CANNES 75. Si apre oggi il festival, un ritorno al periodo abituale con quasi le presenze pre-pandemia. Il malfunzionamento delle prenotazioni, la crisi delle sale, il supporto ai filmmaker russi non allineati
Cristina Piccino, CANNES
Passata l’emergenza della pandemia almeno nella «narrazione» collettiva – e in Francia proprio da ieri le mascherine non saranno più obbligatorie nemmeno sui trasporti pubblici, anche se si raccomanda di farne uso specie in orari affollati perché «il virus continua a circolare» – il Festival di Cannes festeggia i suoi 75 anni nel mese di sempre: maggio. Da oggi con l’apertura affidata a Michel Hazanavicius e al suo zombie-movie Coupez!, nelle sale francesi lo stesso giorno fino al 28 maggio, la Croisette, un po’ cantiere di lavori in corso, ritroverà la sua abituale folla quasi pre-pandemica asiatici compresi che erano del tutto spariti a causa dei Travel ban la scorsa edizione (come negli altri festival internazionali svoltisi in presenza in questi anni).
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Eppure nonostante la crisi che soffre il sistema cinematografico mondiale, soprattutto le sale – ieri «Le Monde» richiamava l’attenzione sulla forte difficoltà che attraversa il cinema più indipendente o d’autore, con ripercussioni sull’intera filiera mentre secondo uno studio dell’Afcae, l’Associazione del cinema francese d’arte e d’essai le piattaforme, da Netflix a Disney+ incidono con perdite fino al 30% di spettatori – il Festival di Cannes mantiene imperterrito quelle «pratiche» che abbassano la qualità del lavoro (e anche il piacere di parteciparvi). A cominciare dall’attività della stampa presente che dovrebbe essere considerata un supporto per la «settima arte» di cui si professa in Croisette l’amore, e la necessità contro lo streaming. E invece siamo ancora alle proiezioni «segrete» per pochi adepti («a discrezione del festival») e neppure segnate nel programma – un dato unico al mondo ma non è un primato di cui essere fieri. Mentre visto il disastro della biglietteria online andata in crash totale ieri insieme agli accrediti con code infinite e attese di ore – tra l’altro trascinando le altre sezioni visto che tutto, dalla Quinzaine all’Acid è concentrato su un unico sito (ma senza app) – la maggior parte degli accreditati faranno fatica a vedere il concorso e i film in genere, e chi è qui per lavorare, senza garanzie di rimborso o simili è messo in condizione di farlo male, malissimo anzi, ma a ogni costo perché c’è il bisogno. Senza sottovalutare la mancanza di cura nei confronti di chi viene, ritenuta evidentemente poco importante.
NELLA CONFERENZA di incontro con i giornalisti, il delegato artistico Thierry Frémaux ha risposto al pessimo funzionamento del sistema online in modo veloce – «Non abbiamo la possibilità di avere robottini che smistano migliaia di biglietti» – con la vaga promessa che migliorerà – (quando? Come?) e un effetto un po’ Truman Show – ispirazione del manifesto 2022. Mettendo da parte le polemiche col sito deadline.com per una intervista allo stesso Fremaux «censurata» – in realtà avrebbe chiesto di rileggerla e di cambiare alcuni passaggi che di per sé è del tutto normale – e con «Screen International» – «questa non è una lezione di giornalismo ma una conferenza stampa» ha detto – Frémaux è tornato sui temi già toccati nel corso dell’annuncio del programma ad aprile a Parigi.
La questione della guerra in Ucraina con la conseguente non presenza di registi russi «di governo» e di giornalisti e critici russi tout court, considerato che i giornali non allineati sono stati chiusi e quelli ufficiali appunto «bannati» – confermando comunque l’apertura e il sostegno a tutti gli artisti indipendenti.
E SE QUESTA RUSSIA resistente è rappresentata da Kirill Serebrennikov, in concorso con Tchaikovski’s Wife, che ha lasciato la Russia dopo anni di persecuzioni e processi – a lungo è stata esposta la sedia vuota col suo nome – la guerra si materializzerà in modo più diretto in Mariupolis 2, il film purtroppo postumo del regista lituano Mantas Kvedaravicius ucciso dai russi mentre girava nella città ucraina assediata. La compagna Hanna Bilobrova ha lavorato ai materiali insieme a Dounia Sichov, la montatrice del regista, entrambe accompagneranno il film alla presentazione il prossimo giovedì 19. Altro punto sensibile il numero di registe in gara, a chi gli fa notare che ce ne sono poche – 5 registe su 21 – Frémaux risponde che c’è un 25% di presenza femminile in tutto il festival, parlando poi di Agnès Varda, «unica donna della nouvelle vague» alla quale è stata intitolata la rinnovata sala del 60°.
In concorso per l’Italia c’è Nostalgia, il nuovo film di Mario Martone, ma il primo appuntamento col cinema italiano sarà domani l’apertura della Quinzaine des Realisateurs, diretta per l’ultima volta da Paolo Moretti, con L’envol di Pietro Marcello.