Trecentonove cortei «contro la guerra e a favore del Clima»: oltre 220 mila tedeschi scesi in piazza per chiedere lo stop alla fornitura di armi all’Ucraina e fermare l’import della valanga di gas prevista dal governo Scholz. Da Berlino a Monaco, da Amburgo a Colonia, passando per Francoforte, Hannover, Brema, Acquisgrana, i pacifisti hanno scandito lo slogan coniato per ribadire l’unica via d’uscita dalla spirale bellica: «People, not profit».
PAROLA D’ORDINE globale, visto che il primo venerdì contro la guerra ha innescato la parallela protesta in tutto il mondo, con capitali e capoluoghi europei invasi da decine di migliaia di irriducibili «pacefondai»: Parigi, Madrid, Bruxelles, ma anche Vienna, Bristol, Edimburgo, Tirana, Lisbona, Atene, più le città africane, asiatiche ed americane. In totale, oltre mille eventi collegati allo “sciopero” per la pace e la giustizia climatica, quasi un terzo in Germania.
Messaggio diretto ai capi di Stato e leader politici che hanno (salvo eccezioni) già indossato l’elmetto, a partire proprio dal governo tedesco saltato ormai con entrambi gli stivali dentro la trincea dell’escalation bellica.
«PUTIN può fare la guerra in Ucraina solamente perché continuiamo a comprargli gas e carbone. Per anni abbiamo provato a fermare la costruzione di nuovi gasdotti; i nostri politici hanno invece preferito finanziare il regime di Mosca e le sue violazioni dei diritti umani piuttosto che investire nelle energie sostenibili. Per questo serve subito l’embargo totale di tutti i combustibili fossili», sintetizza Luisa Neubauer, portavoce nazionale del Fridays For Future, tra gli organizzatori della mega-manifestazione insieme al cartello di altre 15 associazioni.
UNA VERA E PROPRIA stoccata alla ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, che ha dovuto ammettere «a malincuore» la realtà indigeribile non solo per gli ambientalisti: il governo formato da Spd, Verdi e liberali guidato dal cancelliere Olaf Scholz è già diventato il primo fornitore di armi al governo di Volodymyr Zelensky. Sono passati appena 100 giorni dalla formazione della coalizione autobattezzatasi «del futuro e social-ecologista».
Fa il paio al negativo con la clamorosa visita in Qatar per «elemosinare» il gas del numero due del governo: Robert Habeck, super-ministro con doppia delega a Economia e Protezione del Clima, pronto a sostituire i metri cubi attualmente forniti da Gazprom via Nordstream-1 con lo stock – non meno sporco sotto il profilo dei diritti umani – degli emiri del Golfo.
IN PIÙ, a sentire i pacifisti, pesa non poco lo sconto di Stato su benzina e gasolio che «fa inorridire» e si traduce nella «sovvenzione mascherata delle fonti fossili». Insomma, l’esatto contrario delle promesse dei Verdi scolpite nel patto di governo ratificato dagli iscritti.
Non a caso i Grünen ieri hanno appoggiato la manifestazione fingendo di dimenticare i 100 miliardi di euro appena stanziati per ricostruire l’esercito tedesco: il manifesto del partito caricato sul web spazia dal riscaldamento globale alla rivoluzione energetica, ma la parola armi non viene scritta neppure per sbaglio.
IN COMPENSO, rimbalza su tutti i media la pesante denuncia dal corteo di Berlino di Ilyess El Kortbi, attivista del Clima appena fuggita dall’Ucraina insieme agli altri 100 mila rifugiati in Germania censiti ieri dal ministero dell’Interno. «Dovete smettere di pagare questa guerra. Finite di comprare il gas e il petrolio da Putin, altrimenti siete degli ipocriti. Siete esattamente voi che ci avete fatto arrivare fino a Berlino, pagando le bombe che i russi lanciano sopra le nostre teste».
COLPO sotto la cintola del ministro Habeck, il più filo-ucraino dei Verdi già fin da prima dell’invasione russa. La sua promessa di accelerare la costruzione dei rigassificatori «pronti entro il 2024» va letta alla luce della parallela ammissione che «fino alla fine del prossimo inverno non sarà possibile rinunciare al gas russo». Almeno così la traducono gli attivisti del Fridays For Future, mentre il motivo ufficiale è stato dichiarato direttamente da Scholz, preoccupato dall’incubo della «crisi sociale» assicurata in caso di stop troppo repentino agli attuali contratti energetici. Non basta, comunque, alla coalizione Semaforo per potere scandire «We stand with Ucraine» senza la denuncia del doppio-gioco cui partecipano attivamente anche i Verdi (di cui ha la tessera in tasca anche Luisa Neubauer).
MA NON COLLIMANO neppure i conti del ministro delle Finanze, Christian Lindner (Fdp), che paventa il crollo del made in Germany. «Vogliamo davvero continuare a trasferire ogni giorno centinaia di milioni alla Russia solo per evitare il calo del 3% della produzione economica?», è la domanda di Stefan Rahmstorf, professore di Fisica all’Università di Potsdam e fra gli «Scienziati per il Futuro».