Il governatore: inaccettabile che l’istituto sia inghiottito da Unicredit, subito confronto anche su Gkn
Giorgio Bernardini
«Esiste una questione toscana che vale un tavolo con il governo». Il caso Mps è l’onda che fa traboccare Eugenio Giani. La trattativa tra il ministero e Unicredit rischia di far sparire l’istituto senese e produrre 6 mila esuberi, il presidente della Regione va all’attacco del governo accusandolo di «scarsa attenzione» su più fronti, dal destino della banca alla vertenza Gkn, ai ritardi sulle infrastrutture e all’acciaio di Piombino. «È inaccettabile vedere il Monte inghiottito da Unicredit con una trattativa che salta il territorio. Si impone un tavolo di confronto che coinvolga, le forze sociali, i lavoratori, le istituzioni locali».
Sul caso Mps è tornato il segretario del Pd Enrico Letta, candidato a Siena per le suppletive della Camera: «Vado avanti fiducioso, voglio rappresentare questa terra». Nessun imbarazzo, fanno sapere dal Nazareno, e piena fiducia in Draghi: Letta ritiene che sia interesse di tutto il governo una soluzione «non punitiva verso il territorio, che salvaguardi l’occupazione e l’unità». E mentre i capigruppo Pd hanno chiesto ufficialmente, come il senatore Andrea Marcucci, un’audizione del ministro Franco, a Roma si muove il fronte dei parlamentari toscani, visto che in Parlamento ci sarà forse l’unica occasione per mettere qualche paletto nella trattativa con Unicredit. «Una deroga sui tempi dall’Europa è essenziale: la battaglia principale — spiega il deputato di FdI Giovani Donzelli — è non avere fretta. Il governo però sembra voler andare in un’altra direzione, quella dello spezzatino, in tutta fretta prima delle ferie. Se si vuole fare una battaglia toscana su questo noi ci siamo». «Siamo favorevoli alla razionalizzazione del sistema bancario — dice il deputato Pd Andrea Romano — ma non possiamo permettere che l’operazione lasci alla Toscana solo una sorta di bad company . Abbiamo chiesto al governo di passare dal Parlamento. Speriamo che la destra converga su questo punto». Riusciranno i partiti a mettere da parte decenni di polemiche sul Monte? Difficile, ma forse la questione lavoro può essere il terreno di convergenza. «Prima di tutto vengono i 6 mila esuberi e la dignità. Al netto di tutti gli scandali — dice Giorgio Silli di Coraggio Italia — credo che con questa maggioranza così estesa si possa trovare il giusto equilibrio per salvaguardare il territorio». Caustico con i colleghi ma pronto a intervenire, il senatore di Forza Italia Massimo Mallegni, impegnato a «confrontarsi con il professore (Renato Brunetta, ndr ) proprio su questo tema» quando lo raggiungiamo al telefono: «Io lo chiamo il sacco del Monte, sul piano economico. Quello — spiega riferendosi a Piercarlo Padoan — si candida a Siena poi si dimette per andare in Unicredit, infine senza gara si compra Mps chiedendo 5,4 miliardi di credito. Siamo al limite della legalità, ma dobbiamo salvare Siena e Mps: chi pensa di venire a far shopping qui ha sbagliato, in aula difenderemo questa posizione in maniera trasversale. Useremo ogni mezzo, anche i nostri buoni uffici con l’esecutivo, per bloccare questo scempio», spiega Mallegni. Per il senatore Psi Riccardo Nencini «la scomparsa della banca più antica del mondo con Unicredit che ne acquista solo la rete commerciale è peggio di una bestemmia». Ora serve «coinvolgimento del territorio e un progetto che tuteli aspetti occupazionali e ricaduta sul territorio». «Il fronte comune si può fare, ma è davvero l’ultima spiaggia» spiega disilluso Luca Migliorino, deputato senese M5S: «Col governo Conte si stava cercando una proroga dei tempi da parte dell’Europa, ma quel governo non c’è più. Forse si può pensare a un piano con scivoli verso la pensione e ammortizzatori sociali speciali, ma non vedo molte strade reali all’orizzonte».
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