SCUOLA E  OFFERTA FORMATIVA

Una stima al ribasso.

 

di Germana Marchese

 

Le dichiarazioni dell’assessore all’istruzione, in attesa delle direttive del Governo, non lasciano dubbi, difronte al problema della ripartenza delle attività didattiche si sceglie la linea attendista e  della semplificazione, preferendo ricorrere a divisione  e sottrazione.

Ricominciare  si può, forse, ma dividendo  gli studenti  di ciascuna classe a metà e sottraendo a rotazione il diritto alla  didattica in presenza. Del resto, afferma l’assessore, stimando al ribasso, non è pensabile un “raddoppio” degli spazi perché in città non ci sono luoghi.  Peccato che la scuola non sia una partita di lascia o raddoppia e meriterebbe lo sforzo di proposte operative leggermente più elaborate e di nuovo orizzonte. Cita l’assessore la situazione critica del Monna Agnese e del Piccolomini, come se fossero gli unici istituti in difficoltà per la carenza cronica di spazi, palestre, aule laboratorio per disabili;  a maggior ragione dunque,  verrebbe da rispondere, sarebbe arrivato il momento di risolvere la situazione. 

Nessuno si aspetta miracoli ma la buona volontà è dovuta,  potrebbe prospettarsi un’ occasione inattesa  per cercare, insieme ad enti ed istituzioni, nuove dimensioni imposte dal cambiamento, magari incoraggiando una trasformazione complessiva della scuola, mirata a qualità ed innovazione.  Siena potrebbe addirittura offrire un nuovo  modello di proposta educativa, contemplando sperimentazioni,  innesti nelle proposte curricolari anche al di fuori del tradizionale spazio  educativo.    Su questo potremmo tornare  con più calma, riprendendo   a ragionare in termini di spazi  cambiando approccio, ripensandolo in modo funzionale e flessibile,  rimodulando attraverso nuovi modelli organizzativi e potenziamenti curricolari.

Prima però  chiariamoci le idee su alcuni  punti essenziali.  L’assessore confida  nei “benefici” dello smart working e della DAD (didattica a distanza).  Non conviene  demonizzare né l’uno, né l’altra ma è bene non cadere nei tranelli che entrambi i sistemi nascondono.  La tecnologia è un ottimo acceleratore, si è rivelata per esempio  uno strumento efficiente per alleggerire il carico delle mansioni burocratiche imposte ai docenti dalle attività  funzionali ( riunioni, consigli di classe, interclasse, intersezione, collegi docenti etc.)  ma non deve essere usata a svantaggio della socialità e della dimensione fisica-relazionale nell’apprendimento.  Lo smart working invece è adeguato solo nel caso in cui sia normato in modo da non sottoporre  il  lavoratore a stress, ansia ed aumento del carico di lavoro. Nella professione del docente queste variabili assumono  un effetto negativo amplificato sulla vita degli studenti.

E’ sufficiente dunque dichiarare benefico un sistema semplificando per difetto, stimando al ribasso?  Adducendo  come benefici di ritorno la  riduzione dell’inquinamento   e una migliore  qualità di vita? Ad essere onesti, a Siena forse possiamo ancora permetterci di raggiungere le scuole con i mezzi pubblici senza andare  in deficit di ossigeno  come a Milano o a Roma e poi cosa intendiamo esattamente per qualità di vita? L’istruzione ed il benessere psicofisico delle persone  non sono parametri da considerare? Facciamo una stima  più realistica dunque.  Se persino gli addetti ai lavori dovranno aspettare per  fare un bilancio  obiettivo  della faticosa esperienza trascorsa, non è un po’ presto per  sbilanciarsi in positivo?  Forse si capirà meglio l’impatto subito quando si calcoleranno i danni procurati dal mancato svolgimento dei nuclei fondamentali delle discipline perse  (ovvero delle attività didattiche eventualmente non svolte o svolte in modo parziale).  All’assessore sfugge che nel corso del prossimo anno scolastico, tra le tante difficoltà da gestire,  bisognerà occuparsi anche delle attività di recupero, viste le modalità di valutazione imposte dalle linee guida ministeriali. La didattica a distanza non consente a tutti di raggiungere obiettivi soddisfacenti, potremmo scrivere un trattato di pedagogia su questo punto ma per economia di tempo non lo faremo.    

Non meno importante della ricaduta sulla sfera cognitiva e delle competenze, è il calcolo dei danni subiti dai più piccoli sotto l’aspetto socio emotivo, indubbiamente molti di loro  sono stati  fortemente penalizzati e le famiglie, anzi sopratutto  le donne, ne hanno pagato le conseguenze.  Se certe riflessioni  apparissero  troppo teoriche e  poco convincenti, allora si potrebbe provare  a simulare  una giornata tipo di un docente in una classe dimezzata in modalità mista. Una metà degli studenti seguirebbero in presenza, distanziati,  l’altra metà, tramite dispositivi elettronici, a distanza. Per restare con i piedi per terra, quella della classe per intenderci, perché non prova l’assessore a chiedere ai docenti qual è la qualità della  connessione wifi negli ambienti degli istituti scolastici del territorio? Non so, nelle aule di laboratorio, nelle aule ai piani inferiori, tanto per dirne alcune.  Ammesso  e non concesso che il servizio risulti eccellente ovunque, cosa che mi sentirei di escludere con certezza,  quale rocambolesca acrobazia   dovrebbe affrontare il docente per seguire con successo l’una e l’altra parte degli alunni? Contorsionismo pirotecnico  fra  cattedra,  lavagne, slides,  banchi,  pc,  tablet o cellulari e magari anche palestre esterne e laboratori tecnici.   Metà in video, metà in presenza, un occhio di qua uno di là, un orecchio in classe e l’altro in cuffia, non oso immaginare cosa avverrebbe per le prove di verifica.  Il punto è che pensare ad una didattica del genere, anche al massimo dell’efficienza tecnologica,  significa nella pratica ridurre l’operato del docente  ad un vecchio modello trasmissivo del sapere, che potrebbe ancora funzionare per le accademie ma è pericolosamente statico ed improduttivo per la scuola di ordine inferiore.   Questo suggerisce  un’altra riflessione  importante su cui soffermarsi meglio; non si  può  proporre  una  reductio, una  soluzione unica per i diversi ordini e gradi di istruzione, le esigenze del pubblico scolastico variano a seconda delle aspettative  e del grado di autonomia dei discenti. La DAD prolungata  è  devastante per i più piccoli e per molte forme di disabilità. Ricordo all’assessore che  uno sforzo suppletivo hanno dovuto affrontare i docenti di sostegno ed anche di questa peculiare esperienza  converrebbe informarsi  meglio nel dettaglio. Non bisogna mai dimenticare che gli studenti non sono tutti uguali e certe soluzioni aumentano esponenzialmente  la fragilità.  Un docente serio lavora soprattutto su questa.

Per concludere e per  non restare nell’ambito della sterile critica,  facciamo uno sforzo per  contemplare possibili soluzioni.

L’utilizzo degli spazi aperti,  dei cortili, delle aree verdi, per quella che io già da marzo immaginavo come una plausibile,  immediata alternativa  d’emergenza – mi piaceva pensarla come un’esperienza   “peripatetica”  transitoria –  in vista della stagione fredda,  potrebbe essere pratica  sostituita con  potenziamenti di attività didattiche nei musei, non soltanto quelli cittadini, penso  anche alla rete di quelli della provincia.  Le discipline  storiche, artistiche, scientifiche come molte altre, potrebbero svolgersi in modo interattivo, flessibile e polifunzionale, distribuendo parte del carico umano, con turnazioni modulari,    in sedi di supporto,   come aule laboratorio di musei, fondazioni, associazioni culturali, università, biblioteche, archivi storici e spazi pubblici a disposizione. Questa  sarebbe visione e capacità progettuale, un esperimento  temporaneo che, strutturato bene, getterebbe le basi,  metterebbe in moto processi virtuosi di collaborazione e valorizzazione territoriale, ispirata a soluzioni innovative e finalmente  di tipo dinamico.

Ricordo che il Sindaco di recente ha pubblicamente dichiarato  di avere  in cantiere molti progetti con le scuole e che la pandemia ha interrotto sinergie importanti  tra cultura ed istruzione. Bene! Ci sono voluti due anni di mandato, un Sindaco con  delega alla cultura, un passaggio di consegne tra assessori all’istruzione  e tanta pazienza da parte nostra.  Se non  si tratta dei soliti annunci senza riscontro, è arrivato il momento di dimostrarne lo spessore.