Articolo 1 della Costituzione. “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Lasciamo stare l’aggettivo – democratica. Decisamente, l’Italia, da quando è sotto l’egida eccezionale del Covid, è una Repubblica fondata sul vaccino. Non è una battuta. All’imperativo categorico (devi vaccinarti!), in un crescendo wagneriano, tremendo, è seguita la comunicazione dell’orrore (se non ti vaccini muori!) e la coercizione morale (se non ti vaccini ammazzi il prossimo tuo!). L’ultimo passo di questa strategia del terrore – atta a trattare i cittadini come idioti, asini sotto frusta, frustrati, non come esseri pensanti, preoccupati, che desiderano capire – è il ricatto. Se non ti vaccini perdi il lavoro. Il meccanismo, di per sé, è letale, discriminatorio, e rischia di creare un’onda anomala della ferocia, della reazione. Salute – cioè: il corpo, la vita totale – e lavoro – cioè: l’ambito della creatività, la vita attiva – fondano, in effetti, qualche cosa di più che uno Stato: fondano l’uomo, la sua personalità. Se tieni sotto scacco, braccato, nel pugno del ricatto, nell’ambito della coercizione salute e lavoro è inevitabile che l’uomo non asservito si ribelli.
Il sistema della Repubblica fondata sul Vaccino, tuttavia, a tratti si inceppa, con esiti paradossali, anzi, inquietanti. Allineiamo qui, per sommi capi, i documenti che ci sono stati presentati da un tecnico sanitario, che opera in un importante ospedale italiano. Sottoposto a ricatto nel lato più intimo della propria esistenza – salute e lavoro, appunto – abbiamo obbligo di celare la fonte: l’esempio, tuttavia, è il primo di una serie, una piccola silente massa di operatori che presto vivranno senza stipendio, stritolati dalle maglie di un sistema spesso inspiegabile. I fatti. Il tecnico sanitario non può vaccinarsi. A testimoniarlo è il medico di base e una serie di esami che dimostrano “allergia grave con shock anafilattico” in seguito all’assunzione di farmaci. Si certifica, inoltre, che il paziente presenta “reazioni multisistemiche multiple a eziologia sconosciuta”, ragion per cui si promuovono ulteriori analisi. Esito: “si differisce la vaccinazione Covid19” etc etc. Segue firma del medico. Il tecnico sanitario inoltra la documentazione all’Azienda Usl di riferimento. La quale, dopo aver consultato un “Collegio di Esperti appositamente insediato”, valuta “la non sussistenza delle condizioni per omettere/differire la vaccinazione descritta in oggetto”. La vicenda pare kafkiana, per non dire pacchiana: un esoterico, ignoto “Collegio di Esperti” valuta i documenti prodotti da un medico e li annulla. I punti oscuri, paradossali, surreali sono due: a) il “Collegio di Esperti” valuta “la documentazione”, non il paziente, si basa sui fogli e non sul corpo; b) il “Collegio di Esperti”, di fatto, squalifica l’opera di un collega medico. A questo punto, il “Collegio di Esperti” dovrebbe deferire il medico di base dalla sua attività, per dimostrata incapacità. La Repubblica del Vaccino ci insegna che alcuni medici hanno il potere di annullare l’opera di un collega: su quali basi?, perché? Insomma, il sistema sanitario si accartoccia in se stesso, producendo un’Idra, un mostro.
Per chi preferisce aggiungere una dote di documenti ai fatti, va letta la circolare distribuita urbi et orbi dal Ministero della Salute sulle “Certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-Covid-19”. Viene da ridere perché di fatto il Ministero ammette di capirci poco e parzialmente (“Data la complessità dell’argomento trattato, le condizioni riportate non sono esaustive…”), e l’esenzione si ottiene solo se si dimostra di essere “ipersensibili” al principio attivo di uno dei vaccini somministrati. Insomma, prima ti vaccini, poi vediamo cosa succede…
Va ribadito che il tecnico sanitario di cui abbiamo raccolto la storia (non un’eccezione ma un caso-simbolo) non è, come si dice con brutale semplificazione (ma questo è il mondo sanitario-manicheo che ostacola il pensare), un no-vax. A contrario, ha fatto la sfilza dei vaccini obbligatori dall’infanzia: semplicemente, è un soggetto debole a cui non può essere somministrato un vaccino di cui, consapevolmente, si sa poco. Tra l’altro, il tecnico sanitario è stato tra coloro che nella prima feroce ondata Covid ha lavorato senza badare a orari – e senza ferie – per dare le cure ai fragili. Ritenuto dal “Collegio di Esperti” un “inadempiente” – come si sa, da DL n.44 2021, “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario… sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2”; eppure: “in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione non è obbligatoria e può essere omessa o differita” –, sarà sospeso dal servizio, senza stipendio. “La suddetta sospensione manterrà efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale da parte Sua o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”. Bene: come si sopravvive fino ad allora? Occorre creare una catena di mutuo soccorso per questi casi, minati nella salute, colpiti nel lavoro.
D’altronde, casi analoghi esploderanno alla luce del DL n.111 2021, che sancisce “Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza” l’obbligo “a esibire la certificazione verde Covid-19”da parte di “tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari”, denunciando, dunque, un sistema discriminatorio, il regime dei sani. Anche in questo caso “Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 da parte del personale scolastico e di quello universitario è considerato assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”. Questo, indipendentemente – lo si è visto sopra – dalle peculiarità sanitarie di ogni singola persona.
Sulla questione, Pietro De Angelis, scrittore – Il mistero di Paradise Road è edito da Elliot – uscito dalla Scuola Holden, didatta – La scuola a scuola, Castelvecchi, 2020, è un libro “contro la didattica a distanza” – ha scritto un pensiero che sfocia in una poetica della ribellione, alta, velleitaria, vigile, dunque, fieramente ‘pericolosa’:
“Apriremo scuole nei boschi e biblioteche nei prati. Guarderemo insieme l’alba e il tramonto tenendoci per mano… Non domerete mai il nostro spirito, non ingabbierete mai la nostra libertà. Perché noi abbiamo qualcosa che voi non avete, e non avrete mai. Noi sappiamo ancora incantarci di fronte alla bellezza struggente della vita. Sappiamo camminare piano, per non fare rumore. Rimanere fermi, per non disturbare… Non ci avrete mai. Vi guizzeremo via dalle mani, come tanti pesciolini ribelli. Voi non avete idea, perché non avete immaginazione”.
Come si sa, ai non vaccinati, dal 6 agosto, è precluso l’ingresso nelle biblioteche civiche: i libri possono leggerli solo i sani, i puri, certificati, gli altri, tutti, rimangano ignoranti. Leggeranno il gergo delle nuvole e dei prati, torneranno bestie.