di massimo recalcati
L’ottusa negazione della pandemia da parte di Donald Trump non è dal punto di vista psicologico diversa dalla negazione dei risultati elettorali che sanciscono la vittoria del suo rivale. Quello che accomuna queste due negazioni è la difficoltà dell’ormai ex presidente di tenere conto di fatti spigolosi che non si piegano all’immagine ideale di se stesso che egli rincorre affannosamente nello specchio del suo narcisismo. Egli è costretto a negare, contro ogni prova di realtà, tutto ciò che non coincide con l’affermazione incontrastata del proprio ego.
Anche all’indomani dei risultati elettorali la scena è ancora quella di una difesa all’ultimo sangue della propria immagine violata da una frode spregevole. Egli si rifiuta di prendere atto della sua sconfitta elettorale e del suo prossimo e inevitabile trasloco. Questa strenua resistenza è sintomatica di un atteggiamento di fondo dell’uomo del suo modo di interpretare la propria azione politica. La postura fondamentale di ogni leadership democratica si struttura sulla differenza irriducibile tra proprietà e responsabilità: la massima responsabilità – quale, per esempio, quella implicata dall’essere il presidente degli Stati Uniti d’America – non coincide affatto con il diritto di proprietà. Anzi, esattamente il contrario: nelle istituzioni democratiche proprio perché si è massimamente responsabili non si è proprietari di ciò che si governa. Diversamente, la confusione tra responsabilità e proprietà definisce il degrado in cui scade ogni leadership autoritaria.
Donald Trump ne è un esempio eloquente; egli ha confuso sistematicamente e totalmente questi due registri. Il suo insediamento alla Casa Bianca non è stato mai vissuto nel segno di una assunzione di responsabilità di fronte al proprio Paese, ma in quello di una appropriazione delle leve del suo comando. E’ la caratteristica di ogni versione autoritaria e antidemocratica del potere. Con la conseguente denigrazione delle istituzioni e dei loro dispositivi vissuti solamente come ostacoli all’esercizio del suo diritto esclusivo di proprietà. Confondere la responsabilità con la proprietà comporta il rigetto dell’alternanza e della possibilità stessa della sconfitta. Per questa ragione egli si rifugia ora nella Casa Bianca rifiutandosi di riconoscere non tanto le ragioni del suo avversario politico, ma della stessa democrazia. Il suo modo di esercitare il potere si è nutrito dei suoi fantasmi più privati: patriottismo, nazionalismo, razzismo, sessismo, fallicismo, arroganza, vendicatività. Il suo appello al popolo, motivo decisivo di tutta la sua propaganda politica, è, in realtà solo un appello a se stesso come suo unico possibile rappresentante in quanto estraneo al mondo corrotto della politica. E’ l’essenza dell’antipolitica che nutre ogni populismo: il popolo tradito dalla politica deve ricuperare il proprio potere contro la politica. Basterebbe rileggersi il suo discorso di insediamento. Ma ora che la politica chiede il conto a una gestione scriteriata delle relazioni internazionali, della violenza e del razzismo interni al suo Paese, della sanità e dei diritti civili, e, per ultima, della pandemia, egli non può che rifiutarsi di prendere atto dei suoi errori.
Per riconoscere la sconfitta è, infatti, necessario avere un contatto etico con i propri limiti. Ma la posizione di Trump, accecata da un fantasma di onnipotenza, esclude a priori questa possibilità. Per questo egli anziché riconoscere la sconfitta sceglie la posizione della vittima innocente perseguitata dai poteri forti. Il suo narcisismo non ha solo alterato il rapporto tra la verità e la menzogna, ma gli impedisce di riconoscere che la maggioranza degli elettori americani ha deciso per il suo avvicendamento in totale libertà. Si tratta di una ferita narcisistica che non può tollerare poiché contrasta con quell’immagine monumentale di se stesso dalla quale la sua stessa vita dipende. Dopo aver governato nel nome della paura e della vendetta, dell’odio e del populismo più aggressivo, Donald Trump si avvia probabilmente verso un declino inesorabile, non solo politico, dove la Legge non gli farà più sconti. L’assenza di un autentico slancio ideale verso la passione della politica lo lascerà probabilmente solo di fronte allo specchio infranto del suo narcisismo.