Se allo Stato la scuola non importa

Come da copione, i diritti della scuola, delle bambine/i e ragazzi/e vengono per ultimi. L’interruzione di pubblico servizio è una motivazione legittima per il diniego delle poste a concedere i propri uffici, ma non lo è per la scuola, evidentemente, nonostante l’enorme debito che ha maturato in questi mesi nei confronti dei suoi studenti. E mentre c’è la rincorsa a modificare le regole per facilitare la ripresa dell’economia, le uniche regole intoccabili sembrano essere quelle che scaricano sulla scuola esigenze che non fanno parte del suo mandato. Non si capisce perché, visti i tanti provvedimenti d’urgenza, non si possano modificare anche le norme sui luoghi in cui collocare i seggi elettorali. Così come non si capisce perché non sia possibile affrontare l’eventuale costo di un adattamento a seggi elettorali di spazi alternativi per rispettare la priorità del dovere della scuola rispetto ai suoi studenti. Quanto alla necessità di informare gli elettori sul cambio di indirizzo della sede elettorale, non mi sembra davvero una questione particolarmente insormontabile. Non occorre cambiare le schede elettorali, basta mandare una lettera che l’elettore/elettrice porterà con sé quando andrà a votare.

Insomma, tutte queste difficoltà sono insormontabili solo perché si tiene ferma la funzione ancillare della scuola rispetto ad esigenze altre e si mettono sistematicamente in secondo piano i diritti educativi dei ragazzi/e. Ciò avviene troppo spesso, ma è intollerabile in modo particolare quest’anno, dopo la lunga interruzione della didattica in presenza e la perdurante incertezza su come avverrà la ripresa. Proprio in questi giorni sono usciti i dati Agcom sulla percentuale di studenti di ogni ordine e grado che o non hanno avuto nessuna didattica a distanza (10%) o la hanno avuta solo in modo sporadico (20%) per motivi legati alla difficoltà di connessione, o alla mancanza di strumenti e spazio adeguati. Tutti i dati disponibili, provenienti da più osservatori sul territorio, segnalano come in questi mesi siano aumentate le già troppo elevate povertà educativa e dispersione scolastica. Lo ha denunciato anche il documento EducAzioni di nove reti di oltre 400 associazioni della società civile e dei sindacati pubblicato quindici giorni fa, che è stato oggetto di un incontro con il presidente Conte e le ministre Azzolina e Bonetti questo lunedì.

Per contrastare questi fenomeni è importante, come si è iniziato a fare, mettere a disposizione risorse per garantire a tutti la dotazione necessaria di strumenti. Ma occorre anche dare un segno visibile della centralità della scuola e dei diritti degli studenti, della loro non sacrificabilità ad altre priorità. Si sta già facendo troppo poco per compensare il debito che la scuola ha contratto con i suoi studenti in questi mesi. Aspettare settembre per molti di loro potrebbe essere troppo tardi. Interrompere a scuola appena iniziata, o ritardarne l’inizio a dopo le elezioni, come stanno decidendo alcune regioni, sarebbe l’ennesimo messaggio negativo sulla secondarietà, se non marginalità, della scuola e dei diritti degli studenti, che getta una pesante ombra sulle affermazioni circa la loro centralità per la ripresa.

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