Low cost «Piloti giovani e stipendi più bassi» I tagli alle spese delle compagnie che gestiscono il 25% dei viaggiatori.

Un pilota, che preferisce restare anonimo, riassume la faccenda così: «Guardi in faccia i comandanti delle compagnie di linea e quelli delle low cost. Nel primo caso hanno dai 40 anni in su, nel secondo le può capitare di vedere al comando sbarbatelli di appena 30 anni». Che sia o meno così, l’incidente di Germanwings ha di colpo ispessito la grande cappa di dubbi, domande, perplessità sulla sicurezza dei voli a buon mercato che dagli anni Novanta hanno reso accessibili i cieli europei a tutte le tasche.
Da Milano a Londra, da Roma a Parigi, da Dublino a Madrid, i low cost, da Ryanair a Easyjet, sono stati i voli della generazione Erasmus, quelli con pochi euro in tasca ma necessità di spostarsi da un Paese all’altro per tornare a casa. Ma anche i voli delle famiglie che per la prima volta hanno raggiunto le grandi capitali d’Europa senza spendere un patrimonio. Tante le aziende che negli ultimi tempi, in era di spending review, utilizzano ormai con frequenza i voli a basso costo per i viaggi d’affari tanto che le compagnie si sono ormai attrezzate offrendo pacchetti ad hoc.
Il fenomeno
Era il 1987 quando un signore irlandese fu mandato da Tony Ryan a studiare il modello di business della Southwest Airlines, un vettore che da Dallas era riuscito a infrangere il dominio delle grandi compagnie di linea sul mercato statunitense. Quel signore, Michael O’Leary, è da più di vent’anni al comando di Ryanair, la low cost per eccellenza, arrivata a collegare 189 destinazioni in 30 Paesi e a trasportare ormai 82 milioni di passeggeri. Una low cost che in poco più di vent’anni ha contribuito a stravolgere tutto il business dei voli, ha lanciato tratte a zero sterline usando aeroporti secondari e usufruendo spesso anche di incentivi pubblici finiti più volte sotto inchiesta.
È così che la piccola irlandese «no frills» (senza fronzoli), approfittando anche della deregolamentazione degli anni Novanta, è riuscita con il tempo a mettere in difficoltà i grandi vettori, quelli che si facevano disegnare dagli stilisti le divise del personale di bordo ma che continuavano a non ad adattarsi ai cambiamenti dei passeggeri. Che richiedevano soprattutto una cosa: biglietti meno cari.
In questo modo le low cost sono arrivate a rappresentare ormai il 25% del mercato dell’aviazione commerciale civile e non è un caso che una compagnia forte come Lufthansa, quotata alla Borsa di Francoforte e con una capitalizzazione di mercato di 6,2 miliardi di euro, abbia deciso nel 2008 di comprare Germanwings decidendo poi, nel dicembre 2012, di affidarle gradualmente tutte le operazioni di volo a corto e medio raggio dalle basi tedesche (a eccezione delle basi di Monaco e Francoforte). Basta simulare una prenotazione sul sito Internet di Lufthansa per notare subito che la compagnia aerea assegna in automatico anche tratte operate da Germanwings.
La basso costo sui generis
Al low cost la compagnia tedesca ci crede così tanto che a fine 2014 il consiglio di amministrazione ha approvato il progetto «Wings» che prepara a offrire voli transatlantici a prezzi bassi. Cambiamenti e riorganizzazioni mal digeriti dai 5.400 piloti di Lufthansa, che da mesi continuano a scioperare contro la riorganizzazione e i trasferimenti di personale al ramo basso costo, con possibili riduzioni di stipendi del 20%. Eppure, dagli addetti ai lavori, Germanwings è considerata una low cost sui generis: «Fa parte del gruppo tedesco — conferma la nostra fonte — e il processo di selezione dei piloti è identico a quello dei piloti Lufthansa. Che è duro, complesso anche più degli altri perché prevede un esame, il Dlr, che è uno scoglio davvero difficile da superare. Entrare nelle scuole di volo Lufthansa è una missione difficile».
La sicurezza
Ma l’incidente aereo sulle Alpi ripropone ora con urgenza un tema, quello della sicurezza. Come fanno le compagnie low cost a garantire tariffe così basse? Ryanair è stata più volte, in passato, accusata di risparmiare sul carburante e sul personale. Accuse da cui il vettore irlandese si è sempre difeso con tutti i mezzi. Secondo un’inchiesta pubblicata nel 2013 dal settimanale The Economist i risparmi operativi delle low cost derivano in realtà da voci di bilancio diverse: riduzione delle poltrone vuote, taglio dei servizi a bordo e pagamento di tutti i servizi extra. Nessuna menzione alla sicurezza, questione che più preoccupa in questo momento i passeggeri low cost. In realtà le operazioni di manutenzione e delle operazioni di volo sono uguali in tutta Europa, scolpite da una serie di regolamenti europei che valgono per tutte le compagnie, che siano o meno a basso costo.
«Quello che cambia tra le compagnie di linea e le low cost sono i contratti di lavoro — spiega ancora il pilota — noi prendiamo in media fra i 5 mila e 9 mila euro al mese ma so di comandanti low cost che vengono retribuiti anche 120 euro per ogni ora di volo. I costi di gestione dei voli sono alti, un’ora di volo può costare dai 7 mila ai 10 mila euro tra carburante, tasse di atterraggio, sorvolo, gestione del landing. Non so come facciano a coprire le spese».
Quel che è certo è che dei 20 peggiori disastri aerei avvenuti nei cieli statunitensi, solo due hanno visto coinvolti voli a basso costo. In Europa, prima del disastro della Germanwings, c’erano stati lo schianto di un volo charter della compagnia cipriota privata Helios Airways in Grecia, sulle montagne a nord di Maratona e Varnavas, il 14 agosto 2005 (121 morti) e quello di un velivolo MD-82 della Spanair subito dopo il decollo dallo scalo Barajas di Madrid, il 20 agosto 2008 (154 morti).
Gli effetti della nuova sciagura europea, nell’era del low cost, potrebbero essere pesanti.
Corinna De Cesare