Dal 30 settembre un centinaio di opere della pittrice inglese invaderanno Firenze: una grande esposizione diffusa curata da Sergio Risaliti
di Elisabetta Berti
Impressionante Jenny Saville. Con i suoi macro corpi martoriati e la carnalità debordante in primo piano sugli enormi quadri, la pittrice inglese nata in seno agli Young british artists che nell’arco di vent’anni si è guadagnata un posto di primo piano tra le star dell’arte contemporanea, invaderà Firenze dal 30 settembre con una mostra diffusa organizzata dal museo Novecento e curata dal suo direttore Sergio Risaliti. Che si è ispirato a Giotto. « Durante il lockdown è capitato spesso che venisse aperto il portone della basilica di Santa Maria Novella. E da quaggiù s’intravedeva il Crocifisso di Giotto. Volevo fare la stessa cosa anch’io: aprire » . E infatti attraverso una vetrina antisfondamento l’ex cappella dello Spedale delle Lepoldine in cui ha sede il museo sarà presto visibile dall’esterno, di giorno e di notte; qui sull’altare verrà montato Rosetta II, il grande ritratto, parte di un trittico, che Jenny Saville ha realizzato di una giovane donna non vedente: collo reclinato, sguardo all’indietro, una posa che ricorda l’estasi mistica barocca. « Si crea così un’immaginaria conversazione con il Crocifisso, dall’altra parte della piazza» spiega Risaliti che nell’impresa di portare a Firenze un centinaio di opere di Saville provenienti da tutto il mondo ha ricevuto il fondamentale contributo economico dalle gallerie Gagosian. «Un bell’esempio di rapporto tra pubblico e privato» definisce lui la mostra promossa dal Comune e organizzata da Muse, « ma sarebbe un peccato che l’arte contemporanea fosse troppo sbilanciata sul privato. La Regione Toscana, per esempio, non ci ha sostenuto».
La crudezza capace di scandalizzare tipica del linguaggio della pittrice dei tormenti del corpo « creerà fortissima empatia nel pubblico » ne è convinto Risaliti, « specie in un momento come questo, in cui abbiamo tutti sofferto una tragedia collettiva, e la compassione e la pietas sono il sentimento comune. Non c’è più spazio per l’effimero».
La nuova vetrina sul museo Novecento rimarrà sempre aperta, a significare l’osmosi con la città che il direttore persegue fin dal suo insediamento, ma le opere della pittrice inglese classe 1970 saranno esposte fino a febbraio tra palazzo Vecchio, Opera del Duomo, Museo degli Innocenti e Casa Buonarroti a dialogo con le opere del Rinascimento. « L’idea di museo diffuso ci appartiene da tempo. Non solo in città, e cito la mostra di Ali Banisadr sdoppiata tra Palazzo Vecchio e museo Bardini e quella di Anj Smith che sarà divisa tra Bardini e, per la prima volta, museo Stibbert. Ma perfino fuori Firenze: l’anno scorso si è tenuta Vissi d’arte al museo della Città di Livorno con opere dalla collezione Della Ragione e Iannaccone. Perché non spostare parte delle nostre opere nei comuni delle città toscane, a fini propedeutici e didattici?».
Nella stessa settimana della mostra di Jenny Saville, il 3 ottobre, si terrà la seconda edizione del premio Rinascimento +, dedicato ai mecenati e collezionisti: si riuniranno a Firenze grandi protagonisti del mondo dell’arte come Heiner Friedrich, fondatore della Dia art foundation, la fiorentina Maria Manetti Shrem che finanzia e sponsorizza in Italia grandi fondazioni, la collezionista a presidente di Acacia Gemma Testa De Angelis, e Giuliano Gori, il creatore della leggendaria collezione della Fattoria di Celle. « L’obiettivo è rendere Firenze una delle capitali del contemporaneo, al punto da incentivare donazioni importanti da parte di privati. Come avvenne alla soglia degli anni Settanta quando Alberto della Ragione donò 240 opere della sua collezione alla città di Firenze».
Nel frattempo l’autunno del museo Novecento significherà riprendere attività avviate da tempo, come “Outdoor” che porta fisicamente le opere nelle scuole e nel carcere di Sollicciano a diretto contatto con gli studenti e i detenuti, e il ciclo di mostre sugli scultori italiani con la monografica su Leoncillo. Tra le mostre in arrivo quella a cura della storica dell’arte Chiara Gatti e dedicata alla vicenda del Monte Verità, «una comunità del Canton Ticino dove agli inizi del ‘ 900 si ritrovarono vegetariani, nudisti, teosofi e anarchici per dare vita ad una nuova filosofia di vita ecologista. Ambientalisti ante litteram che oggi tornano di attualità». Al Monte Verità risiedettero, tra gli altri, Hermann Hesse, Erich Maria Remarque, Kafka, Isadora Duncan, e la mostra dedicherà un focus all’architettura, alla moda e alla danza nati da quell’incontro di personalità, con video, disegni, e documenti.