I mille volti della diva intramontabile che strega anche i giovanissimi
Leonardo Martinelli
Sta succedendo qualcosa di speciale a Parigi. Alla Galerie Joseph sono esposte istantanee di Marilyn Monroe di quattro fotografi diversi, che sono stati suoi amici e ne hanno conquistato la fiducia. «Negli Stati Uniti i loro eredi non accettano di esporre queste immagini insieme, ma solo separatamente – spiega Ghislaine Rayer, uno dei curatori della mostra “Divine Marilyn”, aperta fino al 22 settembre -. Qui in Francia hanno fatto un’eccezione».
Ghislaine, che nel passato è stata assicuratrice nel mondo dello showbiz francese, e Patrice Gaulupeau, suo compare nell’impresa, già cameraman di Johnny Hallyday, da una decina d’anni organizzano mostre su star di tutto il mondo. Per la Monroe, l’improbabile duo di appassionati ha viaggiato a più riprese negli Usa. «Ogni fotografo – continua Ghislaine – ha conosciuto Marilyn in determinati periodi della sua vita. Ma ognuno di questi non può riassumere il personaggio. Noi volevamo raccontare tutta la Monroe».
Il loro bottino? Duecento splendide foto. Alla galleria fanno il pienone ogni giorno, perché il mito immortale di questa Venere del ventesimo secolo non si placa. E contamina anche giovani e giovanissimi. Ragazzi parigini e stranieri riempiono infatti le sale della mostra allestita alle Galerie Joseph, dove sono esposte le foto dei quattro fotografi.
L’aspirante modella
André de Dienes (1913-1985) la conobbe nel 1945, quando era solo un’aspirante modella e si chiamava ancora Norma Jeane. Partirono per un viaggio di cinque settimane sulle strade della California, del Nevada e del Nuovo Messico. De Dienes, fotografo sensibile, andò al di là dell’immagine scontata della pin-up. Ritrasse la Monroe sulle spiagge o in mezzo alla natura, sguardo ingenuo e fresco, capelli al vento. «Un po’ come fecero con Brigitte Bardot qualche anno dopo in Francia – sottolinea la Rayer -. Marilyn diventò una bellezza selvaggia».
Spontanea e naturale
Fotografo molto presente sui set cinematografici, Sam Shaw (1912-1999) conobbe Marilyn nel 1951, quando Elia Kazan (che allora aveva una storia con lei), chiese all’attrice di accompagnare ogni giorno in auto il fotografo, che non aveva la patente, sul set del suo film «Viva Zapata!». Fotograferà Marilyn fino al 1962, anche nei momenti sereni della sua vita (come il primo anno di matrimonio con Arthur Miller). Sam le chiedeva di essere spontanea, di non prendere pose da vamp, di truccarsi il meno possibile. «La ritraeva molto in movimento – sottolinea la Rayer – e alcune foto sono chiaramente mosse».
Shaw si trovava per le strade di New York la sera del 15 settembre 1954, quando Billy Wilder girò alcune scene di «Quando la moglie è in vacanza», dinanzi a una folla di curiosi in delirio. Un soffio d’aria, proveniente dalla grata della metropolitana, sollevò la gonna della star. E Sam scattò.
La duttilità dell’icona
Milton H. Greene (1922- 1985) la conobbe realizzando un reportage per Look nel 1953. Sbocciò un’amicizia, che fu pure qualcosa di più. Marilyn frequentava casa Greene e faceva la babysitter per Joshua, figlio di Milton e della moglie Amy. Nel 1954 Greene aiutò la Monroe a rompere con la Century. L’anno dopo i due crearono una casa di produzione indipendente. La loro collaborazione durò appena due anni. Fecero due film insieme e soprattutto lui scattò oltre 5 mila foto di lei, come le famose serie Ballerina Sitting e Black Sitting: da studio, impeccabili, eleganti, anche se Milton era spesso impaziente e non voleva aspettare per sviluppare i negativi. Lo faceva a casa, nella vasca da bagno: ne sono venute fuori sorprendenti immagini sovraesposte. Mostrava la duttilità di Marilyn, perché potesse interpretare anche ruoli diversi dai consueti. Ci sono strane foto, dove lei è vestita da prostituta. Ispireranno Madonna per il look del video di Like a virgin.
Il canto del cigno
Nel giugno 1962 Bert Stern (1929-2013) aveva 32 anni ed era un fotografo in ascesa. E lei, 36, una star in declino. Stern stava rientrando in aereo da Roma (a Cinecittà aveva immortalato Liz Taylor) e in aereo ebbe quell’idea pazza: fotografare Marilyn. Lo propose a Vogue e lei, inaspettatamente, accettò. Seguirono a Los Angeles due giorni e una notte di scatti (2571 per la precisione). «La Monroe era dimagrita, aveva rughe, quasi struccata: si mostrò così – osserva la Rayer -. Venne fuori la sua fragilità». Spesso era nuda. Fra Bert e Marilyn s’instaurò, attraverso l’obiettivo, quasi un rapporto amoroso. In seguito, lei boccerà alcuni negativi, tracciandovi sopra una croce rossa. Morirà 5 settimane dopo per overdose di barbiturici. Una morte piena di misteri.