Entrare a Santa Caterina a Galatina è, per chiunque, un vero momento di vertigine. Che non esistano luoghi di marginalità per l’arte dovrebbe essere ormai affermazione sin troppo banale, che esistano luoghi d’arte di straordinario interesse che abbiamo il dovere di non far soffocare da un’idea di turismo pensato come un estivo sciamare assolato sembra cosa più complessa.
GALATINA, IN TERRA D’OTRANTO, fu per secoli centro nodale di culture, religioni (greca e latina), politiche e intrighi europei, di arte complessa in virtù del continuo scambio tra varie, e più o meno vicine, sponde del Mediterraneo e entroterra di antiche culture. La chiesa di Santa Caterina, un cantiere durato dal XIV al XVII secolo, è appunto il vertiginoso racconto per figura di questa complessità e poco, rispetto all’importanza dell’edificio o forse proprio per questo, la critica si è misurata con esso. Da ultimo, ci prova un grande volume scritto da Raffaele Casciaro (La Basilica di Santa Caterina d’Alessandria in Galatina, Congedo, euro 99) che riesce a coniugare la indispensabile capacità di far conoscere anche ai non addetti ai lavori l’importanza luminosa di quella chiesa e il rigore scientifico, il tutto associato a una campagna fotografica che, nella sua straordinaria estensione, si fa anch’essa strumento di approfondita conoscenza.
UNO TRA I MOLTI PREGI dello studio di Casciaro è l’aver guardato alla chiesa, al convento, all’enorme ciclo di affreschi che decora la chiesa come a un organismo da valutare da un lato in ogni sua parte con acuta attenzione, ma anche nel suo insieme, come a una straordinaria macchina la cui visione parziale avrebbe lasciato, ancora una volta, troppi giudizi sospesi. Pur nella differenza di epoche in cui l’intero monumento è stato costruito e decorato, la chiave di lettura dirimente non può che essere questa.
L’INSOLITA ARCHITETTURA, ad esempio, presenta già degli elementi di citazione della grande stagione del romanico pugliese, in primo luogo la chiesa di fondazione normanna dei Santi Niccolò e Cataldo della vicina Lecce, intesi già sul finire del Trecento, come un autorevole antico. Così la statuaria, i monumenti funebri, opere di scultori locali molto aggiornati sulle ricerche tardo gotiche e disposti a ben comprese aperture rinascimentali. Ma soprattutto è la straordinaria pelle pittorica della chiesa, alla cui creazione si succedettero diverse botteghe, nella fase più aurea tutte nel primo quarto del 400, ad attrarre lo sguardo dentro un clima rovente di stili e di diversi maestri, di vera e propria koinè tardo gotica in cui la cultura padovana si incontra con quella aragonese-napoletana e poi siciliana e quindi, meno accentuata, d’Oltralpe, per poi risalire l’Adriatico, fermarsi in Abruzzo e nel centro Italia. Il tutto trasformando ogni centimetro della chiesa in una costante officina di maestri probabilmente quasi tutti locali.
LA STRADA INTRAPRESA da Casciaro per muoversi in questo difficile spazio si intende a poco a poco, mentre si procede nella lettura del volume. L’accuratissima e minuziosa descrizione della storiografia e della critica sviluppatasi attorno al monumento, nonché dell’architettura, delle opere scolpite, delle pitture e delle loro iconografie che, a una prima lettura, sembra pensata per introdurre al monumento chi è paziente ma meno esperto di esegesi biblica, storiografica e di potere, in realtà cela un’attenta e convincente ricostruzione critica che, non cercando impossibili nomi a cui attribuire anche solo parti della chiesa, pone il lettore davanti all’individuazione precisa di un momento fondamentale dell’arte del Sud Italia e di tutto il Mediterraneo che leva alla chiesa, pur nel suo splendore, quel carattere di unicum che spesso l’ha sottratta al ruolo di fulcro di irraggiamento di stili che spalancavano a nuovi tempi l’arte.
L’aver scelto una scrittura puntuale e scarna, che rimanda e accompagna costantemente il lettore a vedere attentamente di cosa si sta parlando, assume l’idea per cui «il vedere è giudizio e insieme metodo» . Così il libro si fa anche e per tutti lezione di critica e storia dell’arte.