Immagine: eso1733q Onde gravitazionali generate dalla fusione di due stelle di neutroni. Gli scienziati hanno confermato che quando due stelle di neutroni molto piccole ma molto dense si fondono, esplodono in una kilonova producendo sia onde gravitazionali che un gamma-ray burst corto, entrambi osservati il 17 agosto 2017 rispettivamente da LIGO-Virgo e Fermi/INTEGRAL. Crediti: ESO/L. Calçada/M. Kornmesser
Inizia una nuova era dell’astrofisica moderna, cioè quella dell’astrofisica multi-messenger (o multifrequenza), perché per la prima volta è stata rivelata un’onda gravitazionale prodotta dalla fusione di due stelle di neutroni. Di per sé questa è già una scoperta epocale, perché le onde gravitazionali rilevate finora sono state create dalla fusione di due buchi neri. Ma ora c’è di più: per la prima volta è stata captata, dalle onde radio fino ai raggi gamma, la radiazione elettromagnetica associata alla poderosa esplosione avvenuta durante il fenomeno. Dalla fusione è stato scoperto, inoltre, che questi fenomeni portano alla produzione di elementi come oro e platino.
La scoperta è stata “portata a casa” da oltre 3500 scienziati (astronomi, fisici e tecnici) che hanno unito le forze utilizzando numerosi strumenti sparsi in diversi continenti. Per l’Italia si tratta di un risultato scientifico di primaria importanza, perché è tra i protagonisti a livello mondiale di questo straordinario risultato con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che ha fondato il rivelatore per onde gravitazionali Virgo, l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che ha “fotografato” e caratterizzato, tra i primi al mondo con strumenti da terra e dallo spazio, la sorgente denominata AT2017gfo e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che partecipa con satelliti dedicati all’astrofisica delle alte energie.
Il 17 agosto, alle 14:41:04 ora italiana, i due interferometri statunitensi LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory) e l’interferometro italiano Virgo intercettano l’onda gravitazionale GW170817. Dopo due secondi lo strumento GBM del satellite Fermi rivela il lampo gamma GRB170817A. Questo è l’inizio del racconto scientifico più emozionante degli ultimi mesi, perché trovare la controparte ottica (visibile) di una sorgente gravitazionale era ritenuto impossibile.
Nichi D’Amico, presidente dell’INAF: «Un grande successo per il Paese e un grande successo per il nostro Ente, l’unico al mondo che possiede al suo interno tutte le risorse intellettuali e strumentali per osservare l’Universo a tutte le lunghezze d’onda, da terra e dallo spazio. La presenza autorevole delle nostre ricercatrici e dei nostri ricercatori nel torrente di articoli che straripano oggi nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali è per noi motivo di grande soddisfazione e orgoglio».
Le osservazioni nella banda elettromagnetica (quindi dall’ultravioletto all’infrarosso) sono state ottenute da 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e osservatori spaziali, come Fermi e INTEGRAL, Swift, Chandra, Hubble, che hanno permesso di caratterizzare in modo chiaro l’origine dell’onda gravitazionale.
La rete di osservatori LIGO-Virgo ha circoscritto immediatamente la posizione della sorgente all’interno di un’ampia regione del cielo australe, della dimensione di parecchie centinaia di volte la dimensione della Luna piena, che contiene milioni di stelle. I telescopi dell’European Southern Observatory (ESO) hanno fatto il resto, identificando con precisione l’area di provenienza del segnale. La galassia NGC 4993 in direzione della costellazione dell’Idra a 130 milioni di anni luce da noi. Ciò vuol dire che la sorgente è sia l’evento di onde gravitazionali più vicino mai visto finora sia uno dei più vicini lampi di luce gamma mai osservati.
Cosa è successo? Separate inizialmente solo da circa 300 chilometri e dopo una mirabolante e pirotecnica danza vorticosa l’una attorno all’altra, le due stelle di neutroni (i nuclei residui dall’esplosione in supernovae di due stelle massicce) si sono prima scontrare e poi fuse emettendo onde gravitazionali che sono state osservate per circa 100 secondi. Lo scontro ha causato l’emissione di un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato dai satelliti in orbita attorno alla Terra (Fermi e INTEGRAL) circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali.
Il lavoro degli astronomi è andato avanti per settimane, raccogliendo una mole di dati preziosa e unica nel suo genere. «Ci sono rare occasioni in cui uno scienziato ha la possibilità di assistere all’inizio di una nuova era», ha commentato entusiasta Elena Pian, astronoma all’INAF e prima autrice di uno degli articoli pubblicati da Nature. «E questo è uno di quei momenti!».
I telescopi a terra e quelli orbitanti hanno stimato che le masse degli oggetti spiraleggianti siano state da 1,1 a 1,6 volte la massa del Sole. Ricordiamo che le stelle di neutroni sono le stelle più piccole e più dense esistenti nel nostro Universo (sono così dense che un cucchiaino della materia di cui sono composte pesa circa un miliardo di tonnellate).
Inoltre, mentre i sistemi binari di buchi neri producono segnali (“chirp”) che durano una frazione di secondo nella banda sensibile di LIGO e Virgo, il chirp del 17 agosto è durato circa 100 secondi ed è stato visto attraverso l’intero intervallo di frequenza di LIGO – simile a quello dei comuni strumenti musicali. Gli scienziati hanno così potuto identificare la sorgente del segnale in oggetti che erano molto meno massicci dei buchi neri finora osservati.
L’esplosione ha dato vita a uno dei fenomeni più energetici che si possano studiare: la kilonova. Predette più di 30 anni fa, questa è la prima volta che si raccoglie una chiara e definitiva prova dell’esistenza delle kilonovae (parzialmente osservate nel 2013 da Hubble). Mentre le stelle ruotavano sempre più veloci e più vicine, stiravano e distorcevano lo spaziotempo circostante, emettendo una grande quantità di energia sotto forma di onde gravitazionali, prima di fondersi l’una nell’altra. Con la kilonova, il materiale rilasciato dalla collisione delle stelle di neutroni viene lanciato violentemente lontano nello spazio dando origine a processi di nucleosintesi di elementi pesanti. Gli strumenti ottici hanno confermato fusioni di stelle di neutroni che portano alla formazione degli elementi chimici “lantanidi” tramite il cosiddetto r-process (cattura neutronica veloce). Tra i tanti elementi che nascono da un’esplosione di kilonova vi sono oro, platino e in generale elementi più pesanti del ferro.
Roberto Battiston, presidente dell’ASI: «È una giornata storica per la scienza e si apre una nuova era per la ricerca spaziale. Da anni attendevamo la nascita dell’astronomia multi-messaggero che sfrutta i vari tipi di radiazione che raggiungono la terra dagli angoli più remoti dell’Universo. È stata confermata, ancora una volta, la validità della teoria della relatività di Einstein che prevede che anche le onde gravitazionali viaggino alla velocità della luce. L’ASI è già impegnata per raggiungere la prossima frontiera, la realizzazione del grande interferometro LISA per la rivelazione delle onde gravitazionali nello spazio, capace di moltiplicare di ordini di grandezza la sensibilità a questo nuovo tipo radiazione».