L’editoriale del direttore Nicola Perrone
ROMA – Putin sprofondato nella poltrona, quasi accucciato; davanti a lui il suo ministro della Difesa, stavolta ad un metro e non a venti metri di distanza come negli incontri visti di recente. Oggi le tv di tutto il mondo hanno rilanciato questo singolare faccia a faccia, servito per far sapere a tutti che Mariupol è stata conquistata dai soldati russi, che Putin può cantar vittoria. Ma la guerra in Ucraina non si ferma, si continua a bombardare e ad uccidere. In Europa si continua a discutere, se inasprire le sanzioni ancora di più bloccando pure il petrolio russo, se inviare armi a tutto spiano alla resistenza ucraina come stanno facendo gli Stati Uniti. Ma l’Unione europea è una realtà complessa, la Germania si mostra riluttante, la sua economia e la vita quotidiana dei tedeschi dipendono troppo dalle risorse russe. La Francia è in mezzo stallo presa da voto per eleggere il Presidente, l’Italia sta in mezzo e corre in tutti i luoghi per cercare quel gas e petrolio che la Russia presto ci taglierà.
Lo ripeto a scanso di equivoci: c’è un paese, la Russia, che ha invaso un paese libero e scatenato la guerra, colpevole di crimini di cui dovranno rispondere non solo i comandanti militari ma tutte le alte sfere politiche fino al dittatore Putin. Quindi non si discute l’aiuto all’Ucraina, paese che guarda all’Europa, che vuole far parte della nostra grande famiglia.
Ecco, appunto, l’Europa. Qual è la strategia europea per non solo far finire la guerra ma riportare la pace senza una scadenza ravvicinata in vista del prossimo conflitto? Qui dobbiamo allargare il nostro orizzonte e con coraggio cominciare a guardare ai limiti politici dell’Unione europea che bisognerà presto superare. Mi ha convinto, ed anche un po’ spaventato, la lucida analisi di Giovanni Barbieri apparsa sul sito rivistailmulino.it che spinge ad osservare il conflitto in atto allargando l’orizzonte. Per farlo, Barbieri riporta la terrificante analisi di Zbigniew Brzezinski che dal 1977 al 1981 ricoprì il ruolo di Consigliere per la Sicurezza nazionale del Presidente americano Jimmy Carter. Ebbene, in due suoi libri, nel 1970 ‘Between two ages: America’s role in the technotronic era’ e nell’altro del 1997 ‘The Grand Chessboard: American primacy and its geostrategic imperativies’, Brzezinski aveva messo nero su bianco quello che purtroppo si sta realizzando oggi sotto i nostri occhi. Tutto partiva dalla necessità di raggiungere l’obiettivo, nella ridefinizione degli spazi geopolici a guida americana, di arrivare all’indebolimento dell’Urss prima e all’isolamento della Russia in seguito.
Tutto quanto accaduto in quegli anni è stata la dimostrazione della messa in pratica di quella dottrina: dall’Afghanistan, al crollo del regime comunista in Polonia grazie a Solidarnosc, l’allargamento della Nato a tutti i paesi ex sovietici grazie al sentimento di odio che questi nutrivano per la dittatura comunista. Nella strategia di Brzezinski era fondamentale per gli Stati Uniti separare la Russia dall’Europa, per isolarla appunto e per ‘costringere’ gli europei a starsene buoni sotto l’ombrello americano. L’Ucraina rientra a pieno titolo in questa strategia e Barbieri cita un passo clamoroso di Brzezinski: “… È di imperativa importanza che non emerga nessun’altra entità euroasiatica in grado di dominare l’Eurasia e quindi sfidare l’America… Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero euroasiatico“.
Parole agghiaccianti e molto significative. Per i nostri governanti europei a questo punto è necessario confrontarsi sulla strategia comune da metter in atto per garantire in primo luogo gli interessi dei 350milioni di cittadini europei. Chiaro che al dittatore Putin fa gioco restare in quella logica, di blocchi contrapposti e quindi da armare e far scontrare in questa o quella parte del mondo. Per questo l’Unione europea dovrebbe avere il coraggio di rompere questa logica altrui e di proporre, in cambio della destituzione della cerchia di Putin, una soluzione diversa al popolo russo: basta isolamento, ripresa massiccia delle politiche di cooperazione e di scambio economico e culturale. Ci sarà a Mosca qualcuno che ha più interesse a garantire un nuovo e fecondo periodo di pace, anche per godersi i guadagni che altrimenti rischiano ogni volta di essere sequestrati. Noi speriamo di sì, che l’Europa abbia il coraggio di rompere il ‘blocco’, che il popolo russo scelga di confrontarsi e di non fare la guerra a noi europei.