- Ben vengano le giornate della memoria. Servono a conoscere meglio il nostro passato, a fare i conti con i nostri errori per non ripeterli. E a ricordarci e farci capire, fra l’altro, che le foibe e la Shoah sono incomparabili.
- Perché non istituire allora una giornata per commemorare tutte le vittime del nazionalismo e dell’imperialismo italiano?
- Come data si potrebbe scegliere il 19 febbraio, giorno di inizio dei massacri di Addis Abeba, quando in soli tre giorni gli italiani uccisero 30 mila civili etiopi.
Ben vengano le giornate della memoria. La conoscenza del nostro passato è importante, fondamentale anzi, per non ripeterne gli errori.
Nel 2005 le Nazioni Unite hanno istituito una giornata internazionale in ricordo delle vittime dell’Olocausto, probabilmente il maggior crimine mai perpetrato da esseri umani contro altri esseri umani, in tutta la storia dell’umanità (è stato scelto il 27 gennaio, data della liberazione di Auschwitz nel 1945 da parte dell’Armata Rossa).
In Italia, già nel 2004, era stato istituito dall’allora governo di centro-destra un’altra giornata della memoria, il «giorno del ricordo», per ricordare i massacri delle foibe e l’esodo giuliano e dalmata (è il 10 febbraio, data della firma nel 1947 dei Trattati di Parigi che assegnarono l’Istria alla Jugoslavia).
La ricorrenza è stata voluta dalla destra ma, a differenza di quel che pensa lo storico dell’arte Tomaso Montanari, non vedo in questa decisione nulla di male.
Al contrario. L’errore della sinistra non sta nell’accettare che si parli delle foibe ma nel non averne voluto parlare per decenni, per non voler criticare la Jugoslavia di Tito e perché si pensava che in questo modo si sarebbe fatto un favore alle destre.
Studiamolo invece quel periodo, discutiamone. Così come studiamo i crimini del nazi-fascismo (e quelli del comunismo, e magari quelli del colonialismo europeo). Scopriremmo allora, fra l’altro, che nessuno storico serio si è mai sognato di paragonare le foibe alla Shoah. E non solo per questioni di numeri (le vittime delle foibe furono in tutto, secondo le ultime stime, meno di 4mila).
La Shoah fu il tentativo, sistematico e su larga scala, di un’ideologia razzista di cancellare dalla faccia della Terra addirittura una parte del genere umano, un intero popolo ritenuto inferiore.
Le foibe furono una rappresaglia a danno di italiani e fascisti, su base etnica ma anche politica, fatta dai partigiani titini ma figlia delle logiche di spietata competizione territoriale proprie del nazionalismo (le stesse logiche che avevano portato l’Italia fascista a invadere i Balcani) e ovviamente del clima drammatico della Seconda guerra mondiale, che proprio i nazi-fascisti avevano scatenato.
Tra i caduti delle foibe non vi furono solo fascisti e collaborazionisti, vi furono molti italiani perseguitati solo per la loro etnia: gli italiani innocenti sono in fondo vittime delle stesse logiche, nazionaliste, che l’Italia fascista rivendicava per prima e aveva portato con la forza in quei territori. Adesso, a parti rovesciate.
Ma c’è di più. Un grande paese, l’Italia, è grande non solo quando ricorda i crimini che sono stati commessi a danno dei suoi connazionali. Ma lo è anche, e anzi soprattutto, quando riconosce e ricorda i propri crimini.
Questo dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi giornata della memoria, in un paese libero e democratico (prendiamo esempio dalla Germania).
LA GIORNATA DELLE VITTIME DEL FASCISMO
Perché allora non istituire una giornata nazionale delle vittime del fascismo, la nostra ideologia criminale che abbiamo esportato in Europa e in Africa facendo centinaia di migliaia di morti e contribuendo anche all’ascesa del nazismo?
Meglio ancora: andrebbe istituita una giornata per commemorare tutte le vittime del colonialismo e dell’imperialismo italiano, comprendendo in essa il fascismo (soprattutto) ma in misura minore anche l’età liberale.
Noi abbiamo portato guerra e distruzione in Libia, in Etiopia, in Spagna, in Grecia, Jugoslavia, Albania, in Russia. In tutti questi casi siamo sempre stati noi gli aggressori, non c’era nessuna minaccia per la nostra sicurezza.
Abbiamo utilizzato le più atroci armi chimiche, a quell’epoca, vietate dalle convenzioni internazionali, per piegare la resistenza delle popolazioni in Libia e in Etiopia. Soltanto in Africa, secondo le stime di Augusto Del Boca le vittime del colonialismo italiano furono mezzo milione. E in aggiunta a tutto ciò, noi (solo noi) ci siamo inventati la beffa degli «italiani brava gente», una menzogna feroce cui tanti di noi credono ancora: andiamolo a dire alle migliaia di vittime delle rappresaglie dell’esercito italiano, in Grecia e in Jugoslavia, o ai civili di Barcellona morti sotto le bombe dell’aviazione fascista. Come ricorrenze da scegliere ce ne sarebbero diverse. Una può essere il 19 febbraio.
Nel 1937, cominciarono allora i massacri di Addis Abeba: in meno di tre giorni gli italiani (civili e militari) uccisero circa 30 mila civili etiopi, spesso bruciati vivi o ammazzati di botte; fra loro moltissime donne e bambini.
Forza allora: facciamo i conti con il nostro passato. Ma facciamoli per davvero. Ne usciremo un paese migliore.
Ma c’è di più. Un grande paese, l’Italia, è grande non solo quando ricorda i crimini che sono stati commessi a danno dei suoi connazionali. Ma lo è anche, e anzi soprattutto, quando riconosce e ricorda i propri crimini.
Questo dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi giornata della memoria, in un paese libero e democratico (prendiamo esempio dalla Germania).
LA GIORNATA DELLE VITTIME DEL FASCISMO
Perché allora non istituire una giornata nazionale delle vittime del fascismo, la nostra ideologia criminale che abbiamo esportato in Europa e in Africa facendo centinaia di migliaia di morti e contribuendo anche all’ascesa del nazismo?
Meglio ancora: andrebbe istituita una giornata per commemorare tutte le vittime del colonialismo e dell’imperialismo italiano, comprendendo in essa il fascismo (soprattutto) ma in misura minore anche l’età liberale.
Noi abbiamo portato guerra e distruzione in Libia, in Etiopia, in Spagna, in Grecia, Jugoslavia, Albania, in Russia. In tutti questi casi siamo sempre stati noi gli aggressori, non c’era nessuna minaccia per la nostra sicurezza.
Abbiamo utilizzato le più atroci armi chimiche, a quell’epoca, vietate dalle convenzioni internazionali, per piegare la resistenza delle popolazioni in Libia e in Etiopia. Soltanto in Africa, secondo le stime di Augusto Del Boca le vittime del colonialismo italiano furono mezzo milione. E in aggiunta a tutto ciò, noi (solo noi) ci siamo inventati la beffa degli «italiani brava gente», una menzogna feroce cui tanti di noi credono ancora: andiamolo a dire alle migliaia di vittime delle rappresaglie dell’esercito italiano, in Grecia e in Jugoslavia, o ai civili di Barcellona morti sotto le bombe dell’aviazione fascista. Come ricorrenze da scegliere ce ne sarebbero diverse. Una può essere il 19 febbraio.
Nel 1937, cominciarono allora i massacri di Addis Abeba: in meno di tre giorni gli italiani (civili e militari) uccisero circa 30 mila civili etiopi, spesso bruciati vivi o ammazzati di botte; fra loro moltissime donne e bambini.
Forza allora: facciamo i conti con il nostro passato. Ma facciamoli per davvero. Ne usciremo un paese migliore.
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