Pochi volontari per i monoclonali il via al farmaco slitta a ottobre

La molecola della Tls di Siena ha in Toscana la maggior parte di pazienti che aderiscono alla sperimentazione: ” Sono 200, dobbiamo arrivare almeno a 350″
di Michele Bocci
Ancora due mesi di attesa, se tutto andrà bene, per l’anticorpo monoclonale di Toscana life sciences, la fondazione pubblica che lavora da mesi, sotto la guida di Rino Rappuoli, a un nuovo farmaco contro il Covid.
Nel tempo ci sono stati vari slittamenti, dovuti all’inizio a questioni amministrative e poi al calo di circolazione del virus. Per portare avanti le sperimentazioni sono necessari volontari positivi al coronavirus, persone difficili da trovare. La sperimentazione sull’efficacia dell’anticorpo individuato nei laboratori di Siena dovrebbe coinvolgere 800 persone in 14 centri in tutta Italia. Siamo però ancora lontani da quel numero. «Al momento le persone arruolate nello studio sono 200 — spiega Fabrizo Landi, presidente di Tls — Se però arriviamo a 350 possiamo presentare il dossier ad Aifa e chiedere un’autorizzazione per uso emergenziale. In questo modo potremmo intanto essere pronti ad ottobre».
Le prime fasi della sperimentazione hanno già chiarito che l’anticorpo monoclonale è sicuro, adesso si deve provare la sua efficacia e anche quale sia il dosaggio migliore. Per questo ci sono tre gruppi di persone alle quali viene iniettata in intramuscolo una certa quantità del medicinale e uno che prende il cosiddetto placebo. Ovviamente nessuno, neanche tra i medici dei centri che fanno la sperimentazione, sa a quale gruppo appartengono le varie persone.
Oltre la metà dei volontari sono stati arruolati in Toscana. La nostra Regione ha deciso di inserire nelle richieste di tampone il consenso informato ad essere chiamati nel caso di positività. In questo modo si intercettano tutti coloro che sono stati contagiati dal coronavirus e gli ospedali possono proporre loro di partecipare alla sperimentazione. « Al momento sono pochissimi quelli che ci dicono di sì, diciamo uno ogni 50 — spiega Francesco Menichetti, primario di malattie infettiva a Pisa, centro che ha arruolato una quarantina dei volontari — Il punto è che oggi la gran parte delle persone che si infettano sono giovani e quindi hanno pochissimi sintomi e una prospettiva di malattia blanda. Non sono molto disponibili ad impegnarsi in un protocollo impegnativo anche dal punto di vista dei tempi. Tanto più in un periodo come quello estivo».
I monoclonali di Tls, così come quelli già disponibili, dovrebbero servire a far scomparire il virus e si pensa di utilizzarli nelle persone che rischiano di più di avere esiti della patologia pesanti. L’importante è intercettarle presto, quando ancora praticamente non ci sono sintomi, altrimenti il medicinale non funziona. «Questo tipo di pazienti adesso non si trovano — dice sempre Menichetti — perché la gran parte dei soggetti fragili ormai sono vaccinati. E infatti abbiamo molti meno ricoveri. Però sarebbe importante approvare il monoclonare di Tls, che è di seconda generazione e per ora è l’unico che si fa in via intramuscolare».
Landi spiega che i centri toscani di Firenze, Pisa e Siena sono quelli più avanti, anche grazie al consenso informato dato al momento del tampone. « Adesso il nostro obiettivo è dimostrare che l’anticorpo azzera l’infezione, cosa che si può chiarire al di là dell’età e della fragilità del volontario. Poi avvieremo studi paralleli anche sulla capacità di ridurre la gravità dei sintomi».
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