di Pierluigi Piccini
21 febbraio 2020, questa data-simbolo coincide con l’avviso pubblico di una manifestazione di interessi per dei city tour con minibus elettrici. Si tratta del punto di non ritorno di una strategia da proloco. L’atto è così grave da gettare un’ombra su le scelte più significative di buon governo cittadino, che hanno avuto inizio nel 1965 con il divieto del traffico nel centro storico. L’obbligo di muoversi a piedi era diventato sinonimo di lentezza, di civiltà, di qualità della vita: un elemento distintivo, un valore aggiunto al prestigio di Siena, città che richiede serietà, sobrietà, eleganza. Una città che ha una sua spazialità che va capita e vissuta al pari dei monumenti di cui è custode. Il city tour coincide con un turismo ancora più veloce di adesso, con escursionisti di basso livello, omologa un patrimonio dell’umanità (UNESCO) allo strapaese. Cosa può esserci oltre, di più volgare e inadeguato? Niente. Per questo si tratta di una scelta che ha un portato simbolico di non poco conto. In un colpo solo si riuscirà ad arrecare un danno enorme di immagine alla città, a infastidire i senesi, a danneggiare i commercianti: l’ultima beffa dopo una serie di scelte che stanno uccidendo il futuro di una città come Siena. Lo avevamo intuito, ma ora è ufficiale: il 21 febbraio, la Giunta ha compiuto un atto che è estraneo all’uso corretto di un centro storico delicato come quello senese e in controtendenza rispetto a chi vuole trovare un argine qualitativo al turismo mordi e fuggi.