di Stella Cervasio
«Nonna Ida Della Calce non si lasciò prendere in giro. Era una commerciante, aveva un salumeria a Pompei, lì è nata e vissuta, anche se parte della mia famiglia stava anche a Napoli. Nel suo quartiere le dissero: “Se vuoi la monarchia, al referendum non sbagliare: devi mettere la croce sulla testa della regina”». Rodolfo Armenio aveva circa 30 anni quando la nonna morì a 86 anni e la pausa del lockdown da Covid l’ha incoraggiato ad andare sulle tracce della sua famiglia. Sono vivi nella memoria i racconti di Ida e quello che accadde a suo marito, deportato in un campo di concentramento perché non aveva voluto giurare fedeltà al duce ed era rimasto legato al re. I suoi rimasero monarchici oltre la realtà. «Nonna Ida era nata nel ’14 e con lei non ci fu bisogno neppure delle raccomandazione del prete, che insisteva con chi andava in parrocchia come lei di votare perché le cose rimanessero com’erano. Nel ’46, a 32 anni, già sposata da tempo e con figli, votava per la seconda volta. Un regio decreto aveva permesso in precedenza alle donne di andare alle urne per le elezioni amministrative: quella era stata la sua prima volta. Ma la vera prova per lei furono i giorni del referendum, una cosa di cui tutti parlavano. E lei non cadde nel tranello teso dai repubblicani sulla “testa della regina” come segno su cui apporre la croce: quella non era una testa regale, era invece l’Italia turrita, e non aveva una corona, ma le mura di una città, sul capo. Mia nonna tornò a casa, disse che si era sentita frastornata per tutta l’attenzione che c’era quella volta intorno a lei, e si mise in attesa. Ma con sua sorpresa, le notizie dei risultati non arrivavano». Ida Della Calce trascorse le giornate ad accudire la famiglia, come sempre, in quel 2 e 3 giugno del ’46. Era sicura di quello che aveva fatto. «Mi raccontava – prosegue il nipote – che sin dal primo momento l’aria era cambiata e che lei non sapeva dove informarsi: quasi tutti i giornali riportavano la vittoria quasi certa della repubblica. Il 4 giugno le cose si ribaltarono e nonna Ida recuperò la speranza per il vantaggio della monarchia, ma dal 5 ci fu la rimonta e la vittoria degli oppositori del re. Lei votò il 2, ma il risultato lo seppe il 10».
Rodolfo Armenio ha ricevuto pochi giorni fa una risposta dal Vaticano con il carteggio tra la nonna e la cancelleria del Papa che risale al ’43. Il marito di Ida era stato preso prigioniero e a lungo di lui non si era saputo più niente. Fedele al re e alla scelta del marito, dopo aver votato, Ida Della Calce decise di rimuovere il risultato. Cancellò dalla sua testa il seguito del referendum: gli annunci, le parole, i giornali radio, le bandiere e tutto quello che accadde poi. «Votavano monarchia anche perché non sapevano che cosa fosse la repubblica perché nessuno gliel’aveva spiegato – racconta Armenio – Fino alla morte Ida è rimasta una monarchica convinta. “Non cambio idea”, diceva, e raccontava sempre a noi nipoti di quando il principe Umberto veniva a Castellammare di Stabia oppure a visitare il santuario di Pompei con le principesse Maria Pia, Maria Gabriella e Maria Beatrice. Ricordava anche che la regina Maria José che, diceva lei, per la sua origine belga era socialista e molto poco propensa a Mussolini, veniva a parlare con Umberto Zanotti Bianco, che fu tra i fondatori della Croce Rossa Italiana mentre ufficialmente faceva visita agli Scavi: forse, diceva mia nonna, erano colloqui segreti».
Ida Della Calce continuava a portare il vessillo di qualcosa che non c’era più, ma vedeva la sua idea incarnata in ciò che restava della corona: i Savoia, che, per le persone semplici come lei, rappresentavano la realtà. «La sera del 18 marzo 1983, quando arrivò la notizia della morte di Umberto II, io ero un ragazzo: ricordo che eravamo riuniti intorno al tavolo e la nonna ci invitò a fare un giuramento, quello che si ripeteva ogni volta che un regnante passava a miglior vita: io, con il nostro nome, mi dichiaro fedele al re – e in questo caso ci suggerì di dire il nome di Vittorio Emanuele, figlio di Umberto II –. Non tradì mai i suoi ideali. Rimase a servire i clienti nel negozio fino al 1999, e quando lei non ce la fece più, la bottega chiuse. Ida morì nel maggio del 2001, a 86 anni, quattro mesi dopo la sua regina, Maria José».