LA PRIVATIZZAZIONE DEL MONTE
di Vittoria Puledda
MILANO — Parola d’ordine, accelerare. Sembra che l’obiettivo di Unicredit sia di arrivare ad avere alcuni risultati preliminari della due diligence su Mps entro la fine della prossima settimana. Il tempo concordato con il ministero dell’Economia arriva alla prima decade di settembre ma c’è chi scommette che entro fine mese la ricognizione sarà ultimata, confermando la fama di “interventista” che sta accompagnando l’ad Andrea Orcel fin dalle prime mosse. Ora la sfida è una radiografia completa di Mps (nella data room lavorano una trentina di persone, compreso Giacomo Marino, appena arrivato dalla Fondazione Cariverona e che Orcel conosce già dai tempi di Merrill Lynch e poi di Ubs) per arrivare a farsi un’idea di cosa c’è davvero dentro il Monte; da lì, mettere a punto il perimetro delle attività ritenute interessanti e, di conseguenza, avviare la trattativa con il Tesoro azionista e arrivare a un’offerta; probabilmente per ottobre.
La ricognizione a 360 gradi contiene due ordini di valutazioni: un piano, più politico, attiene alla banca in senso stretto, a partire da sede centrale a Siena, marchio e personale. L’altro riguarda più da vicino le controllate (Mps capital services, Mps leasing & factoring, Monte Paschi Banque sa, la Fiduciaria), la banca online Widiba, gli sportelli, gli accordi commerciali e le partnership distributive. Non sarà uno spezzatino, ma non è detto che nel pacchetto Unicredit entri tutto.
La sede di Rocca Salimbeni rappresenta il primo scoglio: nella direzione generale lavorano circa 2.100 persone (sulle 6 mila dislocate in Toscana). Sulla carta una soluzione potrebbe essere quella di concentrare nella sede storica di Mps le attività di back office e altre funzioni centrali, lasciando un presidio importante che non svuoti Rocca Salimbeni ma la tenga sotto il controllo di Unicredit, ma fino a quando non sarà finita la due diligence tutto resta indeterminato. Per quanto riguarda gli esuberi, le prime indiscrezioni si fermano poco sotto i 6 mila (ma dipenderà dal perimetro). L’innalzamento da 5 a 7 anni del Fondo esuberi aiuterà a gestire il nodo. «Negozieremo con responsabilità e con fermezza ma l’utilizzo volontario del Fondo esuberi sarà fondamentale», spiega Lando Sileoni, a capo della Fabi. Che aggiunge: «La competizione economica finanziaria fra i due principali gruppi bancari si sposterà anche sui nuovi modelli digitali di banca. Voglio essere chiaro da subito: non tollereremo tagli di personale in nome di una presunta innovazione, appoggeremo solo iniziative socialmente sostenibili e condivisibili».
Per quanto riguarda la rete, sui 1.500 sportelli di Mps 80-100 dovrebbero andare a Mcc (Invitalia) che è già intervenuta nel salvataggio della Popolare di Bari. Dalla Campania alla Sicilia Mps ha ben 345 sportelli, che solo in parte dovrebbero interessare Unicredit: difficile per esempio che voglia la rete in Sicilia (105 agenzie) dove ha già una forte presenza, circa 220 punti, ex Banco di Sicilia. È possibile che una parte di sportelli verrà chiusa.
Diverso è il discorso di Widiba: la “Fineco del Monte”: la banca online è considerata un modello efficiente e sta ottenendo buoni risultati commerciali (anche se il semestre sconta il calo del margine di interesse). Con oltre 300 mila clienti e 600 promotori finanziari, è sicuramente un fattore di forza rispetto al modello Unicredit. Più complessa invece la situazione sul piano dei rapporti di bancassurance: Unicredit ha, solo in Italia, cinque joint venture; Mps ha una partnership strategica vita e danni con Axa, rinnovata fino al 2027. In questo tipo di accordi in genere c’è una “put” da pagare ed è possibile che – per Unicredit – un altro accordo di bancassurance non abbia grande valore aggiunto. L’accordo distributivo con i fondi Anima (valido fino al 2030) non prevede che la banca possa interrompere la relazione con la sgr. Ma tutti questi ambiti faranno parte – se ci sarà un’offerta – di un tavolo negoziale tutto da giocare.