Cinque, che cosa? Giacche di cashmere. Gliele ha regalate una delle sue fidanzate milanesi. Ermanno Krumm viene al «Corriere» indossando la prima, color kaki: gli sta a pennello. «Caspita, cinque in una volta sola!», dico. «Beh!, sai, il marito non le mette più da anni». Il brevissimo dialogo finisce con una grande risata. È la prima cosa che mi viene in mente, ripensando — nel decimo anniversario della morte di Ermanno, a 62 anni — a episodi avvenuti durante la nostra amicizia e la sua collaborazione al «Corriere» (1992-2005). Proprio nel ’92, il poeta pubblica da Einaudi Novecento, la seconda raccolta di versi. La prima, Le cahier de Monique Charmay (1987), l’ha scritta per la sua compagna francese, morta suicida a Parigi.
Dal 1968 al 1974, Krumm vive nella capitale francese, seguendo i corsi di Roland Barthes, all’École pratique des Hautes Études, e i seminari di Jacques Lacan. Scrittura, psicoanalisi e vita da bohémien. Non ha un franco e per tirare avanti gira per caffè e ristoranti, cercando di vendere i disegni del padre, Edoardo, con il quale non ha mai avuto un buon rapporto. Forse solo dopo la morte del genitore, Ermanno tenta di recuperarlo, idealmente, parlando nei propri versi dei suoi dipinti.
Il poeta era nato a Golasecca, nel Varesotto, nel 1942 (il 24 dicembre: «Come Gesù Bambino», scherzava). Rientrato a Milano, dopo il tragico gesto di Monique, insegna saltuariamente, si occupa di critica letteraria e scrive versi. Nel ’92, Giuliano Gramigna lo porta al «Corriere», dove il 22 settembre esordisce nella pagina dell’Arte. Nel ’95, assieme a Tiziano Rossi, Krumm pubblica Poesia italiana del Novecento ; tre anni dopo, da Einaudi, Felicità e, nel 2003, Animali e uomini . Quest’ultimo viene presentato a Milano, da un gruppo di amici, al teatro Pier Lombardo. Visto il titolo, mi viene l’idea di portare il mio cane, Blake (incrocio fra pastore tedesco e rottweiler) sul palcoscenico. Tutti entusiasti. Ermanno, subito; gli altri, dopo. Durante la serata, Blake se ne sta sdraiato, seguendo con lo sguardo i vari oratori. Alla fine, carezze a non finire.
Poesie, ma anche saggi d’arte. Ermanno spazia da un campo all’altro con esiti felicissimi: Migneco, Cassinari, D’Angelo, Arroyo, Aricò, Rotella, e così via.
Nel 2004, viene a sapere che gli resta poco da vivere. Cancro alle ossa. Deve finire un paio di libri, dice. Sono il solo a sapere; mi fa promettere di tenere il segreto («Non voglio pietismi»). Mondadori ha in programma di pubblicare entro un anno circa, nello Specchio, Respiri , la sua nuova raccolta di versi. Farà in tempo a vederla? Venendo meno alla mia promessa, chiamo Maurizio Cucchi che ne parla con Antonio Riccardi. Respiri passa in testa. Ermanno viene ricoverato a Como. Arrivano alcune copie-staffetta. Escono subito delle recensioni, che Milena, compagna di Ermanno, gli legge. Quando in un momento di lucidità, gli mostra il libro, il poeta lo prende in mano ma non riesce ad aprire quello che Agosti chiama «il canzoniere d’amore dentro il canzoniere del mondo». Spirerà poco dopo.
sgrasso@corriere.it