di Massimo Franco
Stanno emergendo due novità. La prima è che si profila in Senato una nuova maggioranza parlamentare, fondata sul patto del Nazareno tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. La seconda è che ne fanno parte gran parte del Pd e di FI, e il Nuovo centrodestra. Ma per paradosso, mentre spunta una sorta di rinnovata unità Berlusconi-Alfano in vista dell’elezione del capo dello Stato, sulla legge elettorale il partito del premier perde 29 senatori su 102. La componente che fa capo all’ex segretario Pier Luigi Bersani non vuole votare il cosiddetto Italicum : i cento capilista bloccati, voluti da Berlusconi sono indigesti in quanto «nominati» dai leader. Si tratta di capire quali saranno le conseguenze sul Quirinale di questo mutamento di scenario e di rapporti di forza. Il fatto che Renzi abbia deciso di andare avanti dopo il colloquio con Berlusconi a Palazzo Chigi significa che l’accordo tra i due si sta cementando. E il «placet» dell’ex premier al premio alla lista vincente dimostra che le intese con palazzo Chigi vanno oltre quelle conosciute. Se ci fossero le elezioni ora, FI non potrebbe aspirare nemmeno al ballottaggio. Dunque, Berlusconi si muove ormai in un’ottica che va al di là del partito. Per questo gli avversari dentro FI parlano di «suicidio». La verità è che Pd e FI ritengono di potere eleggere da soli il capo dello Stato. È la conferma di un patto asimmetrico, nel quale Renzi ha la possibilità di imporre il suo schema. L’imprevisto, forse, è stato l’abbandono rumoroso dell’ex sindacalista Sergio Cofferati dopo le irregolarità nelle primarie in Liguria: un episodio che ha smentito la pacificazione del Pd alla vigilia del voto per il Quirinale; e segnalato la nascita di «assi del Nazareno» anche a livello locale. E si somma al «no» all’ Italicum di almeno ventisei dei ventinove senatori. È probabile che la legge passi comunque prima del 29 gennaio grazie ad un emendamento che annulla gran parte degli altri. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, spiega che «i numeri ci sono. Siamo tranquilli». A Palazzo Madama dovrebbe esistere un margine di sicurezza di almeno una decina di voti rispetto alla soglia minima di 161. Il problema è il prezzo politico: la spaccatura del Pd. E sono i contraccolpi sulla scelta del presidente della Repubblica. L’ipotesi di una candidatura votata dal grosso di Pd e FI e dal Ncd di Alfano diventa plausibile: sempre che i margini del Senato reggano a Camere riunite.
Il tentativo del M5S di opporsi «a tutti i costi» all’ Italicum per agganciare il Pd non renziano prefigura una maggioranza alternativa. Insomma, come si prevedeva la competizione sta diventando dura. Verrebbe da dire che quanto è accaduto ieri rende la situazione più chiara. La condizione, però, è che lo «schema del Nazareno» conduca rapidamente al risultato programmato da Renzi e Berlusconi per il Quirinale. In caso contrario, sarà il caos dagli esiti più imprevedibili.