di Francesco Verderami
ROMA Sul Rosatellum l’accordo formalmente è pronto: sul testo e persino sul timing parlamentare. Il voto alla Camera è previsto tra il 9 e il 12 ottobre, cioè una settimana prima che al Senato inizi l’esame della legge di Stabilità. E pensare che Gentiloni aveva chiesto di non sovrapporre l’iter della riforma alla legge di Stabilità, per evitare quei problemi alla Finanziaria su cui ora pesa l’invito di D’Alema a Mdp di «togliere la fiducia» al governo, proprio in risposta all’intesa sul sistema elettorale.
Sta di fatto che l’ultimo incontro per mettere a punto il patto si è tenuto ieri mattina a Montecitorio, e come ai tempi del «tedesco» sono stati in quattro a stipularlo: oltre ai capigruppo del Pd (Rosato), di Forza Italia (Brunetta) e della Lega (Giorgetti), c’era il rappresentante di Ap (Lupi) al posto del collega grillino. Altro modello, altra maggioranza. Bisognerà vedere se ci sarà anche un altro esito rispetto a quello fallimentare di giugno.
Non a caso nessuno si sbilancia sul pronostico: tra l’opposizione dei Cinquestelle e di Mdp, il mal di stomaco pubblico della Meloni e i mal di pancia a stento trattenuti di democratici e forzisti, a Montecitorio si rischia un altro flop. Ma stavolta non ci sarebbe un altro giro: «È l’ultima chance», ha fatto sapere Renzi a Berlusconi. Così da soffocare sul nascere la speranza del Cavaliere di rilanciare in corso d’opera sul proporzionale: «Se il Parlamento bocciasse questo nuovo testo — ha avvisato il segretario del Pd — ci terremmo il doppio Consultellum».
Renzi ha parlato al leader forzista perché sentissero anche al Colle, dove Mattarella sarebbe propenso a concedere il voto in marzo solo in presenza di una riforma elettorale. Ed è chiaro che le resistenze del Quirinale cadrebbero se il Parlamento avesse intanto affondato «l’ultima chance». Ecco cosa lascia perplesso Berlusconi, ecco da dove nasce quel misto di scetticismo e preoccupazione che si avverte nei ragionamenti di Gianni Letta: Renzi ci sta o ci fa? È della partita o si limiterà ad osservarla da bordo campo?
Non è sul testo che il Cavaliere nutre dubbi. Al contrario di quanto ha voluto far sapere, non «attende di vedere prima le carte». Anche perché su quelle carte c’è già la sua firma e sono comprese molte sue richieste: a partire dalla distribuzione dei seggi, divisi tra maggioritario (37%) e proporzionale (63%). Ma soprattutto c’è la sua impronta sulla norma in base alla quale verrebbero assegnati alla coalizione i voti delle liste collegate che non raggiungessero la soglia del 3%. Proprio quelle liste — (animalisti, indignati, pensionati e altro ancora) — che Berlusconi è pronto a far presentare per limare quanto più possibile le unghie ad alleati e avversari. Con buona pace per la formazione della «quarta gamba» di centro-destra.
Soprattutto il Rosatellum gli consentirebbe di correre in coalizione senza doversi assoggettare al listone unico con Salvini, prospettiva che fa venire l’orticaria anche al segretario della Lega. E infatti il Carroccio è favorevole al Rosatellum, immaginando già di lucrare sui collegi maggioritari al Nord: se mai la riforma verrà approvata, la trattativa sulla spartizione delle candidature in comune sarà roba da stomaci forti. Nel centro-destra come nel centro-sinistra, dove i parlamentari del Settentrione già si contorcono all’idea di correre nei collegi maggioritari, soprattutto in Lombardia e Veneto. Ecco alcuni dei fattori che potrebbero condizionare i voti a scrutinio segreto della Camera. Ed ecco la domanda: Renzi ci sta o ci fa? Tre settimane e si saprà la risposta.
Qualora il testo superasse le forche caudine di Montecitorio, si tenterebbe un’accelerazione per farlo votare subito al Senato. A quel punto cambierebbe la tattica dei partiti, non la strategia. Perché dietro la parvenza di un sistema fondato sulle coalizioni si cela un meccanismo utile alle larghe intese. Non avendo un premio di maggioranza, il Rosatellum, potrebbe sottrarre seggi ai grillini con i collegi maggioritari. Questo in teoria (ma solo in teoria) avvantaggerebbe le forze che sulla carta (ma solo sulla carta) potrebbero formare una maggioranza di governo. Perciò Di Maio attacca la riforma «che è fatta contro di noi». Perciò Bersani sostiene che la riforma «è un orgasmo per il trasformismo». Perciò non si sa se la riforma verrà approvata. Nè Berlusconi sa se davvero Renzi ci sta o ci fa.
- Giovedì 21 Settembre, 2017
- CORRIERE DELLA SERA
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