Noi, i forzati del sesso nelle viscere di Napoli: “In vendita senza futuro”

Uomini che vanno con uomini, in cambio di 15-20 euro a prestazione. «I soldi raddoppiano se accettiamo richieste particolari, come quella di non usare il preservativo», racconta Mohammed, 29 anni, nato nel Sud Sudan, arrivato in Italia nel 2009. Svolge questa attività da tre anni. Spiega di essere eterosessuale e di prostituirsi con persone dello stesso sesso perché è l’unica forma di sussistenza che riesce a trovare. Gina, la sua fidanzata di origine bulgara, con problemi di schizofrenia, conferma: «Mohammed non ha il permesso di soggiorno e quindi non può cercare un lavoro regolare. Ma è sempre più complicato trovarne uno anche in nero. Ci rivolgiamo a chiunque per avere una qualsiasi opportunità dignitosa. I più disponibili ci dicono che magari ci ricontatteranno quando ne avranno bisogno. Ma il nostro telefono da qualche mese squilla solo quando c’è qualcuno che vuole il corpo del mio fidanzato per una decina di minuti, massimo una mezz’oretta».

Noi, i forzati del sesso nelle viscere di Napoli: “In vendita senza futuro”

Mohammed sostiene di non aver alcun protettore, che anche per gli altri è lo stesso, che non è come per le ragazze che si prostituiscono nella medesima zona: «Loro, le moldave, le romene, guadagnano molti euro, anche centinaia di euro ogni sera, e questo attira l’attenzione di molti delinquenti. La nostra, invece, è una prostituzione molto povera e per questo ci è consento gestirla autonomamente. Ed è un bene. Perché quando non abbiamo voglia di prostituirci non lo facciamo. Quindi se lo desidero posso restare con la mia fidanzata tutto il giorno».

Le guardie giurate della Gesecedi, il servizio privato di vigilanza del Centro direzionale che pattuglia l’area ventiquattro ore al giorno, sostengono di conoscere bene il fenomeno, ma oltre a monitorarlo non possono fare altro, né per reprimerlo, né per contenerlo. Fino a qualche anno fa i ragazzi di vita di Napoli si ritrovavano all’esterno del Centro direzionale, nel vicino corso Meridionale, a due passi dalla Stazione centrale di piazza Garibaldi. Il continuo via vai di clienti, però, ha infastidito i residenti del quartiere e le proteste per le risse tra i giovani da marciapiede, dovute spesso all’eccessivo uso di alcol, ha spinto le forze di polizia ad aumentare i controlli; con la conseguenza che i clienti sono diminuiti, perché spaventati dalla possibilità di essere scoperti, e la piazza della prostituzione si è spostata nelle viscere del Centro direzionale.

Peraltro, alcuni prostituti già trovano riparo e vivono negli angoli bui e più isolati dei garage che servono gli uffici del business e dei servizi di Napoli, compresi quelli della regione Campania, del Tribunale e dell’Università. Zone isolate e poco illuminate, al riparo da occhi indiscreti, sono le caratteristiche di tutte le aree d’Italia dove c’è il mercato del sesso tra uomini. Sempre col calar della luce, a Roma, per esempio, i giovani di vita si vendono nei pressi di Villa Pamphili, a Milano tra piazza Trento e l’ortomercato, a Torino nei parchi della Pellerina e della Colletta nelle vicinanze del Cimitero monumentale.

«A spingerli a quest’attività non è la malavita organizzata ma la disperazione, che cresce di anno in anno tra i soggetti più deboli», sottolinea Andrea Mormiroli, fondatore dell’associazione Dedalus, che a Napoli da 18 anni gestisce un progetto di riduzione del danno e centro ascolto per chiunque è costretto a prostituirsi, finanziato dal ministero delle Pari opportunità. «Quando abbiamo iniziato il progetto Fuori Tratta – spiega – i ragazzi che trovavamo per strada si prostituivano in maniera saltuaria, magari solo il fine settimana. E i guadagni servivano per lo più a integrare quelli del primo lavoro, spesso regolare. Serviva loro per la ricarica al telefonino e per comprare la maglietta della griffe del momento, con la speranza di riuscire a ottenere l’inclusione tra i coetanei più fortunati di loro. Con le crisi economiche degli ultimi anni, soprattutto con questa arrivata insieme alle restrizioni per il coronavirus, molti ragazzi sono stati espulsi dal mondo del lavoro. E trattandosi quasi sempre di attività irregolari, per le quali non è previsto alcun paracadute, per loro non c’è alcun ammortizzatore sociale. Per questo, c’è chi cade sui marciapiedi e qui rimane. Capita anche a ragazzi sposati e con figli, come per molti romeni di origine rom».

I prostituti di Napoli, mascherina annerita dallo smog in volto e abiti lerci addosso, compaiono nelle viscere dei grattacieli verso le 18. Fino all’alba soddisfano desideri sessuali di altri uomini e poi tornano a sparire chissà dove. Mohammed e la fidanzata hanno trovato un angolo nel mercato della frutta abbandonato di fianco al quartiere degli affari. Qui hanno posizionato un letto dove riposare, o almeno per provare a farlo. Sulle pareti del giaciglio senza finestre e senza acqua corrente il giovane sudanese disegna i suoi fantasmi. Ci sono graffiti di kalashnikov, carri armati e tank militari. Sono tutti in azione, con piogge di proiettili che vanno in ogni direzione. A Mohammed, quando aveva dodici anni, nel suo Paese fecero imbracciare un fucile da guerra e lo obbligarono a sparare a altri bambini per ucciderli. Gli spiegarono che se non lo avesse fatto sarebbe stato lui a morire. Arrivato in Italia sperava di essersi lasciato l’inferno alle spalle per sempre. Invece lo ritrova ogni giorno, ogni volta apre gli occhi e deve dare una risposta ai morsi della fame e alle esigenze della fidanzata.

La paura per il Covid-19 che prende nuovamente tutti in questi giorni non dimora qui. E non certo per un insensato ottimismo. Tra i ragazzi di vita di Napoli non c’è spazio per pensare a cose belle, perché qui anche aver paura è un lusso.

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