“Un’icona di bellezza, di talento e di mistero”. Definisce così Alida Valli, una delle attrici più importanti del cinema e teatro nel Novecento della quale il prossimo anno si celebrerà il centenario della nascita, il regista Mimmo Verdesca. 40 anni, due nastri d’argento (“In Arte Lilia Silvi” e “Sciuscià 70”), Verdesca ha appena realizzato “Alida”, un documentario per raccontare la storia di un’attrice che ha lavorato con registi dal calibro di Luchino Visconti, Alfred Hitchcock, Orson Welles, Michelangelo Antonioni e Pierpaolo Pasolini. Le parole inedite dalle lettere e dai diari della Valli rivivono grazie alla voce di Giovanna Mezzogiorno, che si uniscono a tanto materiale d’archivio, pubblico e privato, assieme alle esclusive testimonianze di protagonisti del cinema e teatro italiano e internazionale, come Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Charlotte Rampling, Vanessa Redgrave, Marco Tullio Giordana, Dario Argento e Thierry Frémaux.
Selezionato ufficialmente in Cannes Classics 2020, la prestigiosa sezione del Festival dedicata ai racconti sul cinema, il documentario è stato presentato in anteprima mondiale alla 15° edizione della Festa del Cinema di Roma. Sarebbe dovuto arrivare nelle sale con una prima uscita-evento dal 16 al 18 novembre, ma bisognerà aspettare tempi migliori.
Verdesca, chi era per lei Alida Valli?
“L’attrice, che tutti abbiamo amato. Un vero e proprio simbolo nella storia italiana del Novecento, che ha attraversato intere generazioni. Come nei miei progetti precedenti, la mia curiosità verso l’aspetto ignoto di un personaggio così celebre a livello internazionale è stata la scintilla per la costruzione di un film a lei dedicato”.
E durante la realizzazione che idea si è fatto del personaggio?
“Il privilegio di avvicinarmi all’immenso archivio privato di famiglia è stato impagabile: gli scritti privati, i diari e le lettere ai compagni di vita, cui ha confessato i suoi pensieri più intimi, le gioie, i dolori, che hanno scandito ogni attimo della sua vita. Ciò è stato possibile grazie al nipote Pierpaolo De Mejo e a sua nuora Laura, dai quali ho avuto anche carta bianca sulla scelta di utilizzo di determinato materiale al fine della narrazione. E il risultato è stata una rivelazione su tanti aspetti, che potevo anche immaginare: la carenza di materiale pubblico su Alida, avendo lei per tutta la sua vita rilasciato poche interviste, faceva trasparire un carattere schivo e riservato. Oltre ad avere conferma di ciò, ne è emerso un carattere forte, combattivo, sicuramente volubile. Una donna moderna, che ha affrontato come tutti i propri dolori, ma sempre trovando la forza di rialzarsi e proiettarsi verso il futuro. Dal lavoro alla vita privata, crescendo i due figli cui teneva tantissimo”.
Atteggiamento tutt’altro che da diva?
“Mi ha colpito soprattutto la sua semplicità di donna comune che rifiutava l’etichetta di diva. Era un’attrice amata, popolare, grande interprete che ha varcato per prima i confini nazionali, andando ad Hollywood, dove ha interpretato capolavori come “Il Terzo Uomo” di Carol Reed con Orson Welles e “Il Caso Paradine” di Hitchcock con Gregory Peck”.
Qual è stata la sua sfida da narratore stavolta?
“Offrire un viaggio emozionante nell’anima di Alida, alla scoperta della vera essenza di questa donna. Un film divulgativo, che ho realizzato per un pubblico trasversale. Soprattutto per le nuove generazioni, che magari non conoscono la storia di questa immensa figura”.
Il DPCM ha ordinato la chiusura delle sale cinematografiche. Il suo film era previsto al cinema come evento speciale dal 16 al 18 novembre.
“Dobbiamo aspettare serenamente il corso degli eventi e rispettare le decisioni del governo, seppur discutibili verso certi aspetti. A conti fatti le sale cinematografiche o teatrali sono luoghi piuttosto sicuri, dove le regole vengono rispettate rigidamente. Gli esercenti hanno lavorato e speso soldi affinché ciò avvenisse. Nei prossimi giorni per “Alida” insieme alla distribuzione, Istituto Luce Cinecittà e alle produzioni Kublai Film, Venicefilm e Rai Cinema, decideremo le strategie migliori. L’avvento del centenario aiuterà tutto ciò e sicuramente avremo un passaggio in sala. Ma al di là del lavoro, speriamo che la situazione sanitaria migliori per il bene di tutti noi”.
Tra pandemia e piattaforme, dove sta andando la narrazione cinematografica?
“La sala cinematografica non morirà mai. La magia e la condivisione che essa regala è insostituibile. Parto dalla mia recente esperienza, la prima mondiale di Alida alla Festa del Cinema di Roma: con tutti i distanziamenti, la riduzione dei posti, la tensione drammatica e le emozioni, sia di gioia che di dolore, che si erano diffuse verso gli spettatori dalla visione del lavoro era tangibile.
Invece essendo le piattaforme un mezzo per arrivare a un pubblico più vasto, non sono contrario ad esse, ma bisogna valutare sempre la tipologia del prodotto. I canali sono importanti, ma la sala va sempre salvaguardata”.