Esemplifica l’atteggiamento del governo nei confronti della competenza il ritenere che le relazioni tecniche mascherino scelte politiche, come è stato detto a proposito di un asserito ruolo dell’Inps nella vicenda del decreto Dignità. Ma anche la mediazione trovata per la direzione generale del Tesoro e la Cassa Depositi e Prestiti la dice lunga sugli equilibrismi dello spoil system all’italiana. Si comincia a procedere, dunque, tra sospetti nei confronti di chi è competente e timori di complotti. Non bastavano gli attacchi a Tito Boeri, presidente dell’Inps, o indirettamente a Daniele Franco, Ragioniere Generale dello Stato, per il presunto inserimento clandestino, nella relazione al predetto decreto, del dato degli 8 mila contratti di lavoro a termine che potrebbero non essere rinnovati. Non bastava una concezione dell’Istat come ente la cui attività deve convergere con quella del governo. Non bastavano l’invenzione di complotti o le indistinte minacce da bar alle banche che «dovranno pagare», secondo il vicepremier Luigi Di Maio, per la loro presunta arroganza e per un asserito mancato rispetto dei risparmiatori e dello Stato. Né erano sufficienti le reazioni sgangherate alle decisioni e agli indirizzi dell’Unione, la quale è contestabile per non poche e importanti ragioni, ma allo scopo si richiede che ciò sia fatto dal governo con rigore, precisa conoscenza della materia e adoperandosi per le necessarie alleanze. Né ancora evidentemente apparivano esaustive le non tanto velate critiche al ministro dell’Economia Giovanni Tria, che tarderebbe a conferire le deleghe ai sottosegretari e addirittura si sarebbe macchiato del gravissimo atto di confrontarsi con la Banca d’Italia ai fini della preparazione della Legge di Bilancio: una critica, quest’ultima, mossa senza tema del ridicolo. A un certo punto Tria è divenuto quasi un ostacolo, per la sua preparazione e il rigore istituzionale, ai disegni spartitori, coltivati dalla maggioranza, di cariche pubbliche, emblema dei quali sono stati gli straordinari rinvii della decisione approdata, poi, con una mezza resipiscenza alla opportuna e apprezzabile scelta di Alessandro Rivera quale direttore generale del Tesoro, ma nel contempo pure alla designazione di Fabrizio Palermo quale ad della Cdp, che sacrifica Dario Scannapieco, un tecnico di grande valore la cui nomina era data per scontata anche per l’armonia professionale e strategica che si sarebbe creata con quello che sarà il futuro presidente, Massimo Tononi. Bisognerà ora verificare quale sarà l’atteggiamento di quest’ultimo, personaggio di elevata caratura intellettuale e di grande competenza ma anche di forte autonomia di giudizio. In questo contesto, che presenta solo qualche luce (la designazione di Rivera) mancava un attacco all’alta burocrazia delle authority, che però puntualmente è sopravvenuto ed è stato mosso da alcuni parlamentari della maggioranza contro Mario Nava, presidente della Consob, accusato di essere incompatibile con l’autonomia e indipendenza dell’autorità perché distaccato dalla Commissione Ue e dunque beneficiario di una sostanziale immunità. Intorno a questa vicenda, che ha anche lati oscuri, c ‘è di tutto meno che il rigore, la competenza e la trasparenza che occorrerebbero. Nava ha fruito del distacco e non dell’aspettativa perché questa è la prassi della Commissione Ue e perché lo stesso governo italiano guidato da Paolo Gentiloni ritenne di chiedere tale forma di sospensione del rapporto di lavoro in considerazione del fatto che Nava è titolare di una delle più importanti Direzioni della Commissione, con competenza anche in tema di crisi bancarie, ed è ritenuto opportuno conservare per il futuro, nell’interesse del Paese, quella posizione. È poi tutto da verificare se questo status conceda l’immunità che viene azzardatamente prospettata. Quanto poi alla durata del distacco di 3 anni, inferiore a quella del mandato di presidente di 7 anni, va osservato che è chiaramente vigente la rinnovabilità di tale condizione. L’argomento era stato sollevato alcuni mesi orsono, poi era stato lasciato cadere per la sua inconsistenza e perché si era consapevoli che su distacco e nomina si sono pronunciati non rilevando ostacoli tre uffici giuridici, della Commissione, del governo e del Quirinale. In questo tempo Nava, cogliendo anche l’occasione dell’annuale Relazione al mercato dell’authority, ha parlato precisando bene il programma della sua presidenza. Il filo rosso della Relazione è stato quello di una Consob proattiva, che parla con gli operatori e con i risparmiatori-investitori, che esercita una moral suasion e che sanziona con efficacia. Insomma, è apparso chiaro un intento di discontinuità, senza dismettere tuttavia gli avanzamenti che pure si sono segnati nella passata conduzione dell’autorità. Da questa impostazione di carattere generale discende tutta una serie di conseguenze, a cominciare dal rapporto tra il collegio di vertice e le strutture della Consob che vedano i commissari in un ruolo più ampio di quanto in passato era invalso secondo una visione attendista del lavoro di tali strutture, mentre va sollecitata un’opera di propulsione e di indirizzo, avendo presente che la Consob non esercita soltanto funzioni paragiurisdizionali ma ha una gamma di attribuzioni, a cominciare dalla regolamentazione, ben più ampia di quella sanzionatoria. Alla lunga quest’ultima funzione potrebbe addirittura avere un’allocazione istituzionale in qualche modo separata, tenendo conto dei caratteri del giusto processo vigenti anche per la Consob e del previsto doppio binario per le violazioni che si concretino nella manipolazione del mercato, secondo quanto sancito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Quest’ultima ha ribadito il principio universale di civiltà giuridica «ne bis in idem», riferito ai procedimenti amministrativi sanzionatori della Consob, nel caso della manipolazione del mercato, che possono avere una sostanza vera e propria penale e ai procedimenti davanti all’autorità giudiziaria. L’argomento è stato affrontato dal commissario Giuseppe Berruti in un’audizione parlamentare. Di questi temi bisognerebbe discutere, essendo possibili tesi condivisibili ma anche tesi contrarie con le quali confrontarsi dialetticamente. Ampio spazio, da quanto si sa, il presidente Nava intende dare alla partecipazione dei dipendenti, che tradizionalmente in Consob si distinguono per preparazione e impegno. Cruciali sono i temi della trasparenza, correttezza e diligenza negoziale come affrontati, tra l’altro, dalle modifiche apportate e da apportare ai prospetti. Ma, come si è detto, ciò passa in secondo piano in nome di una opaca e pericolosa guerra che si è iniziato a muovere contro Nava, ascrivibile, anch’essa alla generale azione di contrasto della competenza. La Repubblica non ha bisogno di filosofi e di competenti, fu detto durante il periodo più buio della Rivoluzione Francese.
Milano Finanza – Angelo De Mattia – 21/07/2018 pg. 15 N.143 – 21 luglio 2018.https://www.milanofinanza.it/