Il selfie con Stefano Bonaccini, e la notte elettorale passata a Bologna nel quartier generale del riconfermato presidente emiliano romagnolo, hanno messo di buonumore Eugenio Giani. Soprattutto l’hanno convinto che per affrontare al meglio le elezioni toscane ci sarà bisogno di una buona dose di diplomazia per accordare i suoni con le 18 sigle che hanno deciso di sostenerlo. Specialmente con l’Italia Viva di Matteo Renzi, che in Toscana esordirà in una competizione elettorale, e che ha un estremo bisogno di portare a casa un buon risultato.
Renzi sogna la doppia cifra, e come è nel suo costume l’ha anche detto pubblicamente. Così l’amico Eugenio sembra deciso a non presentare una “lista del presidente”, come quella che ha portato in dote il 5,8% a Bonaccini, per il semplice motivo che andrebbe a pescare consensi proprio nell’elettorato potenziale di Italia Viva. Di più: sui media locali si dà già per certa la discesa in campo del senatore di Rignano sull’Arno come capolista nell’area metropolitana fiorentina. La legge glielo permette, salvo poi obbligarlo a scegliere nel dopo elezioni fra la carica di consigliere regionale e quella di senatore. Soprattutto glielo chiedono i suoi fedelissimi, che dopo aver visto quanto ha preso il Pd in Emilia Romagna, e ben sapendo quanto sia radicato il partito toscano, hanno una gran paura di non raccogliere quanto sperato dal leader.
“Renzi in camper per la campagna elettorale”, ha già titolato a effetto Rtv38, la seguita emittente regionale che alla Leopolda dell’ottobre scorso dedicò una diretta non-stop dal venerdì alla domenica. Possibile, anzi probabile. Perché una cosa è certa: ancor più dei tanti elettori del Pd, sono i quadri del partito toscano ad aver vissuto l’addio di Renzi come un vero e proprio tradimento. E il trattamento riservato agli scissionisti, da queste parti, non è mai stato tenero. Basta chiedere per informazioni a Enrico Rossi, uscito per andare in Leu, e peraltro tornato a Canossa poco dopo le politiche del 2018.
Così, se il diplomatico Giani appare disposto a dare una mano all’amico Matteo (“al momento non ho previsto una lista a mio nome”), di tutt’altro avviso sono i dirigenti dem. “Una lista Giani presidente? Io sono assolutamente favorevole – dice la segretaria toscana Simona Bonafè, ex renziana di ferro – certamente non leva voti al Pd, che come abbiamo visto in Emilia ha raggiunto un grande risultato. Tutto ciò che serve ad allargare è utile”. “Io sono favorevole – conferma Stefano Vaccari, responsabile organizzazione del Pd – ma la decisione spetta ai toscani”.
Insomma nella regione c’è già aria di derby fra i tanti che sono rimasti e i pochi che sono usciti dal Pd, in quella che era un’autentica armata negli anni del renzismo trionfante, dalle primarie del 2013 alle europee del 2014 fino alle regionali del 2015. E già si prospettano scontri al calor bianco nei collegi dove i fedelissimi di Matteo contano di far risultato, con il Pd pronto a mettere in campo propri esponenti di rilevo.
Per giunta Renzi proprio non ce la fa, come evidenziato ieri nel corso di una intervista a Radio Capital, a riconoscere serenamente, pacatamente, che alla resa dei conti il Pd in Emilia Romagna ha raggiunto un risultato di assoluto rilievo. E Giani, anche lui ex renziano di ferro ma di antica matrice nel Psi nenciniano, dovrà continuare a mediare: “La mia intenzione è di collaborare con tutti i 18 simboli che mi sostengono. Vedremo quel che sarà più giusto fare per vincere. E comunque io userò il simbolo del Pd, con Zingaretti ho impostato un ottimo rapporto”.