di Paolo Conti
«Gode il tesoro di libertà e si governa Repubblica. Di tutto questo, lo Stato è contento perché se si osservano le leggi si ha la vita, l’onore e la roba salvi». È il fiero ritratto della Repubblica di Genova come appare in una guida d’Italia del 1615, non firmata. Piero Boccardo, storico dell’arte da sempre legato alle vicende genovesi e da poco ex soprintendente al patrimonio artistico del capoluogo ligure, propone la definizione come ritratto di un’identità utilissimo per mettere a fuoco le ragioni e la sostanza dell’imminente doppia mostra Genova-Roma, un progetto di respiro internazionale: Superbarocco. Splendore genovese da Rubens a Magnasco, alle Scuderie del Quirinale (26 marzo-3 luglio) e La forma della meraviglia. Capolavori a Genova tra il 1600 e il 1750, a Palazzo Ducale di Genova, nell’appartamento del Doge (27 marzo-10 luglio) insieme con una serie di iniziative organizzate in altri musei e palazzi cittadini sotto il titolo I protagonisti (dal 7 aprile con esposizioni in numerosi spazi cittadini).
Si tratta di uno sforzo culturale e organizzativo che offrirà ai visitatori 170 opere d’arte — 140 tra dipinti e disegni accanto a 30 sculture — con 60 artisti del calibro di Pieter Paul Rubens, Antoon van Dyck, Bernardo Strozzi, Alessandro Magnasco, Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, Domenico Piola, Gregorio De Ferrari; con prestiti da grandi musei internazionali e da splendide collezioni private. Due appuntamenti per un reportage storico-artistico su un secolo d’oro, nel senso più letterale per l’uso continuo di quel timbro cromatico, e per l’ immensa fortuna e sterminata diffusione del Barocco nelle chiese, nei palazzi privati e pubblici, nell’architettura, nella disposizione degli spazi urbanistici.
Piero Boccardo è uno dei tre curatori, accanto a Franco Boggero (storico dell’arte a lungo impegnato nella soprintendenza genovese e in prestigiosi restauri cittadini) e a Jonathan Bober, curatore e responsabile del dipartimento di stampe antiche alla National Gallery di Washington. La rassegna sull’opulento Barocco genovese prevedeva, proprio per la sua regìa multinazionale, una prima tappa nella capitale degli Stati Uniti. La pandemia ha spinto il museo di Washington a un primo rinvio, poi a un secondo, infine all’annullamento. Ma la National Gallery ha mantenuto i suoi impegni organizzativi (esiste un catalogo già stampato) anche nel campo dei prestiti. Invece la doppia mostra italiana, che ha nelle Scuderie il suo perno, è partita superando non poche difficoltà. Mario De Simoni, presidente e amministratore delegato di Ales, che gestisce le Scuderie, con soddisfazione sottolinea «la capacità di tenere la barra dritta e di adattarci alle esigenze dei tempi difficili nonostante il Covid, senza fermare la programmazione, da Raffaello all’Inferno di Jean Clair, e ora eccoci con il Barocco genovese…».
È ancora Boccardo che ci aiuta a capire l’importanza di Genova. «La città, nel panorama europeo, era un caso quasi unico accanto a Venezia: una Repubblica, ovviamente non democratica ma aristocratica, che non aveva una dinastia dominante né lunghi regni. Il Doge durava in carica due anni, grazie alla riforma di Andrea Doria del 1528. Di conseguenza non c’era un solo interlocutore che, dall’alto del suo potere come avviene nelle monarchie, avesse la forza di imporre un gusto o un artista di riferimento. Di qui il grande flusso di protagonisti dell’arte approdati a Genova, chiamati dalle singole famiglie».
L’orgoglio di essere una Repubblica faceva della città (riecco la guida) uno «Stato felice», perché sottratto all’arbitrio di un principe: rispettate le leggi, si viveva tranquilli e magari assai agiati. Perché, prosegue Boccardo, «nella stagione che interessa le nostre mostre, Genova era ricca. Lì operavano famiglie di finanzieri e banchieri così potenti da assicurare ai sovrani spagnoli il flusso dei pagamenti nei loro vasti territori in Europa (Fiandre, ducato di Milano, Napoli, Sicilia) e nelle colonie. Famiglie che attraverso l’arte e la bellezza mostravano il loro prestigio e la magnifica condizione sociale raggiunta. Oggi parleremmo di promozione dell’immagine…». Grandi nuclei familiari protagonisti della vita economica, politica e artistica della città, in più molto prolifici, narra divertito Boccardo: «Gli Spinola, per esempio, si divisero in 120 rami, una tribù più che una dinastia, e i palazzi che portano quel nome in città sono molto numerosi».
È dunque nella benestante e libera Genova che Van Dyck sperimenta un prototipo di ritratto che replicherà alla corte inglese per Carlo I. Il Barocco è insomma il linguaggio ideale per rispondere ai bisogni della classe dirigente genovese: il fasto, il lusso, gli ori, i panneggi, i dettagli di visi e corpi, i grandi volumi, e nella scultura quel marmo di Carrara che diventa morbido, l’ametista che brilla. Dunque la gloria, il benessere, la raffinatezza del gusto. E il potere. Emblema di quella stagione sarà, all’ingresso della mostra romana, la grandiosa tela rubensiana I miracoli di Sant’Ignazio dalla Chiesa del Gesù di Genova: i bagliori di luce, la monumentalità delle balaustre, i movimenti teatrali, la spettacolare certezza nella fede. Tutto questo si declina anche negli argenti. Proprio alle Scuderie, accanto al celebre ritratto della Cuoca di Bernardo Strozzi, verranno esposti splendidi pezzi d’argento di maestranze fiamminghe, simili a quelli della tela.
Di fronte alla magnificenza di quei tesori, si svela il senso della parola Superbarocco, com’è spiegato da Matteo Lafranconi, direttore delle Scuderie: «C’è l’aggettivo Superba, che definisce Genova, e c’è il Barocco. Ma che è anche un Barocco Super. Un gioco di parole che regala una sintesi perfetta ed eloquente».
Le due mostre parallele restituiscono a Genova la sua piena dignità di grande capitale economica d’Europa, in quel secolo, e insieme culturale in un’Italia storicamente policentrica.
La città ha offerto una straordinaria selezione di opere provenienti dai musei statali e comunali, dal museo diocesano, dall’Accademia ligustica. La mostra romana sarà inaugurata venerdì 25 marzo dal presidente Sergio Mattarella; ci saranno il sindaco di Genova, Marco Bucci, il presidente della Liguria, Giovanni Toti, e Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild (sostenitore della doppia mostra) che ha costruito il nuovo Ponte San Giorgio di Genova dopo la tragedia del Morandi, e sta anche realizzando il Progetto unico Terzo valico dei Giovi-Nodo di Genova (alta velocità Genova-Milano). Webuild ha una sua «Agenda Cultura», spiega Pietro Salini: «Siamo pronti a dare il nostro contributo non solo realizzando le grandi opere infrastrutturali che daranno slancio e vitalità al Paese ma anche sostenendo quelle iniziative artistiche che sono la linfa della nostra cultura e il collante della nostra identità». Per tutta la durata della mostra, alle Scuderie sarà ospitato uno spazio dedicato al nuovo Ponte di Genova San Giorgio, mentre a Genova, a Palazzo Ducale, verrà installata la sala «Modello Genova», viaggio virtuale all’interno della nuova opera.
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