voss (film premiato con l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1982, lo stesso anno di Querelle de Brest e della morte per overdose, a soli 37 anni, del regista bavarese) con l’autobiografia di Fassbinder». Un lavoro che è l’abbrivio per un’indagine sulla figura femminile che proseguirà con MA , ispirato a Susanna Colussi Pasolini, madre del poeta e regista Pier Paolo, e con uno spettacolo su un’altra madre: Giocasta.
«Quello relativo alla madre è uno dei temi principali anche di questa messa in scena. Un fil-rouge che attraversa tutta la cinematografia di Fassbinder. In maniera più o meno consapevole — considera Latella — mi sono trovato spesso ad affrontare autori che con la figura materna hanno avuto un rapporto potente, anche conflittuale. In Germania in Autunno (1978), scontrandosi con le posizioni nazionalsocialiste della madre, Fassbinder, che visse la cupa stagione tedesca degli anni di piombo, accusa la famiglia borghese di essere la culla del terrorismo».
Una tesi provocatoria. «Oggi non considero più Fassbinder come un autore alternativo, o, peggio, trasgressivo, quanto come l’inventore di un nuovo linguaggio teatrale e cinematografico — riflette il regista premio Ubu —. Mi confronto con lui in modo più maturo, cercando di restituirgli la potenza del grande classico, evitando la provocazione».
Tra la Blanche di Un tram chiamato desiderio , suo precedente allestimento con ERT, e la diva morfinomane sul viale del tramonto di Ti regalo le mie lacrime, Veronika c’è un punto di incontro? «Penso a Blanche come antecedente a Veronika — spiega Latella —: la prima non ha consapevolezza della sua follia e questo la porta in clinica; la seconda è come se esistesse dalla clinica in poi. Attraverso la morfina — prosegue —, Veronika paradossalmente riesce a tradurre la realtà in maniera più lucida, a vedere i mostri per quello che realmente sono. Questo mi ha consentito di realizzare un lavoro fortemente allucinato, drogato. Quella di Veronika è la corsa senza protezioni di una psiche alterata. Una corsa dove persino la morte è accettabile, come liberazione o nuova possibilità. Ma chi regala la propria morte a chi? Veronika al suo ideatore? O viceversa?».
Per raccontare la sua malattia Fassbinder scelse un personaggio femminile. Perché secondo lei? «La donna sa che la malattia può far parte del ciclo della Natura. Per Fassbinder una delle malattie è l’amore e le donne sono biologicamente più disposte degli uomini a farsene carico. Fassbinder si rivolga a una donna perché è più in grado di sopportare il dolore, cosa che gli permette di rappresentarlo in maniera sempre più estrema, radicale. “Chiunque creda all’amore è condannato alla disperazione”».
Laura Zangarini